Ten years after the election of Francis, Silere non possum looks at the situation of Italian dioceses

Sono numerose le occasioni in cui, in questi lunghi dieci anni, i vescovi italiani si sono ritrovati, all'interno delle loro abitazioni, a commentare l'operato del Santo Padre Francesco.

L'atteggiamento di Bergoglio nei confronti dei presuli italiani è sempre stato diffidente e, proprio come con la sua diocesi, da subito ha iniziato a criticare e redarguire i vescovi piuttosto che conoscerli ed ascoltarli. In merito alla geografia, poi, il Papa aveva chiesto alla Conferenza Episcopale Italiana una sorta di progetto per il riordino. Dalla Circonvallazione Aurelia, però, non è mai arrivato nulla di concreto. "Al Papa è stata lasciata carta bianca", riferisce qualche prelato.

Sono passati dieci anni e l'episcopato italiano è stato completamente modificato. Restano alcuni prelati, nominati da Benedetto XVI, certo ma hanno ben poca voce. A molti, poi, manca anche il coraggio. Basti pensare al Patriarca di Venezia, il quale ha scelto una linea di basso profilo e, dopo le cattiverie subite dal Papa, ha scelto di non attirare su di sé l'attenzione di Santa Marta.

Le nomine di Francesco sono sempre ricadute su personaggi particolari. Il curriculum accademico è divenuto inutile ma sono di fondamentale importanza le diciture: "Parroco della parrocchia di periferia", "Responsabile della Caritas", "Assistente dei migranti" e quant'altro. Il Pontefice si è spesso fatto ingannare anche da coloro che hanno inserito nel curriculum la loro esperienza come parroci ma la loro parrocchia non l'hanno mai vista neppure con il binocolo. Del resto, questo è ciò che merita chi basa le proprie scelte su questioni del tutto esteriori.

Le diocesi vacanti

Sono tre, al momento, le diocesi vacanti: Iglesias, Piana degli Albanesi e Vallo della Lucania. Due presuli hanno consegnato le dimissioni nel 2023: S.E.R. Mons. Armando Trasarti, vescovo di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola e S.E.R. Mons. Donato Negro, Arcivescovo di Otranto.

Anche l’Arcidiocesi di Firenze sta attendendo che il Pontefice si degni di inviare un nuovo Arcivescovo. Giuseppe Betori ha già raggiunto i 76 anni. La diocesi di Tempio-Ampurias ha un vescovo che ha già raggiunto i 77 anni di età ed ha consegnato da due anni le dimissioni.

Francesco, nel suo discutibile modo di governare, ha scelto di utilizzare la formula "donec aliter provideatur" per tutte le diocesi. Con il motu proprio "Imparare a congedarsi", infatti, all'articolo 5 ha stabilito che "Una volta presentata la rinuncia, l’ufficio di cui agli articoli 1-3 è considerato prorogato fino a quando non sia comunicata all’interessato l’accettazione della rinuncia o la proroga, per un tempo determinato o indeterminato". 

Tale scelta, però, crea diversi problemi all'interno delle diocesi. I vescovi sono stanchi e allo stesso tempo non possono progettare nulla, perché non sanno per quanto tempo il Pontefice li terrà lì. Proprio come è accaduto per Traditionis Custodes, quindi, il Papa usa i vescovi a proprio piacimento ma non lascia loro la libertà di cui parla lo stesso Concilio Vaticano II. "Siamo più degli amministratori delegati, non successori degli apostoli", commenta un presule.

I vescovi "in scadenza"

Nel mese di marzo consegnerà le proprie dimissioni, S.E.R. Mons. Gennaro Pascarella. A maggio toccherà all'ecc.mo Mons. Domenico Sorrentino. A giugno firmeranno la lettera anche gli Ecc.mi Monsignori Raffaello Martinelli e Roberto Filippini.

I vescovi Salvatore Visco, Francesco Milito e Filippo Santoro a luglio. Ad agosto compiranno il 75esimo anno di età gli eccellentissimi monsignori Giovanni Ricchiuti, Vincenzo Pelvi e Andrea Turazzi. Sempre ad agosto, anche l'Eminentissimo Signor Cardinale Giuseppe Petrocchi dovrà firmare la propria rinuncia al governo pastorale dell'Arcidiocesi di L'Aquila.

A settembre toccherà a Giancarlo Maria Bregantini, il quale sta attendendo da Santa Marta la tanto ambita porpora. Poi, compirà settantacinque anni anche S.E.R. Mons. Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo metropolita di Udine e abate di Rosazzo.

Infine, ad ottobre, anche l'arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, Salvatore Ligorio, firmerà la sua lettera in cui darà le dimissioni.

Le scelte geografiche di Francesco 

Se i vescovi italiani si sono affidati al Papa, Francesco non ci ha pensato due volte. Nel 2017 ha chiamato a Roma lo svizzero Emil Paul Tscherrig per occuparsi del delicato compito di "sistemare l'episcopato e le diocesi italiane". Tscherrig era nunzio in Argentina e il ricordo che hanno di lui lì è simile a quello che hanno del cardinale Jorge Mario Bergoglio. Oltre ad un odio della vita monastica, il prelato svizzero non ha per nulla a cuore il bene spirituale delle diocesi italiane e lo ha dimostrato in più occasioni. Sono numerose le occasioni in cui i presbiteri hanno tentato di parlargli e lui ha preferito restare nei salotti altolocati dei governi.

La linea data a Santa Marta, però, è stata chiara e in questi anni si è proceduto ad unire in persona episcopi numerose diocesi. Questo sistema, purtroppo, crea numerosi problemi ai vescovi che, dall'oggi al domani, si ritrovano a governare due o tre diocesi completamente differenti.

L'Ordinario si ritrova con due consigli presbiterali, due curie diocesane e due porzioni di popolo che, molto spesso, sono anche divise da pregiudizi e campanilismi. Francesco, che predica ai pastori di essere vicini alla gente, rende così il vescovo sempre più distante perché non riesce a raggiungere tutte le parrocchie della diocesi. 

Unire due diocesi e affidargli un solo vescovo, però, è il passo intermedio verso l'unione. Il Papa lo ha detto: "Ci sono troppi vescovi" e vuole applicare i suoi standard dell'America Latina, anche qui in Italia dove lui è primate.

In questi anni sono numerose le diocesi che nella penisola sono state unite. Si tratta di 17 diocesi. Ciò significa che sono 17 pastori in meno. Diamo uno sguardo:

L'Arcidiocesi di Torino è stata unita in persona episcopi con quella di Susa.

L'Arcidiocesi di Matera-Irsina è stata unita in persona episcopi con quella di Tricarico.

L'Arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche è stata unita in persona episcopicon quella di Fabriano - Matelica.

L'Arcidiocesi di Modena-Nonantola è stata unita in persona episcopi con quella di Carpi.

L'Arcidiocesi di Siena - Colle di Val d'Elsa - Montalcino è stata unita in persona episcopi con quella di Montepulciano - Chiusi - Pienza.

L'Arcidiocesi di Oristano è stata unita in persona episcopi con quella di Ales - Terralba.

L'Arcidiocesi di Pesaro è stata unita in persona episcopi con quella di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado.

La diocesi di Anagni Alatri è stata unita in persona episcopi con quella di Frosinone-Veroli-Ferentino.

La diocesi di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino è stata unita in persona episcopicon quella di Foligno.

La diocesi di Gubbio è stata unita in persona episcopi con quella di Città di Castello.

La diocesi di Civitavecchia-Tarquinia è stata unita in persona episcopi con la sede suburbicaria di Porto-Santa Rufina.

La diocesi di Cuneo è stata unita in persona episcopi con quella di Fossano già dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II.

La diocesi di Grosseto è stata unita in persona episcopi con quella di Pitigliano - Sovana - Orbetello.

La diocesi di Ischia è stata unita in persona episcopi con quella di Pozzuoli.

La diocesi di Nuoro è stata unita in persona episcopi con quella di Lanusei.

La diocesi suburbicaria di Palestrina è stata unita in persona episcopi con quella di Tivoli.

La diocesi di Sessa Aurunca è stata unita in persona episcopi con quella di Teano - Calvi e quella di Alife - Caiazzo.

Cercasi vescovi

Il Nunzio Apostolico deve affrontare, poi, anche il delicato compito di convocare coloro che vengono indicati da Santa Marta o, molto raramente ormai, dal Dicastero per i Vescovi. Molte volte Tscherrig si è trovato di fronte presbiteri che hanno rifiutato l'episcopato. Oggi, infatti, essere invita ad una Chiesa come vescovi è divenuto un vero e proprio martirio. Qualcuno lo ha definito "masochismo" e ha scelto di continuare il proprio ministero, più o meno, serenamente. 

Dopo dieci anni di pontificato, quindi, la Chiesa italiana risulta completamente cambiata e i problemi delle scelte di Francesco emergono chiaramente. Le numerose nomine fatte "per amicizia" o "per simpatia", infatti, non hanno tenuto conto delle gravi problematiche che un vescovo deve affrontare nelle proprie diocesi. L'ignoranza di questi presuli in merito al diritto canonico, poi, sta contribuendo a creare un "tappo" a Roma. Gli appelli contro le decisioni vescovili, appunto, sono divenuti una preoccupazione seria per i Dicasteri. La soluzione che Francesco ha offerto, anche settimana scorsa ad un porporato, è stata: "Approviamo in forma specifica". 

Il Papa vuole continuare ad abusare di una formula che doveva essere straordinaria e non ordinaria. In questo modo, però, contribuisce alla violazione dei diritti fondamentali delle persone coinvolte.

Diceva Ratzinger nel 1999: "La denigrazione del diritto non è mai ed in nessun modo al servizio della libertà, ma è sempre uno strumento della dittatura. La eliminazione del diritto è disprezzo dell'uomo; ove non vi è diritto, non vi è libertà". 

F.P.

Silere non possum