Milano - In occasione del Giubileo delle Comunicazioni Sociali, S.E.R. Mons. Mario Delpini, Arcivescovo di Milano, ha voluto dedicare una lettera agli operatori della comunicazione, riconoscendo il loro ruolo cruciale in un tempo di disorientamento culturale e crisi antropologica. Il suo messaggio si rivolge non solo ai professionisti del settore, ma anche a tutti coloro che, con vari mezzi e responsabilità, partecipano al racconto della realtà.
Il compito del comunicatore: custode dell’umano
Delpini non usa mezzi termini: viviamo in una società dove il racconto dell’umano è spesso distorto, semplificato, talvolta manipolato. In questo contesto, il comunicatore non può limitarsi a trasmettere informazioni, ma è chiamato a un compito più alto: essere custode dell’umano. L’Arcivescovo invita a cercare "la verità delle persone, non il clamore delle notizie", rifiutando l’atteggiamento predatorio che trasforma il dolore in spettacolo e la fragilità in merce.

L’etica della comunicazione
Mons. Delpini propone un’etica della comunicazione che si fonda su tre verbi: ascoltare, raccontare, condividere. L’ascolto è il primo passo per comprendere davvero l’altro, soprattutto i più fragili e silenziosi. Raccontare non significa costruire narrazioni artificiose, ma dare voce a ciò che merita di essere ricordato, anche se non fa notizia. Condividere, infine, è il gesto che restituisce umanità alla comunicazione: non una trasmissione unidirezionale, ma una relazione che costruisce comunità.
Un invito alla responsabilità
La lettera di Delpini è anche un invito alla responsabilità personale e collettiva. Ai giornalisti, ai blogger, agli influencer, ma anche agli educatori, ai sacerdoti e agli operatori pastorali, l'arcivescovo chiede di assumere uno sguardo rispettoso, di resistere alla superficialità e alla banalizzazione. La comunicazione, dice l’Arcivescovo, può essere un atto d’amore: non solo un mezzo per informare, ma un modo per generare speranza, per mostrare la bellezza anche nei frammenti di vita più nascosti.
La lettera di mons. Delpini non è solo un’esortazione, ma un richiamo profondo alla vocazione originaria del comunicare: creare ponti, non barriere; svelare l’umano, non sfruttarlo; cercare la verità, non il consenso. In un tempo in cui la voce più forte non è sempre la più vera, il suo appello suona come un invito profetico a ritrovare il senso e la dignità della parola.