Diocesi di Brescia

«La sapienza non coincide con la scienza, non è pura razionalità, non è erudizione e non è neppure semplice competenza. Essa in qualche modo riunisce tutte queste forme di conoscenza ma le supera. C’è in lei qualcosa di che va al di là. La sapienza ha un rapporto del tutto speciale con la vita, nella sua totalità. Non è semplicemente il sapere, ma è il saper vivere. Essa implica un coinvolgimento completo dell’essere umano – mente, cuore e spirito – in una comprensione della realtà che apre alla sua piena verità. “La sapienza – è stato giustamente affermato – è un atteggiamento esistenziale che permette di cogliere il senso profondo di tutto ciò che esiste». Sono le parole che il Vescovo di Brescia, S.E.R. Mons. Pierantonio Tremolada ha rivolto alla città in occasione della solennità dell’Immacolata concezione della Beata Vergine Maria. Parlando della Sapienza - invocando la Vergine con questo splendido titolo - il presule ha ricordato tre caratteristiche fondamentali di questa virtù: "profondità, responsabilità e spiritualità". 

Domenica 8 dicembre 2024 alle ore 17 il presule ha presieduto la traduzione Celebrazione Eucaristica con il rito dei ceri e delle rose. Nella sua omelia ha scelto di guardare, insieme alle autorità presenti, al grande tema dell'intelligenza artificiale«Non può sfuggirci la constatazione che, lungo la storia, l’esercizio dell’intelligenza da parte dell’uomo ha prodotto enormi benefici ma ha anche avuto effetti tragici. Si deve purtroppo riconoscere che in modo intelligente è sempre possibile anche ingannare, derubare, mortificare, sfruttare e addirittura distruggere. Si intuisce da subito che l’intelligenza, non può essere lasciata a se stessa. In questa direzione credo si possa giungere a capire meglio che cosa sia la sapienza e come essa risulti necessaria per una autentica socialità» ha sottolineato Tremolada. 

«Nel mondo in cui tutti viviamo
- ha osservato - l’invisibile agli occhi non è meno importante di ciò che è visibile, e forse è proprio ciò che è essenziale». Il rischio, del tempo che stiamo vivendo, ha spiegato, è quello di «dare alla vita un profilo molto basso». Poi, un'amara consapevolezza: «La fluidità dell’esperienza in tutti i suoi aspetti ci rende insicuri, interiormente poveri e continuamente in ansia. I legami non sono profondi. Non lo sono i discorsi. La premura divora il tempo. Si ha l’impressione di essere continuamente in affanno. C’è bisogno di profondità. Forse di più silenzio, di riflessione, di calma per entrare in noi stessi. Dobbiamo forse dare più spazio alla parola dei poeti e dei profeti, che anche oggi non mancano e che normalmente non trionfano nei social. Dobbiamo forse andare con più attenzione alla ricerca di quelli che papa Francesco chiama “i santi della porta accanto”. Questi potranno essere per noi maestri di sapienza». 

«Le grandi potenzialità - ha spiegato il presule - che l’intelligenza umana è in grado di scoprire, e sta ora scoprendo, richiedono la sapienza del cuore, capace di orientare sempre verso il bene. Se un’intelligenza artificiale saprà dirci molto chiaramente come fare le cose, non potrà mai dirci invece perché farle. Di più, l’intelligenza artificiale sarà sempre in grado di darci risposte (e questo ci può solo rallegrare!) ma rimarrà sempre e solo a noi il compito di porre le domande. Diverrà perciò estremamente importante la prospettiva nella quale ci si pone quando le domande vengono formulate. Proprio qui interviene la dimensione etica dell’agire umano, cioè la ricerca del bene come fine ultimo di ogni azione personale e sociale». Rivolgendosi anche alle autorità presenti, Mons. Tremolada ha sottolineato che «fra i libri che costituiscono la Bibbia vi è il Libro della Sapienza. Dalla sua lettura emerge una duplice chiara convinzione: che la sapienza porta sempre con sé il senso della giustizia e che, queste due virtù, la Sapienza e la Giustizia, insieme devono ispirare chi ha come compito il governo della società. Non sarà mai possibile riconoscere saggio chi non è giusto». Alla Vergine Maria, Sede della Sapienza, il vescovo Pierantonio ha, infine, affidato il cammino della Chiesa di Brescia che si prepara a vivere il Giubileo e la visita giubilare e il cammino della città. 



Il rito e la tradizione

Il Sindaco ha offerto alla Vergine due ceri a nome della città di Brescia, un gesto che ha origini antiche. Il 28 marzo 1522, infatti, il Comune di Brescia deliberò di festeggiare solennemente il giorno 8 dicembre e di recarsi processionalmente all’altare dell’Immacolata nella Chiesa di san Francesco d'Assisi con tutti i Paratici (le società operaie e artigiane cittadine) e offrire dei ceri alla Vergine Maria in segno di devozione e richiesta di intercessione per la città. Una tradizione che ogni anno il sindaco in carica rinnova. Allo stesso tempo il vescovo diocesano offre alle autorità delle rose bianche, anche questo un gesto antico che risale al 1858 ad imitazione di ciò che fece l'allora ministro generale dell’Ordine di San Francesco, Fr. Salvatore Calì, il quale inviò al beato Papa Pio IX una rosa d’oro come segno di gratitudine per la proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione. La Rosa bianca è un simbolo di amore e fedeltà. Un segno che auspica la dedizione, anche da parte delle autorità civili, per il compito a cui sono chiamati e sta a significare anche quel sincero desiderio di reciproco dialogo e collaborazione. Il rito, celebrato ininterrottamente nei secoli, ma sospeso dopo le violente soppressioni napoleoniche, venne ripristinato nel 1928 al rientro dei francescani nel loro antico convento e riconfermato ufficialmente con delibera comunale il 18 giugno 1980.

Omelia di S.E.R. Mons. Pierantonio Tremolada 
Solennità dell'Immacolata Concezione
Chiesa di S. Francesco d'Assisi

Illustrissime autorità,
carissimi fratelli e sorelle,

siate i benvenuti in questa chiesa dedicata a san Francesco nella quale per tradizione si celebra con particolare solennità la festa della Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.

È questa anche l’occasione nella quale la comunità cristiana, attraverso il suo vescovo, rinnova volentieri l’impegno di cooperare al bene di questa città, offrendo il proprio contributo in dialogo rispettoso e costruttivo con quanti sono chiamati ad esercitare qui il grave compito del governo. Il gesto semplice ma suggestivo dello scambio dei ceri e delle rose vuole proprio esprimere una simile comune intenzione.

Mi è caro offrire in questa circostanza qualche spunto di riflessione che tragga la sua origine dall’esperienza da tutti noi condivisa nel tempo che ci troviamo a vivere. Per fare questo, vorrei partire da una singolare qualifica della Beata Vergine Maria, che oggi onoriamo con particolare devozione. Nelle litanie che tradizionalmente si recitano a conclusione del santo Rosario, la Madre di Dio viene esaltata come Sede della Sapienza. Si tratta di una delle qualifiche che le vengono attribuite. 

Permettete che vi dica che questa definizione della Madonna mi è molto cara. Ogniqualvolta mi trovo a vivere qualche momento importante, qualche assemblea o consiglio, amo concludere la preghiera che li introduce, affidandomi a colei che è la Sede della Sapienza. Mi conforta sapere che, grazie al suo aiuto, tutto ciò che si vive, particolarmente quando ci si confronta in vista di importanti decisioni, possa assumere la sua giusta forma in forza della sapienza.

Su questo vorrei oggi condividere con voi qualche riflessione. Sono, infatti, convinto che il momento presente abbia bisogno di riscoprire e di sviluppare la sapienza come una virtù che qualifica la vita. Penso che, con l’aiuto di Dio e per l’intercessione della Beata Vergine Maria, dobbiamo diventare sempre più delle persone sagge.  

Siamo tutti affascinati dalle varie forme dell’intelligenza umana. Il progresso che la storia ci testimonia è la prova più evidente di questa capacità che l’uomo possiede. E nuovi orizzonti si stanno ora aprendo, perché l’uomo si è scoperto capace di far esistere a sua volta una intelligenza, che stiamo imparando a definire “intelligenza artificiale”. 

E tuttavia non ci può sfuggire la constatazione che, lungo la storia, l’esercizio dell’intelligenza da parte dell’uomo ha prodotto enormi benefici ma ha anche avuto effetti tragici. Si deve purtroppo riconoscere che in modo intelligente è sempre possibile anche ingannare, derubare, mortificare, sfruttare e addirittura distruggere. Si intuisce da subito che l’intelligenza, non può essere lasciata a sé stessa. In questa direzione credo si possa giungere a capire meglio che cosa sia la sapienza e come essa risulti necessaria per una autentica socialità.

La sapienza non coincide con la scienza
, non è neppure pura razionalità, non è erudizione e non è semplice competenza. Essa in qualche modo riunisce tutte queste forme di conoscenza ma le supera. C’è in lei qualcosa di che va al di là. La sapienza ha un rapporto del tutto speciale con la vita, nella sua totalità. Non è semplicemente il sapere, ma è il saper vivere. La Sapienza implica un coinvolgimento completo dell’essere umano – mente, cuore e spirito – in una comprensione della realtà che apre alla sua piena verità. “La sapienza – è stato giustamente affermato – è un atteggiamento esistenziale che permette di cogliere il senso profondo di tutto ciò che esiste”. 

La profondità: ecco ciò che, a mio parere, caratterizza anzitutto la sapienza. Lo si ricava dall’etimologia stessa del termine, che rinvia al verbo latino sapere, cioè gustare e allude al sapore delle cose. La sapienza è un sapere consolante che viene dalla nostra interiorità. Con il suo sguardo profondo, con il suo pensiero profondo, con il suo sentimento profondo, la persona saggia si presenta in tutta la sua ricchezza.

La sapienza si contrappone dunque alla superficialità, alla banalità, alla reazione istintiva, che spesso diventa aggressiva, alla comunicazione immediata, che spesso risulta sterile. Non solo: la sapienza riconosce anche il limite di quel sapere esclusivamente analitico che sta alla base delle scienze cosiddette esatte e che si limita a dare preciso riscontro a ciò che si percepisce. La sapienza non guarda al mondo semplicemente come un oggetto di studio o come un luogo di sperimentazione. Essa riconosce al reale una dimensione simbolica. È consapevole che tutto ciò che esiste porta con sé un’eco misteriosa, che è quella dell’ineffabile e del sublime. Nel mondo in cui tutti viviamo, l’invisibile agli occhi non è meno importante di ciò che è visibile, e forse è proprio ciò che è essenziale.

Di una simile profondità che è tipica della sapienza credo oggi abbiamo particolarmente bisogno. Il tempo che stiamo vivendo, frastornato da una comunicazione eccessivamente veloce, rischia di dare alla vita un profilo molto basso. La fluidità dell’esperienza in tutti i suoi aspetti ci rende insicuri, interiormente poveri e continuamente in ansia. I legami non sono profondi. Non lo sono i discorsi. La premura divora il tempo. Si ha l’impressione di essere continuamente in affanno. C’è bisogno di profondità. Forse di più silenzio, di riflessione, di calma per entrare in noi stessi. Dobbiamo forse dare più spazio alla parola dei poeti e dei profeti, che anche oggi non mancano e che normalmente non trionfano nei social. Dobbiamo forse andare con più attenzione alla ricerca di quelli che papa Francesco chiama “i santi della porta accanto”. Questi potranno essere per noi maestri di sapienza.

Vi è una seconda caratteristica della sapienza che, insieme alla profondità, ne precisa l’essenza, ed è la responsabilità. Essa chiama in causa, da una parte la libertà della persona, cioè la sua capacità di decidere, e dall’altra il bene, inteso come fine di ogni azione. Dall’antichità greca ci giunge la voce di Platone, che scrive: “La sapienza è una comprensione profonda della realtà, che permette di orientare la vita verso il bene e quindi verso la verità”. L’intelligenza della persona, che non può essere lasciata a sé stessa, domanda dunque un orientamento. Essa è come la freccia pronta nell’arco che ha bisogno di essere indirizzata. Questo orientamento non può che essere il bene, di ciascuno e di tutti, che si trasforma così nel fine a cui tende ogni decisione e ogni azione personale e sociale. L’intelligenza si unisce allora alla volontà e prende la forma di un discernimento, cioè di quella valutazione per cui si riconosce in ogni occasione ciò che è giusto fare, ciò che è bene, ciò che conferisce alla vita il suo alto valore.

In questo modo opera la sapienza, che si presenta come l’arte del vivere, nella giustizia e nella verità
. Si riconosce qui quella che potremmo chiamare la dimensione etica della vita, fortemente richiamata e invocata in questo momento da quanti raccomandano un’attenta riflessione sull’uso dell’intelligenza artificiale. Le grandi potenzialità che l’intelligenza umana è in grado di scoprire, e sta ora scoprendo, richiedono la sapienza del cuore, capace di orientare sempre verso il bene. Se un’intelligenza artificiale saprà dirci molto chiaramente come fare le cose, non potrà mai dirci invece perché farle. Di più, l’intelligenza artificiale sarà sempre in grado di darci risposte (e questo ci può solo rallegrare!) ma rimarrà sempre e solo a noi il compito di porre le domande. Diverrà perciò estremamente importante la prospettiva nella quale ci si pone quando le domande vengono formulate. Proprio qui interviene la dimensione etica dell’agire umano, cioè la ricerca del bene come fine ultimo di ogni azione. 

Tra i libri che costituiscono la Bibbia vi è il Libro della Sapienza. Dalla sua lettura emerge una duplice chiara convinzione: che la sapienza porta sempre con sé il senso della giustizia e che, queste due virtù, la Sapienza e la Giustizia, insieme devono ispirare chi ha come compito il governo della società. Non sarà mai possibile riconoscere saggio chi non è giusto. Nelle sacre Scritture, la parola dei profeti ci ricorda che una delle forme più belle della benedizione di Dio a favore del suo popolo è poter contare su dei governanti saggi, che abbiano un alto senso della giustizia.

Vi è un ultimo aspetto che interviene a costituire l’essenza della sapienza, ed è quello della spiritualità. La sapienza è infatti nella sua ultima essenza un’esperienza spirituale e ultimamente contemplativa. Se da un lato essa ci fa cogliere la profondità del vissuto umano, dall’altro ci spinge verso l’alto e lascia percepire quella che potremmo definire la dimensione trascendente della realtà. Sull’altro versante, il bene che ogni retta coscienza riconosce come il fine dell’agire porta in sé una sorta di tensione verso il sommo bene, da cui tutto proviene e in cui tutto si compie.

Il Libro della Sapienza, già ricordato, più volte ribadisce che alla base della sapienza sta il timore di Dio, da intendere non come la paura di Lui, del suo giudizio, della Sua potenza, ma come il riconoscimento della Sua maestà, che è anche riconoscimento della sua santità, perfezione nel bene, della sua gloria, splendente di bellezza.

Ma quel che più colpisce nei testi delle sacre Scritture, già nell’Antico Testamento, è che il timore di Dio non è mai separato dall’amore per lui, una confidenza e da una intimità che i greci ritenevano impensabile. 

Tutto questo troverà la sua piena espressione nella rivelazione che ha compiuto tra noi il Cristo salvatore. Egli ha unito il cielo e la terra, la profondità e altezze. Ha svelato che il sommo bene è in realtà il Dio vivente, e che questa vita che è in Lui, è la comunione d’amore delle tre sante persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Figlio amato, lo sappiamo, si è fatto redentore dell’umanità ed è venuto in mezzo a noi: la trascendenza ha annullato ogni distanza rimanendo tale e la santità di Dio ha abbracciato le profondità del vissuto insieme con tutto il creato. 

La sapienza acquista così una forma nuova, quella di una partecipazione misteriosa a ciò che è proprio di Dio. È una esperienza spirituale. Non è esclusiva o elitaria, ma è un dono per il bene di tutti, anche di coloro che non ne sapranno mai riconoscere la vera sorgente.

La misura di questa sapienza diviene altissima. L’uomo è saggio per la fede in Cristo ed è colui che può guardare il mondo con gli occhi del redentore, e può conoscerlo con la sua mente e amarlo con il suo cuore, cogliendone tutta la verità – nel chiaro scuro della storia – e sentendosi chiamato nella libertà a cooperare per la Salvezza. Scrive san Paolo. “Cristo Gesù è diventato per noi sapienza per opera di Dio, ma anche giustizia, santificazione e redenzione” (1Cor 1,30), e poi aggiunge con una sorta di entusiasmo: “Noi abbiamo il pensiero di Cristo” (1Cor 2,16).

È questo il contributo che la Chiesa può offrire anche oggi ad una società che appare così bisognosa di sapienza. Essa volentieri sostiene il desiderio di promuoverla, contribuendo a dare profondità al vissuto, a tenere vivo il senso di responsabilità e quindi la dimensione etica del sapere, a far percepire la spiritualità come orizzonte unificante.

Di suo, la Chiesa ha da offrire il dono prezioso della fede in Cristo Gesù, che consente di condividere il suo sguardo sulla realtà, la sua conoscenza della verità, il suo amore per l’umanità. Questo consideriamo essenziale nella nostra missione di cristiani a favore del mondo di oggi.

A colei che è Sede della Sapienza, anzitutto perché si è fatta dimora del Verbo di Dio, sapienza eterna, ma anche perché di questa sapienza è divenuta partecipe in forza della sua fede, alla Beata Vergine Maria affidiamo il cammino della nostra Chiesa e di questa nostra città, invocando dal Padre che nei cieli ogni benedizione.

 + Pierantonio Tremolada