Diocesi di Milano

Domenica 2 febbraio 2024 l'Arcivescovo Mario Enrico Delpini ha presieduto nel Duomo di Milano la Santa Messa in occasione della Giornata Mondiale per la Vita Consacrata. In occasione di questa giornata - giubileo diocesano per la vita consacrata - Mons. Delpini ha concesso anche alle claustrali di poter "rompere la clausura" per poter prendere parte a questo momento di preghiera solenne. 

La celebrazione ha avuto inizio nella chiesa di San Carlo al Corso dove si sono ritrovati i religiosi per poter raggiungere il Duomo. Nell'arcidiocesi sono presenti circa 4000 uomini e donne consacrati al Signore nelle diverse forme di vita. Nell'omelia Delpini ha detto: «Perciò la vita consacrata può vincere la tentazione dell’angoscia per il futuro, l’incombere dell’incertezza, l’esperienza della precarietà, la necessità di abbandonare posizioni importanti e luoghi e case bellissimi. Forse troppo spesso ritornano domande inquietanti: che cosa sarà di me? che cosa sarà della nostra opera? Che cosa sarà della mia salute? Che cosa sarà del nostro carisma? L’incontro con Gesù è principio di pace: ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi ora hanno visto la tua salvezza». Il presule ha consegnato cinque parole: ora, gloria, stupore, spada, Nazareth. 

Ha sottolineato:«Ogni persona consacrata rivela la gloria di Dio se accoglie l’amore che rende capace di amare. Non conta essere giovani o vecchi, essere tanti o pochi, essere di origine italiana o di origine straniera, essere uomini o donne. Quello che conta, la ragione per cui possiamo avere stima di noi stessi è solo questo: essere avvolti di luce dalla gloria di Dio, cioè accogliere l’amore che ci rende capaci di amare, secondo il comandamento di Gesù: amatevi, come io vi ho amato». 

Il Giubileo per la vita consacrata, a livello mondiale, si terrà a Roma nei giorni 8 e 9 ottobre 2025 ed ha come tema «Pellegrini di speranza, sulla via della pace».

Omelia dell'Arcivescovo 

La parola del Vangelo che dà testimonianza dell’opera di Dio nel mistero della presentazione al tempio di Gesù raccomanda la meditazione di cinque parole.
1. Ora 
L’incontro di Simeone con il Signore, l’incontro sospirato da una vita, si compie in questo presente. Ora si compie la vita, perché ora tiene tra le braccia Gesù. Ora si compie la speranza perché il Signore è entrato nel suo tempio santo secondo la promessa dei profeti, secondo l’attesa di Israele, secondo il sospiro delle genti. Ora tutto è diventato niente, tutto il resto non ha più attrattiva perché è presente Gesù: ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace. La vita, la morte, il ruolo, i motivi di vanto, i motivi di vergogna, le frustrazioni, le soddisfazioni, in quest’ora niente ha più importanza, perché in Gesù tutto è compiuto, tutto è salvato, tutto rivela il suo senso e tutto rivela la sua relatività.
La vita consacrata vive in quest’ora, in questo presente, nell’incontro con Gesù, che dà senso a tutto.
Perciò la vita consacrata può vincere la tentazione di avere nostalgia del passato, delle glorie, dei risultati, dei numeri del passato. Forse troppo spesso ritorna nel nostro linguaggio di consacrati la memoria di un “allora”: l’incontro con Gesù trasfigura tutto e rende tutto relativo. Forse troppo spesso nell’animo dei consacrati ritorna il ricordo doloroso dei fallimenti, delle umiliazioni, delle delusioni: l’incontro con Gesù ora può guarire tutte le ferite.

Perciò la vita consacrata può vincere la tentazione dell’angoscia per il futuro, l’incombere dell’incertezza, l’esperienza della precarietà, la necessità di abbandonare posizioni importanti e luoghi e case bellissimi. Forse troppo spesso ritornano domande inquietanti: che cosa sarà di me? che cosa sarà della nostra opera? Che cosa sarà della mia salute? Che cosa sarà del nostro carisma? L’incontro con Gesù è principio di pace: ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi ora hanno visto la tua salvezza.

2. Gloria

La gloria di Dio riempie il tempio, non come un fumo e uno spavento, come raccontano le antiche scritture, ma come la presenza del bambino, il Figlio di Dio che condivide la vita e la storia dei figli degli uomini.

Quale gloria riconosce Simeone tenendo tra le braccia Gesù? che cos’è la gloria di Dio?
La gloria di Dio è questo bambino che vive con cuore di uomo l’amore di Dio. La gloria di Dio è l’amore che rende capaci di amare.
Perciò la vita consacrata celebra il suo giubileo e trova il compimento del suo cammino e ogni persona consacrata riconosce che nella sua vita la gloria di Dio l’avvolge di luce, come i pastori nella manifestazione a Betlemme, come i Magi illuminati dalla stella, come Simeone condotto dallo Spirito.
Ogni persona consacrata rivela la gloria di Dio se accoglie l’amore che rende capace di amare. Non conta essere giovani o vecchi, essere tanti o pochi, essere di origine italiana o di origine straniera, essere uomini o donne. Quello che conta, la ragione per cui possiamo avere stima di noi stessi è solo questo: essere avvolti di luce dalla gloria di Dio, cioè accogliere l’amore che ci rende capaci di amare, secondo il comandamento di Gesù: amatevi, come io vi ho amato.

3. Stupore

Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Lo stupore è l’emozione che invade la vita, è la luce che apre gli occhi. Maria e Giuseppe, come si può immaginare, erano coloro che conoscevano meglio di tutti Gesù. Eppure le parole di Simeone li riempiono di meraviglia. Il mistero di Gesù rivela sempre profondità ancora inesplorate, anche per chi ha tanta familiarità e nella sua vita ne ha tanto parlato. Si deve ancora imparare, ancora siamo sorpresi, ancora l’emozione è intensa. Ancora lo stupore.
La vita consacrata, ogni persona consacrata dimora nello stupore, sempre impara di nuovo chi sia Gesù, non solo sui libri, non solo nel raccoglimento della preghiera e nell’intimità della confidenza, ma anche nel sentire altri che parlano di Gesù. Che cosa dicono di Gesù gli altri, le mie consorelle, i miei confratelli? Quali aspetti del mistero di Gesù mi sorprendono in quello che dicono di Gesù i poveri, le mamme, i papà, i preti, i bambini?

4. La spada

La rivelazione della gloria, cioè dell’amore che rende capaci di amare, si espone alla ferita della spada che trafigge l’anima. Maria sperimenterà lo strazio dell’amore che non è amato, del Figlio Gesù che offre luce ed è contrastato dalle tenebre, offre perdono e riceve risentimento, offre amore e viene ricambiato con odio e violenza.

Così coloro che riconoscono in Gesù la manifestazione della gloria di Dio sperimentano lo strazio nel costatare che Gesù non è accolto, non è conosciuto, non è amato. I consacrati sono avvolti dalla gloria di Dio perciò non soffrono per sé stessi, non si ripiegano su di sé come vittime che si compiangono, ma soffrono perché l’umanità preferisce le tenebre alla luce.

E, poiché seguono Gesù, non possono tirarsi indietro. Il rifiuto, l’ostilità, l’indifferenza non bastano a convincerli che è meglio lasciar perdere. Piuttosto sono lì, insieme con Gesù con la loro piccola luce, determinati a offrire luce.

5. Nazareth

Il mistero di Gesù abita il silenzio, cresce e si fortifica a Nazareth, il villaggio insignificante, il quotidiano degli affetti, del lavoro, della preghiera condivisa, della cura vicendevole.
Il quotidiano può essere vissuto anche come noia, come logorio, come frenesia esasperata, come inerte pigrizia.
Ma Nazareth custodisce il mistero del farsi uomo di Gesù, in modo da essere riconosciuto veramente come un uomo che è il Figlio di Dio.
I trent’anni della vita senza clamori e senza opere o parole memorabili sono la rivelazione che la grazia del Signore abita il quotidiano di uomini e donne che stanno con Gesù, semplicemente, in un quotidiano che è commovente e glorioso.
Abitiamo per lo più a Nazareth, cioè nel quotidiano che non fa rumore, che non sa sotto i riflettori, e lì abitiamo con Gesù che trasfigura il quotidiano nella grazia di crescere nella conformazione a lui, l’amore che ci rende capaci di amare.