A Bose i monaci sono minacciati di sanzioni e il clima è teso. Ma il problema è all’interno del monastero o nell’eremo?

“L’architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole.”

Scriveva Papa Francesco nel 2015 nella Bolla Misericordiae Vultus, la quale indiceva l’anno giubilare della Misericordia.

Tale compassione e amore non sembrano però guidare le decisioni che riguardano la comunità di Bose. Ho già parlato di quanto sta avvenendo nel Biellese e ho tratteggiato anche gli eventi storici. Vi è però una novità, la quale sinceramente non mi stupisce, che riguarda il priore Manicardi. Lo stesso infatti sembra aver appeso un cartello all’interno del monastero che stabilisce rigide regole, le quali sono palesemente volte a colpire chi parla.

Bose: guai a chi parla | Silere Non Possum - silerenonpossum.it

Caserma o monastero?

Sembra un avviso da caserma, una sorta di “chi parla muore” messo lì come spauracchio. Ma questo è il clima che è all’interno della comunità? Perchè allora il problema non penso proprio sia un “vecchio monaco” in un eremo poco più in là. Probabilmente anche dentro il monastero ci sono alcuni monaci che vedono tale modus agendi come una ingiustizia.

Allora il mio monito è: “Chi vuole parlare, parli!”. Solo in questo modo la Chiesa potrà crescere e adempiere al comando di Cristo. Solo nella verità ci può essere la carità, la menzogna non è affar del cielo.

Ciò che desta stupore è ancora una volta come non si voglia permettere a queste persone di dire la loro, di aprire un procedimento e di disquisire delle problematiche dinnanzi ad un giudice terzo che sapientemente possa decidere. Perché? Cosa c’è da nascondere? Manicardi e Cencini hanno forse paura che venga alla luce qualcosa che li smentisce?
Bianchi, dal canto suo, ha detto che è disposto a dimostrare ciò che ha detto, è forse per questo che ora da Bose non emettono più comunicati? Il delegato è consapevole di queste imposizioni che sono date ai monaci?

Mi domando se Padre Amedeo Cencini sia al corrente di tutto questo. Perché non basta aver studiato psicologia (chissà su quali testi poi) per potersi dire capace di “aiutare gli altri” attraverso questa scienza. La psicologia è una cosa seria e, a parer mio, nella Chiesa, da qualche anno a questa parte, viene usata solo per individuare “problemi” e giudicare, non per aiutare. Sinceramente mi preoccupa anche che Cencini sia il responsabile della formazione dei novizi canossiani (non che le vocazioni in questo istituto siano molte). Ma se il metodo utilizzato qui è quello che usa nei seminari e nelle case di formazione, come tratta i giovani?

A Roma sembra che vi sia un chiaro intento di usare la psicologia come “scudo”. Il metodo è “mando uno che ha studiato psicologia, così poi mi posso tutelare dicendo: chi meglio di lui?”. Lo si vede anche nei seminari, non solo nel commissariare delle comunità. Questo è stato fatto ad Albenga per estirpare tutti i “membri corrotti” (Iddio ci liberi) e in molte altre diocesi ove si mandano questi preti con qualche nozione psicologica, a estirpare tutto ciò che trovano di fronte a loro. Non sono mandati a curare, lenire, ascoltare ma ad estirpare. Penso proprio all’immagine del seminatore che si prende cura del suo campo e del ladro che invece arriva di notte e distrugge quanto seminato.

Nessuno dubita che a Bose vi fosse una coltivazione da risistemare, da concimare ma questo non lo si può fare con la facile presa di sbattere fuori le persone. Non lo si può fare con quei colloqui (probabilmente di quelli parlano i comunicati che riguardano i monaci) in cui la persona parla e il prete improvvisato psicologo guarda se sbatti le ciglia o se muovi i piedi e poi ti dice che “Sì, il problema sei tu. Ciao”. Ma questo non significa essere o fare gli psicologi, questo significa giudicare, condannare e non capire, curare, aiutare.

Un monito da San Benedetto, padre del monachesimo

Benedetto, nella Sua regola, scrive: “Quotiens aliqua praecipua agenda sunt in monasterio, convocet abbas omnem congregationem et dicat ipse unde agitur.” Parlare, confrontarsi liberamente, senza paura, perchè lo Spirito possa parlare e la Verità possa emergere.

“Sed sicut discipulos convenit oboedire magistro, ita et ipsum provide et iuste condecet cuncta disponere.” Il superiore predisponga tutto con prudenza ed equità, proprio perchè ai discepoli è chiesto di obbedire. Questa è la Chiesa, l’obbedienza certo ma secondo verità ed equità. Non si parla di obbedienza cieca e dittatoriale come qualcuno la vuole propinare. Sopratutto se quelle persone che ora gridano all’obbedienza sono le medesime che hanno sempre voluto una chiesa più “democratica”, più “colleggiale”, più sinodale.

Ciò che manca oggi all’interno della Chiesa è la volontà di confrontarsi seriamente e di ascoltare e questo manca perchè qualcuno sa di poter sempre dire: “Eh ma io sono sopra di te, quindi comando io”. Questo quando tutto va bene. Quando invece questi mezzi neppure vi sono, allora si ricorre al pettegolezzo, al chiacchiericcio, alla calunnia.

A tal proposito sarebbe bene che molti, anche a Santa Marta, ascoltassero quanto diceva il Rossini nella sua magnifica opera “Il barbiere di Siviglia”.

“Piano, piano, terra terra Sottovoce, sibilando Va scorrendo, va ronzando nelle orecchie della gente S’introduce destramente”.
Questo è ciò che spesso avviene all’interno degli ambienti ecclesiastici e portano poi a far emettere sentenze sommarie senza alcun processo. Quel “sentito dire” che, per fortuna, nel processo penale è assolutamente estromesso.

Un chiarimento in conclusione

La Repubblica ha titolato in queste ore dicendo che vi sono soggetti che prendono le parti di Bianchi e lo difendono a spada tratta. Sia chiaro, se questi riferimenti fossero qui riportati, si sbagliano di grosso. Non ho mai conosciuto Fratel Enzo Bianchi e non ho mai visitato Bose. Nella mia breve vita ho visitato molti monasteri e li ho sempre usati come luogo di riposo per il corpo e per lo spirito, ma ho sempre fatto capo ad altre realtà e spesso con visioni ecclesiali molto differenti da quelle di Bose (non che a me poi importasse molto). Le mie considerazioni sono semplici valutazioni di una questione che appare, agli occhi di tutti, contorta e mancante di trasparenza e sopratutto critiche al metodo che non tiene conto del diritto, del resto di questo mi occupo io. I latini dicevano: Dura lex sed lex ed io ho sempre ritenuto che la legge si debba applicare e stop. Molti credenti mi diranno che bisogna guardare all’aspetto umano ecc.. non è ciò che mi compete (o almeno in generale). Ma ciò che io e molti canonisti affermiamo è che in questa vicenda (come anche nella vicenda del Card. Becciu e altri) non si utilizza il diritto e non si garantiscono i diritti fondamentali di difesa a queste persone.

Tengo anche a sottolineare che, a differenza di alcuni ecclesiastici, Bianchi viene allontanato con tale veemenza e con tale “facilità” proprio approfittando del suo status che ha sempre voluto riservare. Vi assicuro che se fosse legato a Santa Romana Chiesa da un sacramento come quello dell’ordine, le difficoltà nell’allontanarlo sarebbero state ben maggiori.

M.P.
Silere non possum