Nel linguaggio comune il desiderio è spesso ridotto a impulso, emozione o bisogno psicologico da soddisfare. Per don Luigi Giussani, invece, il desiderio è il baricentro dell’umano, la struttura stessa del cuore, la scintilla che muove la ragione e la vita. Nei suoi dialoghi con i giovani ha offerto una delle più incisive descrizioni del desiderio come energia originaria, sorgente di conoscenza, di domanda e di cammino.

Il desiderio come esigenza autentica

Giussani diceva che ogni uomo porta dentro un nucleo di esigenze costitutive: verità, giustizia, amore, felicità. È ciò che nei suoi scritti chiama «cuore» - non il sentimentalismo, ma “il nucleo delle esigenze costitutive del nostro essere”.

Il desiderio non è dunque accessorio: è la forma con cui l’io prende coscienza di sé e del proprio destino. Per questo, afferma: «Quanto più vai all’incontro con la realtà con un grande cuore, colmo, ardente, con esigenze consapevoli e vive, tanto più vai con ricchezza». Questa tensione interiore è ciò che rende umano ogni passo.

Il desiderio vero diventa domanda

Una delle intuizioni più forti di Giussani è la distinzione tra desiderio vero e desiderio scettico. Il primo apre alla realtà, il secondo la chiude. Giussani diceva: «Il desiderio del vero non può non diventare domanda, se è desiderio autentico». Se un desiderio non si trasforma in domanda, se non diventa invocazione, ricerca, confronto, allora non è vero desiderio, ma solo “un desiderio scettico”, quello di chi dice: “sarebbe bello se accadesse, ma non può accadere” . Il desiderio autentico è quindi dinamico: non si accontenta, non si spegne, non si chiude nel cinismo.

Desiderare non significa pretendere

Un altro passaggio fondamentale riguarda il rapporto tra desiderio e realtà. Giussani mette in guardia dal rischio di trasformare il desiderio in pretesa, cioè in un progetto rigido che impedisce di accogliere l’imprevisto. Giussani citava Abelardo: “Non bisogna prevenire la realtà col desiderio” . E ai giovani spiegava: «Andare alla realtà con un desiderio già fatto… è pretendere dalla realtà». Il vero desiderio, invece, è apertura: “un’esigenza affermata”, non una risposta già fissata. Solo così si può riconoscere ciò che accade come occasione, anche quando è piccolo o non atteso: «Se ti dà poco, valorizzerai quel poco. Se ti dà tanto, valorizzerai quel tanto». È un’educazione al realismo: vivere il desiderio senza assolutizzare le proprie immagini.

Desiderare cose grandi: il segno dell’umano

Giussani insisteva sul fatto che l’uomo è l’unico essere vivente che desidera essere grande: «Un animale non desidera di essere grande; questo desiderio è proprio del cuore umano», spiegava. Desiderare la grandezza non è superbia: è il riconoscimento di una sproporzione originaria. Per questo occorre seguire il cuore, confrontare ciò che incontriamo con ciò che esso grida, e seguire ciò che corrisponde: «Segui il tuo cuore e gli incontri che corrispondono all’esigenza del tuo cuore, e cammina». Il desiderio orienta il cammino: non dà risposte immediate, ma indica una direzione.

Il desiderio come finestra sull’infinito

Per don Giussani il desiderio umano è strutturalmente insaziabile. Questo non è un limite, ma una rivelazione. Riprendendo Claudel, affermava «L’insaziabile non può che derivare dall’inestinguibile». Se nulla basta all’uomo, è perché l’uomo porta dentro un’apertura che nessuna cosa finita può colmare. L’insaziabilità non è un difetto: è il segno del destino, della vocazione all’infinito. In questo senso il desiderio è motore, perché tiene l’uomo in cammino, rinnova lo sguardo, impedisce di accontentarsi.

Perché oggi il desiderio è soffocato

Purtroppo, però, oggi viviamo in una società che riduce o soffoca il desiderio. Giussani lo denunciava senza mezzi termini: il potere tende a “far tacere le esigenze fondamentali dell’uomo”, la mentalità dominante produce “desideri scettici”, rinunce, cinismo. I giovani – e non solo loro – rischiano di accontentarsi del possibile, senza più domandare l’impossibile. La sfida è proprio questa: custodire il desiderio dalla sua riduzione.

L’educazione come arte di ridestare il desiderio

Tutto il pensiero di don Giussani sull’uomo nasce da qui: il desiderio è il punto sorgivo da cui riparte l’io. Educare significa custodire e ridestare questa sorgente. Per questo, sosteneva: «Solo uomini all’altezza del loro desiderio potranno realizzare il compito che dovrebbe svolgere l’educazione». Il desiderio, quando non è censurato, diventa domanda, e la domanda apre alla realtà, ai legami, alla verità, fino al Mistero stesso. Non c’è nulla di più umano, né di più potente, di un desiderio vissuto fino in fondo.

d.P.E. 
Silere non possum