The State of Vatican City is holding the Sloane Avenue trial. Francesca Immacolata Chaouqui was one of the witnesses. Here is what the woman who was convicted in the Vatileaks 2 trial had to say.
La quarantatreesima udienza del processo Sloane Avenue si è svolta il 13 gennaio 2023 in un clima del tutto surreale. All’interno dello Stato sono giunte due donne: Genoveffa Ciferri e Francesca Immacolata Chaouqui.
L’udienza si è aperta alle ore 9.40 con l’interrogatorio di Ciferri, la quale è molto vicina al super testimone Alberto Perlasca e si è vista recapitare una valanga di messaggi, spesso in tono minaccioso, da Chaouqui.
Ciferri ha riferito in aula di non aver mai detto a Mons. Perlasca che lei era in contatto con Francesca Chaouqui. La donna ha riferito: “La Chaouqui è come il carbone, chiunque la tocca si sporca”. Per questo motivo decise di dire che era in contatto con un magistrato anziano.
Vogliamo qui soffermarci su colei che ha trasformato l’aula “nello show della Chaoqui”, come ha detto l’avvocato Giandomenico Caizza.
La signora, infatti, ha convocato addirittura una sorta di conferenza stampa prima di entrare in aula.
Francesca Immacolata Chaouqui è stata chiamata a testimoniare in merito al processo Sloane Avenue e, come tutti i testimoni, ha giurato sul Vangelo prima di iniziare a parlare.
Per fare comprendere lo spirito con cui la donna è entrata in aula, dobbiamo mostrarvi alcuni tweet pubblicati sul suo account.
Tono aggressivo, scostante e atteggiamento di sfida. In questo modo,
la donna che è stata condannata nel processo Vatileaks 2, ha affrontato
le domande del Promotore di Giustizia e degli avvocati. Dalla sua dichiarazione emerge che chiese ad alcuni medici ed infermieri del FAS come stesse Mons. Alberto Perlasca.
Notoriamente questo fatto è un reato, viene violata la privacy di un
prelato fornendo informazioni di tipo sanitario. Alessandro Diddì,
Promotore di Giustizia che ha un po’ di difficolta con il diritto
vaticano, sicuramente avrà aperto un fascicolo nel quale cercherà di
capire chi sono questi soggetti? È fondamentale, infatti,
ricordare che il testimone, a differenza dell’imputato, nel procedimento
penale ha l’obbligo di dire la Verità.
Chaouqui
riferisce di essere stata introdotta nello Stato della Città del
Vaticano da S.E.R. il Sig. Cardinale Jean-Louis Pierre Tauran. Allo
stesso tempo, continua la sua testimonianza, il porporato le fece fare
degli studi per farle conoscere “la diplomazia pontificia”. Alla luce di
quanto ha affermato anche in seguito, risulta risibile che questa donna
sia stata a contatto con la diplomazia pontificia. Abbiamo una
Accademia Ecclesiastica e lì studiano i presbiteri, quali altre attività
Touran le avrebbe fatto fare?
Perchè Chaouqui, in una lotta
veramente ridicola fra donne, si spende ad insultare Cecilia Marogna
dicendo che era stata “assoldata” dal Cardinale Giovanni Angelo Becciu
per creare una diplomazia parallela. Dovremmo forse pensare che Chaouqui parla perchè faceva la medesima cosa con Taouran? Le
affermazioni della signora, però, non possono essere prese sul serio,
sopratutto quando riferisce di aver servito il Santo Padre Benedetto
XVI. Circostanza falsa, che smentiamo categoricamente. Benedetto XVI non
ha mai saputo chi fosse la Chaouqui se non quando questa è uscita sui
giornali ed è stata condannata nel processo Vatileaks 2.
Condannata, non assolta
Anche su questa circostanza dobbiamo essere molto chiari. La donna, anche su twitter, continua a dire di essere stata assolta. La sentenza, che abbiamo già pubblicato qui, riferisce il contrario. La donna è stata condannata. Anche durante l'udienza del 13 gennaio c'è stata una discussione fra lei ed un avvocato.
Un avvocato ha chiesto a Chaouqui: “Lei è stata condannata in questo Stato o assolta?”. La testimone risponde: “è completamente irrilevante”.
Ora, non sapevamo che i testimoni potessero scegliere quali sono i temi rilevanti o irrilevanti nei processi. Qui in Vaticano, però, non funziona così. Peraltro, perchè sia chiaro, si tratta di una donna che non ha idea di cosa sia neppure l’impianto normativo di questo Stato. E poi precisa, rivolgendosi al legale: “Ricordo che è stata presentata una richiesta di revisione”. Richiesta della quale, sinceramente, non ce ne può fregar di meno. La sentenza è passata in giudicato e, rebus sic stantibus, Francesca Immacolata Chaoqui è stata condannata.
L'ingresso nell'affare di Londra
Molti si sono chiesti: "Ma che c'entra questa con sto processo?" Bene, se lo sono chiesti un po' tutti ma quando la voglia di apparire logora, tutto è spiegabile. Chaouqui riferisce di aver più volte contattato Becciu e di non aver ricevuto risposta. Dopo la condanna, infatti, la signora si è convinta che il Sostituto avesse ordinato il suo arresto.
La sua testimonianza, infatti, si concentra inizialmente su una tematica che abbiamo già chiarito: la donna ha chiesto la Grazia al Papa. Lei si è spesa, sia in televisione sia in aula, nel dire che non è vero, eppure i documenti parlano chiaro. Seppur non citi mai la parola "grazia" nella richiesta ufficiale, questo emerge da alcuni messaggi personali inviati al porporato.
La donna, quindi, chiede al Papa la Grazia. Il codice di procedura penale dello Stato della Città del Vaticano, prevede questa possibilità all'articolo 592. Il Pontefice, con lettera del 16 aprile 2018 ha negato questa richiesta perchè "non intende contraddire l'equa e clemente sentenza". Chiaro? Equa e clemente. Difatti, a capo del Tribunale Vaticano c'era Giuseppe Dalla Torre, illustre giurista e servitore di questo Stato. Non certo gente che si improvvisa magistrato vaticano. Inoltre, la donna non fece alcun appello. Come mai? Evidentemente condivideva la sentenza, no?
Sloane Avenue: il Papa rifiutò la richiesta di Grazia avanzata da Francesca Chaouqui
I contatti con Ciferri
Pur di riuscire ad arrivare ad Alberto Perlasca, Chaouqui riferisce di aver approfittato di un contatto che Genoveffa Ciferri ebbe con la giornalista Giovanna Maglie, per poter entrare in contatto con questa amica di famiglia del sacerdote.
Al tribunale, Francesca Chaouqui riferisce di aver voluto parlare con Ciferri solo per tranquillizzarla. Peccato, però, che tutto il periodo precedente lo aveva passato a cercare informazioni su Perlasca. Risulta un pochino strana questa sua preoccupazione di "non generare stress al Papa". In sostanza Chaouqui, quando non è su twitter a sparare insulti verso il mondo intero, si dedica a non far stressare Bergoglio.
Mentre accusa il Cardinale Becciu di essere un grande maestro d'orchestra della stampa, lei riferisce di aver tranquillizzato Ciferri perché: “Avevo l’opportunità di spiegare alla stampa cosa era vero e cosa non era vero”. Facendo anche la distinzione: se ci fossero stati documenti, non avrebbe potuto far nulla ma, altrimenti, avrebbe portato avanti le sue "buone relazioni" con i giornalisti per convincerli a tacere. Il bue che da del cornuto all'asino, in sostanza.
I rapporti con i gendarmi
In tutta la testimonianza la donna, interrogata da Diddì dice: "non conosco i gendarmi". Lo potrete leggere voi stessi a pagina 275 delle trascrizioni. Quando però, cambia "l'intervistatore", cambia anche la risposta. Difatti, dagli atti emerge che Chaouqui ha paventato un rapporto con il Comandate Stefano De Santis.
Parliamo di intervistatore
perchè la situazione è surreale e le persone presenti sembravano
trattate come attori di una fiction. Come correttamente ha sottolineato
l’avvocato Giandomenico Caiazza, la donna ha convocato prima una
conferenza stampa e poi “ha fatto il suo show”.
Quando la palla è
passata in mano alla difesa del Cardinale Becciu, quindi, i toni
cambiano. La donna diventa iraconda. Il 07 febbraio 2018 la Chaouqui
scrisse a Becciu di avere un rapporto con il Comandante Stefano De
Santis, uomo che ha guidato, insieme a Diddì, questo procedimento. De Santis si è sempre rivolto con toni da “professorino” nei confronti dei cardinali e dei presbiteri. Questo è il risultato del laicato intraprendente all’interno di questo Stato.
De
Santis, grande servitore di Domenico Giani, come appunto sottolinea la
Chaouqui in quel messaggio, però, ha colto l’occasione del siluramento
dell’ex finanziere per fare carriera. La donna, quindi, ammette di avere
contatti con quest’uomo e si contraddice rispetto all’affermazione data
in precedenza. Ovviamente Alessandro Diddì è intervenuto contestando la
domanda, perchè l’avvocato romano non ha ancora capito che in questo Stato il fine ultimo è la ricerca della Verità. Non siamo al palazzaccio, dove si fa teatro.
La donna poi si lamenta: “Lo conosco perchè quando sono stata arrestata sono andata al pronto soccorso scortata da De Sanctis”. Ma dai? Che esperienza strana. Una persona detenuta, in ospedale ci va con la polizia.
Funziona così nel mondo dei grandi. Non è certo twitter dove si
lanciano invettive urbi et orbi. Non è Gmail dove si inviano messaggi
minatori ai monsignori. Nel mondo reale ci si prende la responsabilità di ciò che si dice.
Perchè
è chiaro in tutto l’esame della testimone, se c’è una cosa che la donna
calabrese non ammette, è quello di essere trattata come tutti gli
altri. Fare la fila per accedere alla Basilica di San Pietro? “Per me era una umiliazione”, ha detto. Ma come, tutti quei pellegrini che, con fede e devozione, si recano sulla tomba di Pietro? Sono degli idioti?
Poi continua: “De Santis non mi trattava come una arrestata. Ha avuto un occhio di riguardo perchè era padre”. Ah beh!! Nei confronti di Francesca Immacolata Chaouqui De Santis ha avuto “un occhio di riguardo”.
Nei confronti di cardinali e vescovi, invece, viene a sparare veleno in
aula. No, ma continuiamo a pagare lo stipendio a questi illustri
servitori dello Stato.
Interessante, poi, sapere che Chaouqui veniva convocata dal Comandante Giani all’interno di questo Stato. Mentre
il Papa riferiva di non volerla più vedere, il Capo del Corpo della
Gendarmeria si serviva delle “chiacchiere” di questa donna.
Nessuna regola, neppure il buon senso
Dall'interrogatorio di questa donna, ci sono sorti alcuni dubbi. Proviamo a fare chiarezza. Non si tratta del processo Vatileaks 2 dove la donna era imputata e poteva avvalersi della facoltà di non rispondere. In questo processo, forse la Chaouqui non lo sa, lei arriva come testimone. Come tale, non può scegliere di tacere e aggirare le domande.
L'esame è stato tutto condito da affermazioni come: "Questa è una cosa che non le riguarda", "questo non le interessa" e anche "vaffanculo". La donna ad un certo momento si è rivolta verso un avvocato e ha detto VAFFANCULO. Chiaro? Il presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone non si è degnato di dire una parola.
Ora, è chiaro che l'onore e il decoro degli avvocati non può essere leso in questo modo. Una testimone che dice vaffanculo ad un avvocato deve essere immediatamente accompagnata fuori dall'aula. Con Giuseppe Dalla Torre, funzionava così. Non abbiamo idea di dove siano cresciuti questi sapienti magistrati italiani.
Francesca Chaouqui, quindi, non ricopre alcun ruolo in questo Stato. Non è commissaria di nulla e non ha alcun segreto a cui attenersi. Il segreto pontificio in merito a COSEA è stato sollevato dal Pontefice già da tempo. Per questo motivo, la signora ha l'obbligo di dire la Verità e riferire, con minuziosità, tutti i nomi e cognomi di chi le ha detto cosa, quando e dove.
Le regole sono quelle dettate dal codice, non sono decise sul momento dal magistrato di turno. Forse sarebbe il caso di studiare un po' di diritto vaticano.
Quando il presidente del Tribunale non ammette una domanda, il testimone deve tacere. La donna, invece, continuava a seguire il proprio schema. Del resto, lo aveva anticipato alla stampa e aveva "necessità di parlare". Giustamente gli avvocati hanno fatto presente che in aula non si va per rispondere "alle necessità della Chaouqui" ma ad interessi dello Stato. Quando le domande non piacevano, però, c'erano molti: "Non capisco, non sento". L'avvocato Caiazza, per fortuna, le ha detto: "Penso di parlare un italiano molto più corretto del suo".
Chaouqui, in merito alla realtà sarda, dice: “la birra veniva prodotta in una società esterna dove erano persone che io conoscevo”, “sono andata io ad Ozieri”. Tutte queste attività Giuseppe Pignatone le definisce “fonti confidenziali proprie”. Ora, non abbiamo ben chiaro dove abbia studiato il magistrato siculo, ma anche nella Repubblica Italiana il teste ha l’obbligo di dire la Verità. Quando il teste afferma una cosa la deve circostanziare e riferire. Inoltre, perchè Chaouqui spende energie e soldi nell'indagare, andare, verificare? Facciamoci due domande e diamoci due risposte.
Forse qui è il caso di istituire una scuola di diritto qui dentro le mura, altro che scuole di arti e mestieri di Mauro Gambetti.
Perlasca "il volpetto"
Francesca Chaouqui riferisce che la Ciferri disse a Mons. Perlasca: “siediti qua che ti spiego”. Il Monsignore comasco è trattato come un minus habens, incapace di intendere e di volere. Gli vengono fatti registrare dei podcast che la Chaouqui riferisce di aver consegnato al Papa. Ora, possibile che un giurista come Perlasca, il quale vive a Santa Marta, non ha modo di accedere al Papa per mezzi "ecclesiastici"?
Emerge qui l'atteggiamento di quelle persone, molte attorno a questo Stato, che circuiscono ecclesiastici e li conducono verso loro interessi. Non hanno interessi per la Chiesa o per il Papa, sia chiaro, ma fanno solo i loro interessi.
Qui il problema è ben più grosso di ciò che si possa pensare. Qui non parliamo di innocenza degli imputati, di colpevolezza o cos’altro. Qui bisogna evidenziare come ci sia, attorno al Papa stesso, un gironzolare di persone che millantano credito in questo Stato e si improvvisano super woman per poter ottenere dieci minuti di visibilità.
Francesca Chaouqui: la donna pregiudicata che continua ad usare il Papa
Il grande errore della Chiesa
Non è la prima volta che, soggetti come Chaouqui, entrano all'interno di strutture ecclesiastiche. Molte volte, infatti, scambiamo ciò che è la carità con la stupidaggine. Aiutare è un discorso, farsi prendere in giro, un altro. Dopo una condanna ricevuta per una vicenda che ha arrecato danno a questo Stato, Chaouqui chiese un contatto a Mons. Perlasca presso il Collegio Ucraino per poter avviare attività con la sua Onlus. Ora, non sappiamo più come dirlo: Chaouqui è stata C O N D A N N A T A. Forse è più chiaro?
Noi certamente abbiamo il compito di perdonare, come Chiesa Cattolica, coloro che sbagliano. Errare è umano, dicevano i latini, perseverare è diabolico. La perdoniamo, certo, ma deve restare a casa sua e condurre la propria vita. Inoltre, l’attività di Santa Romana Chiesa deve essere certamente guidata dalla misericordia ma anche dalla giustizia. Per questo motivo, visto quanto questa donna ha fatto ai danni di questo Stato e visto anche quanto sta dicendo oggi a tutta la stampa e sui suoi canali social, non è assolutamente possibile che istituzioni ecclesiastiche o collegate con la Santa Sede le diano contatti e lavori.
Tutti coloro che si ritrovano questa donna a bussare alla porta devono avere ben chiaro il danno che ha arrecato al Papa e alla Chiesa tutta. La donna potrà certamente trovare “agganci” e “consiglieri”, altrove. Lo Stato della Città del Vaticano non è certo il luogo adatto a lei.
L'archivio ancora a casa Chaouqui
Un'ultima analisi la vogliamo rivolgere ad una inquietante questione che è emersa durante la testimonianza. Chaouqui riferisce di avere a casa sua un archivio che sarebbe quello di COSEA. In questo archivio ci sarebbero anche i documenti che la donna ha minacciato di utilizzare nei confronti di Mons. Alberto Perlasca.
Come è noto, la documentazione della Santa Sede, ma di qualunque Stato, è riservata e deve restare all'interno del mandato operativo. Quando la signora è stata cacciata dallo Stato, condannata e allontanata, ha terminato il suo incarico. In quella occasione era doveroso assicurarsi che questa persona non avesse portato con sè nulla. Chi esce dallo Stato, chi abbandona il proprio posto di lavoro, sopratutto se cacciato, deve lasciare tutto qui dentro. Se ciò non è avvenuto e la ex dipendente addirittura utilizza questo materiale per minacciare le persone, bisogna immediatamente aprire un procedimento. Sono stati inviati i finanzieri dentro le parrocchie di Ozieri, andando a tirare fuori documenti che sono riservati della Curia, e non perquisiamo l'abitazione di questa donna che millanta chissà che cosa? A quale gioco stiamo giocando?
Le sue minacce sono state motivo di discussione in aula. Anche in merito ai tweet, Chaouqui ha detto: “Quando io scrivo sui social, di solito mi riprendono tutti i giornali”. Qualcuno ha commentato: "Te piacesse". Effettivamente, bisogna rilevare che le parole di Ciferri erano corrette e molte persone evitano Chaouqui piuttosto che riprenderla sui giornali.
Molte volte si è parlato di segreto ma è bene chiarire che Francesca Immacolata Chaouqui non ha alcun segreto pontificio da rispettare e, quindi, deve riferire in aula ciò che ha saputo, dove lo ha saputo e perchè. Senza millantare conoscenze, colloqui e amicizie con Paperon de Paperoni. Se la signora ha parlato con il Papa, deve riferire ugualmente. Se il Papa non vuole che emerga nulla dei loro colloqui, invii una comunicazione attraverso la Segreteria di Stato, nella quale impone il segreto. Senza documenti, la donna non ha alcuna tutela in merito. In aula non si scherza. Altrimenti, si avvii un altro procedimento, visto che una condanna già c'è.
Non è possibile vedere una testimone che si rivolge ad un legale dicendo: "si legga il mio libro”. Comprendiamo che, forse, Chaouqui fa un po' fatica a capirlo, ma in un’aula di tribunale si è chiamati a dire la Verità. Il suo libro, pura carta straccia, può benissimo restare nei magazzini di quello sfortunato editore che ha scelto di pubblicare senza alcun successo.
Questo è stato il clima della quarantatresima udienza, fra imprecazioni e ammonimenti. Più volte Giuseppe Pignatone ha detto: “Lei deve stare zitta.”
Chaouqui, quando veniva tacitata, rispondeva “Mannaggia la miseria”. Poi, verso un avvocato: "Vaffanculo". Se davvero Francesco usa queste persone come suoi collaboratori, forse bisogna iniziare a farsi un po' di domande.
L.M.
Silere non possum
Esame della testimone Francesca I. ChaouquiEsame della testimone Genoveffa Ciferri