Mentre in numerose diocesi ci sono vescovi che affermano che "le unità pastorali e la chiusura di alcune parrocchie non sono il risultato di una mancanza di vocazioni ma la volontà di essere più uniti", ci sono diverse comunità che non ottengono l'autorizzazione da Roma per poter procedere all'ordinazione presbiterale di quei giovani che si mettono a servizio della Chiesa di Dio. La lotta ideologica, come abbiamo spiegato in questo articolo, da parte di alcuni Dicasteri nei confronti di realtà legate alla Tradizione rischia di fare danni enormi alla Chiesa Universale. 

Se ci facciamo caso, non ci sono nel panorama italiano, vescovi che dicano con franchezza: "Sulle vocazioni sacerdotali stiamo sbagliando tutto". No, guai a dirlo. La pressante preoccupazione di alcuni presuli è quella di coinvolgere i laici o, addirittura, ordinare uomini sposati. "Almeno diaconi", si sente dire. Eppure, proprio Papa Francesco ha chiaramente spiegato nell'Esortazione Apostolica Querida Amazonia: «Nelle circostanze specifiche dell’Amazzonia, specialmente nelle sue foreste e luoghi più remoti, occorre trovare un modo per assicurare il ministero sacerdotale. I laici potranno annunciare la Parola, insegnare, organizzare le loro comunità, celebrare alcuni Sacramenti, cercare varie espressioni per la pietà popolare e sviluppare i molteplici doni che lo Spirito riversa su di loro. Ma hanno bisogno della celebrazione dell’Eucaristia, perché essa «fa la Chiesa», e arriviamo a dire che «non è possibile che si formi una comunità cristiana se non assumendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra Eucaristia». Se crediamo veramente che è così, è urgente fare in modo che i popoli amazzonici non siano privati del Cibo di nuova vita e del Sacramento del perdono.

Questa pressante necessità mi porta ad esortare tutti i Vescovi, in particolare quelli dell’America Latina, non solo a promuovere la preghiera per le vocazioni sacerdotali, ma anche a essere più generosi, orientando coloro che mostrano una vocazione missionaria affinché scelgano l’Amazzonia. Nello stesso tempo, è opportuno rivedere a fondo la struttura e il contenuto sia della formazione iniziale sia della formazione permanente dei presbiteri, in modo che acquisiscano gli atteggiamenti e le capacità necessari per dialogare con le culture amazzoniche. Questa formazione dev’essere eminentemente pastorale e favorire la crescita della misericordia sacerdotale» Se questo vale per l'Amazzonia, tanto più vale per noi che, come abbiamo detto più volte, non abbiamo un reale problema di "assenza di vocazioni" ma una vera e propria incapacità dei rettori e dei vescovi di "plasmare, curare, far maturare" quelle che già ci sono. 

Mentre questa mattina il Pontefice ha incontrato Mons. Gilles Wach e altri appartenenti alI'stituto Cristo Re Sommo Sacerdote, in Francia il Superiore dei Missionari della Divina Misericordia ha annunciato che sono ancora bloccate le ordinazioni di alcuni candidati. Molte volte questi interventi sono ideologici, come afferma lo stesso comunicato, ovvero a motivo del legame con il Rito Antico da parte di queste comunità che, però, sono state approvate ed hanno nei propri statuti queste specifiche norme. È chiaro che ci sono diversi problemi in numerose comunità, uno fra i tanti è proprio il rischio dell'assenza della formazione umana e della capacità relazionale dei candidati per rimanere riferiti a Gricigliano, ma ciò non toglie che Roma non interviene mai per queste questioni ma solo per "ciò che appare", ovvero il Rito. In una situazione come quella odierna, ha senso bloccare le ordinazioni di alcuni candidati piuttosto che lavorare perché questi maturino, crescano in un ambiente sano ma possano restare legati ai riti che desiderano? Ha senso agire in questo modo e poi scervellarsi per "coinvolgere i laici" perchè "non abbiamo più preti"? 

Comunicato stampa di padre Jean-Raphaël Dubrule, Superiore dei Missionari della Divina Misericordia

Uno dei 5 seminaristi dei Missionari della Divina Misericordia è in attesa dell'ordinazione diaconale e poi sacerdotale da più di due anni, e gli altri quattro da un anno. Questa attesa non è più legata alla situazione della diocesi di Fréjus-Toulon, dove le ordinazioni sono riprese, ma alla celebrazione con il vecchio rito, previsto dagli statuti della comunità.

A seguito di numerose discussioni con le autorità romane competenti, guidate da Mons. Touvet, che ringrazio vivamente per il suo grande sostegno alla nostra comunità, sembra che la situazione sia bloccata non solo per il rito dell'ordinazione, ma anche per la possibilità per i futuri sacerdoti di poter celebrare nel vecchio rito. Le autorità romane non sono certe di questa possibilità, ed è quindi possibile che i candidati vengano ordinati senza avere il diritto di celebrare secondo il vecchio rito. In tal caso, non sarebbero più in grado di esercitare il loro ministero all'interno della comunità e in conformità con gli statuti.

Di fronte alle numerose domande dei fedeli, abbiamo ritenuto necessario spiegare il motivo di questo ritardo e la posta in gioco. L'obiettivo è quello di invitare a una preghiera molto intensa, mentre continua il dialogo con le autorità romane. Questa prova non ci fa assolutamente rimpiangere il lavoro di integrazione diocesana che la comunità sta facendo e vivendo. Richiede una rinnovata preghiera e vigilanza.

Che Gesù misericordioso ci protegga e ci rafforzi.