Milano/LondraNella sesta parte di questa inchiesta abbiamo reso pubblica la lettera “Personale e Riservata” che, a fine maggio, il Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita ha inviato al Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, indicando in “copia conoscenza” anche la Presidente dei Memores Domini.

Quel documento segna l’avvio formale della crisi tra Roma e il movimento. La contestazione nasce dall’ambito dei Memores Domini, ma la dinamica si allarga subito e finisce per investire l’intera realtà di Comunione e Liberazione: la lettera è il primo atto visibile di un processo che, di fatto, coinvolgerà tutto il movimento. Pian piano arriveremo a spiegare tutto.

È in questa chiave che va compresa la portata di ciò che stiamo ricostruendo: non un inciampo burocratico, ma l’emersione di una lotta di potere che, come Silere non possum ha già documentato nelle puntate precedenti, covava da anni e ha finito per travolgere proprio chi ne avrebbe pagato il prezzo più alto: non solo i diretti interessati, ma soprattutto gli appartenenti al movimento, legati da affetto e riconoscenza a don Luigi Giussani. Che esistesse un’area intenzionata a piegare il movimento a logiche politiche e ideologiche non era un mistero, nemmeno per don Carrón. Un conto, però, è il dissenso interno; un altro è costruire e diffondere una narrazione falsa per delegittimare una persona fino ad arrivare a cercare sponde a Roma, farla rimuovere e conquistare il potere, così da orientare il movimento secondo interessi e convenienze di parte. Non a caso, negli scorsi mesi qualcuno ha riconosciuto pubblicamente le proprie responsabilità davanti ai Memores Domini: “Non avrei mai pensato tutto questo, chiedo scusa”. Ma la ferita resta, e i danni prodotti nel tempo non si cancellano con un gesto tardivo. Se non ci si arresta e non si compie un vero passo indietro - fatto di verità, trasparenza e correzione delle dinamiche che hanno generato questa crisi, un vero e proprio tentativo di uccidere le persone - il rischio è che la compromissione diventi strutturale e che il movimento ne esca segnato in modo permanente.

Il carteggio che pubblichiamo oggi serve a comprendere che cosa è accaduto davvero. La verità non può spaventare chi agisce secondo ciò che vuole Dio, perché i nemici della verità non provengono da Dio. Chi non ha nulla da nascondere non teme la pubblicazione di documenti e fatti; a inquietarsi è soltanto chi ha interesse a lasciare nell’ombra qualche intrigo. Quelle considerazioni che vogliono scimmiottare un modo pseudo-clericale e sussurrano: “Non è meglio tacere e obbedire?”, nascono da chi, evidentemente, non ha compreso il Vangelo. Obbedire non significa sottomettersi in modo cieco e irresponsabile. Nella storia della Chiesa ci sono grandi martiri - Gesù stesso ne è un esempio - uomini e donne uccisi perché non hanno taciuto la verità. Oggi, prima di arrivare a uccidere, si tenta di farlo con la delegittimazione. E, come mostra la storia, continuiamo ad imparare molto poco. Con questa inchiesta, invece, seguendo un unico fine - raccontare ciò che è accaduto senza trattare i membri di Comunione e Liberazione come ebeti da “preservare” - ognuno potrà conoscere la verità. Poi, dopo averla conosciuta, ciascuno potrà accettarla e agire di conseguenza oppure rifiutarla: non è una scelta che riguarda noi, riguarda i singoli e la libertà di coscienza, di cui qualcuno negli ultimi anni si è riempito la bocca, salvo quando c’era da coprire i propri abusi.

Carrón chiede un confronto e arriva a Roma

Dopo aver ricevuto la comunicazione del cardinale Prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, don Julian Carrón chiede di poter discutere il contenuto direttamente con il cardinale Kevin Farrel. L’incontro avviene a Roma il 15 giugno; è lo stesso Carrón a richiamarlo nella sua risposta successiva, presentandolo come un “dialogo” concesso dal porporato.  Il 21 giugno 2018 Carrón mette, nero su bianco, quanto già spiegato al Prefetto. Il tono è istituzionale, rispettoso, costruito per sottrarsi alla logica dello scontro: dichiara di rispondere “per iscritto” alle richieste del 29 maggio e di approfondire quanto emerso nell’incontro del 15 giugno.

La scelta di allegare un Memorandum dimostra che, mentre il Dicastero ragiona per “segnalazioni”, “sentito dire” e interpretazioni sganciate dalla storia di CL, il Presidente tenta di riportare le contestazioni su un terreno verificabile: una ricostruzione documentale, schematica, che metta a fuoco con precisione i punti indicati dal Dicastero. Al centro, però, affiora anche una nota dolorosa: il sacerdote avverte che il protrarsi della vicenda rischia di generare “quanto meno sconcerto” nella vita della quasi totalità degli associati e nel cammino dell’Associazione.

Il contenuto del Memorandum: storia normativa e contestazione del “contrasto”

Nel Memorandum Carrón ricostruisce anzitutto la storia normativa che precede la lettera del Dicastero: richiama le modifiche statutarie del 2007 e sottolinea che nel 2008 e nel 2013 il Pontificio Consiglio per i Laici aveva nominato come Consigliere ecclesiastico dei Memores Domini il Presidente della Fraternità di CL, inserendo quella coincidenza nella logica del carisma e dell’immanenza dei Memores al Movimento (ne abbiamo parlato qui). Da qui la sua contestazione di fondo: l’idea di un contrasto tra Direttorio 2013 e Statuto non reggerebbe, perché lo stesso Statuto attribuisce al Consigliere un ruolo determinante nelle deliberazioni del Consiglio Direttivo; il Direttorio, nella lettura di Carrón, avrebbe dunque esplicitato un impianto già vigente, non introdotto un “eccesso”. Infine, Carrón affronta i punti più operativi - visitor e procedure di ammissione - rivendicando continuità e limiti di funzione, e respingendo la tesi di un centro di potere parallelo. Sullo sfondo resta il nodo più sensibile: la distinzione tra governo associativo e accompagnamento spirituale, con l’insistenza sulla tutela della libertà personale e della riservatezza, anche attraverso la possibilità di rivolgersi a sacerdoti liberamente scelti. Ciò che il Dicastero sembra non cogliere - o sceglie di non cogliere - è che molte osservazioni avanzate in nome di una “possibile commistione tra foro interno e foro esterno” (commistione che, come vedremo, gli stessi Memores e la Presidente dell’Associazione affermano non essersi mai verificata) descrivono, in realtà, prassi diffuse nella vita dei seminari in ogni parte del mondo. Le disposizioni contenute in quello Statuto e in quel Direttorio non introducevano un’anomalia, ma riprendevano pratiche e criteri che, in forme diverse, risultano presenti in molte realtà ecclesiali oltre alla specifica e peculiare realtà dei Memores così voluta da don Giussani. Eppure non risulta che, a fronte di tali prassi, il Dicastero abbia mai promosso interventi analoghi sulle Ratio o sul Codice con l’obiettivo dichiarato di rafforzare le tutele dei seminaristi.

Sconcerto nei Memores Domini

Quattro giorni dopo interviene anche Antonella Frongillo, nella sua qualità di Presidente dell’Associazione, proprio perché il Prefetto l’aveva resa parte della vicenda mettendola in copia conoscenza della lettera.

Frongillo si concentra soprattutto su ciò che il Consiglio Direttivo recepisce e vive, più che su una discussione astratta delle norme. Parla del “contraccolpo” e di una “enorme sorpresa”, insiste sulla natura vocazionale dei Memores e sulla loro immanenza al carisma di Comunione e Liberazione dentro il grande corpo della Chiesa. Ripercorre la continuità dalla figura del fondatore fino a Carrón e richiama esplicitamente le nomine del 2008 e del 2013. Nel merito ribalta l’impostazione del Dicastero: la presunta “posizione superiore” del Consigliere ecclesiastico viene descritta come legittima e vitale per la vocazione, con un riferimento diretto allo Statuto. Ma il passaggio più netto riguarda il linguaggio della contestazione: Frongillo dichiara lo “stridore” provato nel leggere l’ipotesi di “abuso grave di potere” riferita al ruolo di Carrón, che descrive invece come segnato da delicatezza e da un’attenzione costante a non prevaricare l’io.

Frongillo accetta il principio della vigilanza: riconosce il dovere del Dicastero. Ma introduce un elemento che pesa: le istanze arrivano da un gruppo “minoritario” rispetto alla totalità degli associati; non lo usa come argomento di aritmetica interna, lo indica come segnale di una lettura che rischia di non cogliere la concezione stessa della vocazione dei Memores. E qui resta una domanda che avrebbe dovuto porsi chi ha il dovere di vigilare per il bene della Chiesa: che cosa muoveva (e muove tutt’oggi) quel “gruppo minoritario”?È esattamente il punto che Silere non possum ha posto nella settima parte di questa inchiesta, e sul quale sarebbe stato più utile concentrare la vigilanza. La lettera si chiude con un atto di consegna: Frongillo interpreta la vicenda come occasione per chiarire con la Chiesa la natura della vocazione e si affida con affetto filiale. Frongillo e don Carrón, come i Memores, si muovono dentro questa fiducia: presuppongono le buone intenzioni del Dicastero e la maternità della Chiesa. Non immaginano di trovarsi davanti a una matrigna pronta a consegnare l’intero corpo dei figli a un gruppetto di ideologizzati e uomini di potere.

Le due risposte adottano registri differenti, ma convergono su un punto: la disponibilità a recepire e soddisfare le richieste dell’autorità ecclesiastica. È proprio qui che affiora lo snodo critico: la Chiesa non può considerare legittimo un assetto ieri (2007) e giudicare il medesimo assetto illegittimo oggi senza esplicitare criteri, motivazioni e passaggi. In entrambe le lettere si avverte uno sconcerto netto. Carrón, destinatario diretto della contestazione perché l’attenzione viene indirizzata esplicitamente alla sua persona e al suo operato, mantiene un registro più tecnico-istituzionale, anche alla luce di quanto emerso nell’incontro che si svolto presso il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, di cui resta un appunto conservato nel fascicolo su CL in piazza Pio XII. Frongillo, invece, concentra l’argomentazione sul profilo vocazionale, cercando di ricondurre i rilievi alla comprensione della vocazione dei Memores Domini. La sostanza, però, è comune: entrambi dichiarano di essere colpiti e sconcertati dalle contestazioni e, nello stesso tempo, si rimettono alle richieste dell’autorità, mettendo a disposizione documenti e argomentazioni per orientare i necessari passi successivi. È in questa doppia postura - sorpresa e obbedienza operativa - che il carteggio fissa il clima di quelle settimane. In parallelo, l’Associazione dei Memores Domini si attiva immediatamente sul piano concreto, intervenendo per modificare quanto viene richiesto.

d.E.V. e M.P.
Silere non possum