Nel rito ambrosiano si celebra oggi la Terza Domenica di Avvento. L'Arcivescovo Mario Enrico prosegue la meditazione “giubilare”.
«1. I pellegrini di speranza hanno un bagaglio leggero. Devono infatti percorrere lunghe distanze, la terra promessa è sempre lontana, la storia continua nell’invecchiare del mondo. Perciò vanno con un bagaglio leggero: portano con sé domande e domande. Non hanno tutte le risposte. Devono camminare leggeri, non possono portarsi dietro le immense biblioteche della sapienza dei secoli, le risposte illuminanti dei dottori e dei professori.
Portano con sé le domande.
2. Si pongono domande: C’è una salvezza? C’è una promessa affidabile? Ci sono ragioni per la speranza? Dove cercare la salvezza? È Gesù colui che viene a salvarci o dobbiamo aspettare un altro? L’inquietudine dei pellegrini di speranza è quella di Giovanni il precursore. Gesù non fa un discorso per rispondere. Piuttosto invita a vedere le sue opere. Per vedere le sue opere è necessario stare con lui, seguire Gesù. I segni che Gesù compie sono rivelazione che manifestano in modo inaspettato il compimento delle promesse. Gesù è il salvatore, ma chiama a convertire il modo di intendere la salvezza. In lui si rende presente nella vicenda umana il Regno di Dio, ma Gesù chiama a convertire le aspettative a proposito del Regno di Dio. Perciò Giovanni è inquieto: non riconosce nelle opere di Gesù quella manifestazione di potenza, quell’irrompere del giudice che sbaraglia i prepotenti ed esalta i giusti. Gesù invita a riconoscere i segni della salvezza che viene da Dio nel prendersi cura delle persone provate dalla vita, nel visitare la malattia, la povertà, la fragilità. Ecco come salva Dio: nella prossimità misericordiosa ai figli di Dio che non possono sperare se non in Dio. I pellegrini di speranza sono chiamati quindi ad attraversare l’inquietudine a proposito di Gesù: devono decidere di percorrere la sua strada, di contemplare da vicino le opere di Gesù e essere con lui nel praticare la misericordia e la sollecitudine. I pellegrini di speranza non sono come quegli studenti che dopo aver studiato la lezione e imparato la dottrina vanno per la loro strada per mettere in pratica quello che hanno imparato. Piuttosto continuano a stare vicino a Gesù perché sempre sono inquieti a proposito di Gesù, sempre devono vigilare sulla tentazione di sostituire alla rivelazione del regno le proprie aspettative. Sempre sono inquieti e si domandano: ma io ho capito chi è Gesù? chi è Gesù per me?
Trovano risposte solo stando con lui.
3. I pellegrini di speranza nel loro pellegrinaggio attraversano l’inquietudine. Si domandano, infatti: Perché non vengono gli altri? Perché coloro che hanno ricevuto l’invito e la promessa non si sono lasciati convincere a unirsi a noi nel cammino verso il Signore? È l’inquietudine e il grande dolore e la sofferenza di Paolo, che si domanda: perché il popolo di Dio, quelli che hanno la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, non vogliono accogliere Cristo? È l’inquietudine che non abbandona i pellegrini di speranza a riguardo di tutti i fratelli e le sorelle: perché coloro che abbiamo educato, preparato alla celebrazione dei sacramenti, che abbiamo accolto nei nostri ambienti come presenze desiderate a un certo punto se ne sono andati? Perché coloro che incontriamo ogni giorno e con cui condividiamo l’abitare, il lavoro, i giorni di riposo e i giorni di allarme, non camminano con noi? Perché non credono alla promessa? Forse siamo testimoni poco credibili? Forse abbiamo una gioia e una luce troppo piccola? Forse ci sono potenze ostili che si presentano come più convincenti di Gesù? Non si trovano risposte a questi perché, ma i pellegrini di speranza continuano il loro pellegrinaggio e si fanno carico di sperare per tutti. Sanno che ogni popolo, ogni persona tutto sarà ricapitolato in Cristo, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli (Rm 9,5).
4. I pellegrini di speranza nel loro pellegrinaggio attraversano l’inquietudine. Si domandano infatti: perché tanta ingiustizia sulla terra? Perché i prepotenti prevalgono? Perché gli innocenti sono oppressi? Perché i poveri sono poveri?
Di fronte alle domande il profeta annuncia il misterioso piano di Dio che si compie anche attraverso coloro che non sanno di essere a servizio dell’amore di Dio per il suo popolo, per gli umili e gli sconfitti della storia. Il Signore infatti ha chiamato Ciro e l’ha reso pronto all’azione per manifestare la potenza che salva e per essere a servizio della giustizia. I pellegrini di speranza attraversano i tempi e continuano a desiderare e operare per essere dalla parte della giustizia e continuano a pregare: Stillate, cieli, dall’altro e le nubi facciano piovere la giustizia; si apra la terra e produca la salvezza e germogli insieme la giustizia. Io, il Signore ho creato tutto questo (Is 45,8).»