È stato nominato da Papa Francesco quale nuovo vescovo di Columbus il 2 aprile 2022 ed è diventato il primo vescovo statunitense di origini indiane in servizio in una diocesi di rito latino degli Stati Uniti. Dal giugno del 2022 Earl Kenneth Fernandes è anche il più giovane ordinario diocesano degli Stati Uniti. Qualche malpensante in Vaticano disse: "Il Papa lo ha nominato probabilmente per fare un dispetto a quella Conferenza Episcopale ma gli ha fatto un enorme regalo". 

Dopo due anni alla guida della diocesi, Fernandes ha dato prova delle sue capacità pastorali. "Quando sono stato insediato come vescovo - ha dichiarato in una intervista - non c'erano ordinazioni sacerdotali nella nostra diocesi. Alla fine della mia ordinazione episcopale, avevo ironizzato con la congregazione dicendo che quest'anno sarebbero stati ordinati più vescovi che sacerdoti". Sono stati sufficienti due anni per vedere la situazione completamente capovolta. anche perché la situazione è totalmente cambiata: lo scorso anno sedici giovani sono entrati in seminario e quest’anno la Diocesi - che vanta anche un aumento del numero di fedeli - ne attende almeno un’altra dozzina.

Ma quali sono queste bacchette magiche o grandi piani e progetti pastorali che Fernandes ha importato? 

"Abbiamo scelto sacerdoti giovani perché si incontrino una volta al mese con i ragazzi e le ragazze della zona, per discernere la loro vocazione al sacerdozio secolare o alla vita religiosa e per leggere il libro di Fr. Brett Brannan ‘To Save a Thousand Souls: A Guide for Discerning a Vocation to Diocesan Priesthood,’ [Salvare mille anime: una guida per discernere la vocazione al sacerdozio diocesano]", ha detto. 
Sono stati organizzati inoltre dei ritiri intitolati "Quo vadis?" per gli studenti delle scuole superiori. "I giovani trascorrono tre giorni in preghiera, ascoltando testimonianze, parlando con sacerdoti che capiscono cos’è la formazione sacerdotale ma godono anche della fraternità per sperimentare che essa abbraccia molto più della preghiera, dello studio e del lavoro. Anche questo ha portato molti frutti”, riferisce ancora il vescovo. Inoltre, ha spiegato, “esortiamo costantemente le persone a pregare e digiunare per le vocazioni".

Il ministero episcopale oggi

Si tratta di un modo semplice di svolgere il ministero episcopale ma anche essenziale. Oggi non si può pensare di fomentare l'ego dei vescovi facendogli credere che devono essere vicino al popolo di Dio, implicati in tutte le questioni delle singole parrocchie. Non sarebbe possibile. Il primo compito del vescovo è essere pastore per i propri sacerdoti, ascoltarli, aiutarli, comprenderli e sostenerli. Non è un compito semplice ma è ciò a cui sono chiamati. Inoltre, l'impegno e l'attenzione per le vocazioni sacerdotali è un altro compito importantissimo per il vescovo, soprattutto in questo momento storico. 

A volte - in particolare con i vescovi recentemente nominati - ci ritroviamo pastori molto dediti ai gesti eclatanti ma sono riluttanti nei confronti del loro clero. Ci sono diocesi che hanno vescovi che vanno a suonare i tamburelli alle sagre, vescovi che cantano in piazza, vescovi che giocano a pallone. Se però si presenta loro un sacerdote in difficoltà sono pronti a chiamare il Vicario: "Vai, vai dal vicario". Questo accade perchè il popolo di Dio, spesso, è molto semplice e non porta problemi complessi come quelli che si ritrovano ad affrontare i parroci, i preti. Accontentare la vecchietta in parrocchia è molto più semplice, basta un sorriso ed una pacca sulla spalla; comprendere e aiutare il prete a volte per un vescovo diventa una vera e propria croce. Questo dipende da come vive il proprio ministero e quanto si fa influenzare dalle lotte e dalle divisione nelle quali molto spesso vengono incasellati sia i vescovi che i preti: modernista/tradizionalista, pro clero A/ pro clero B. Quando questo clima inizia a respirarsi i risultati si vedono nell'assenza di vocazioni, nel clero diviso e scontento e nell'assenza di attività comuni e di fraternità che siano realmente sentimento del presbiterio e non imposizioni dall'alto che giungono quasi come torture. 

Il rischio di perdere la bussola

In queste ore continuano a girare sui social e sulla stampa notizie di sacerdoti che lasciano la parrocchia, che si abbandonano all'alcool, ecc... Tutto questo deve interrogarci, prima di tutto come presbiterio, poi come comunità cristiana. Ci sta portando giovamento il modello di prete che abbiamo offerto al popolo di Dio e abbiamo preteso in seminario dai nostri alunni? Far credere al prete di essere un super eroe forse ci ha portato a dimenticare la natura umana del sacerdote e di tutte le sue necessità. Oggi sentiamo spesso parlare di burnout ma abbiamo, comunitariamente, preso in considerazione tutto questo? Burnout, depressione, ecc.. Sono tutti termini che spesso utilizziamo con troppa superficialità e anche il vescovo si trasforma in un amministratore che deve gestire una azienda, la quale, peraltro, sta avendo sempre più problemi. 

Si badi bene, in queste righe non ci sono soluzioni ma solo motivi di spunto. Siamo già certi che vi è chi legge queste righe pensando che "ci sono confratelli che non hanno voglia di far nulla, altro che burnout" oppure vescovi che pensano "eh, ci dessero la soluzione". Tutte considerazioni degne di nota, certamente abbiamo anche chi non ha fatto e non fa nulla di ciò che gli è richiesto ma anche in questo caso bisogna essere molto chiari con i vescovi. Non è scritto da nessuna parte e neppure può essere immaginabile che se in una parrocchia o in un ufficio qualcuno non lavora, allora il suo vice debba fare il suo e anche quello dell'altro. In questo modo non si fa altro che alimentare un sentimento di frustrazione del prete. Ci sono intere realtà dove vi è il viceparroco che diventa un factotum e il parroco boccheggia. Vi sono interi uffici dove i minutanti "smulano" e i capo ufficio non fanno nulla. Ci siamo abituati ad edulcorare queste ingiustizie, veri e propri abusi, dicendo:"Eh vabbè, le cose sono da fare, le facciamo per il Signore"No, non è questo che il Signore ci chiede. Unicuique suum. Quando il vescovo convoca deve tenere conto delle capacità e dei talenti che ogni singolo presbitero ha. Deve tenere in considerazione le sue aspirazioni, ambizioni, desideri ed anche le sue forze (psicologiche e fisiche). Per questo motivo le valutazioni in merito all'affidamento degli incarichi non possono essere fatte all'ultimo momento o con la tecnica del "tappabuchi". È molto meglio una comunità senza parroco piuttosto che una comunità con il parroco fantasma. La comunità senza parroco comprenderà cosa significa non avere il sacerdote e provvederà ad inginocchiarsi e a pregare, anche perchè molti laici hanno la sensazione che i preti li tiriamo fuori dal cilindro. Se non si prega, se non si investono energie, se non si organizzano incontri di qualità dove i giovani vedano preti FELICI, non arriveranno mai vocazioni! Mettiamocelo in testa! Se la soluzione è quella di inviare alle comunità dei preti fantasma che appaiono solo per la Santa Messa, per i sacramenti e poi sono costretti a correre come trottole non faremo altro che illudere le persone che tutto va bene così e porteremo il prete a svuotarsi completamente anche interiormente, a fargli perdere la bussola. 

Seppur c'è chi vuol far credere che questo è un sistema che funziona, vi assicuriamo Eccellenze e cari confratelli, che il Signore Gesù non ha mai chiesto ai suoi discepoli di sabotare sé stessi per "accontentare tutti". Quando Gesù sentiva il bisogno di salire sul monte, saliva. Quando Gesù sentiva il bisogno di stare con i suoi, lo faceva. Il modello del prete che arriva dappertutto ed è sempre reperibile abbiamo visto che è stato un fallimento. Se il prete non cura sé stesso non potrà poi curare l'altro. La dimostrazione l'abbiamo nei numerosi casi in cui - soprattutto dopo i quarant'anni - i nostri sacerdoti vanno in crisi. Si tratta di crisi che spesso non sono neppure evidenti ma che comunque portano ad interrogativi interiori, messe in discussione, ecc... Quando si è lavorato bene negli anni precedenti, soprattutto coltivando relazioni amicali profonde e che possano comprendere lo stile di vita del presbitero, allora si ha anche il modo di affrontare il momento di difficoltà, diversamente diventa molto molto difficile perchè tutto il castello crolla. La preghiera personale e comune, anche con i propri amici, poi, è un importante sostegno. 

Avendo ricevuto il Messaggio per la 61.ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni Mons. Fernandes ha detto: "Giuseppe era un uomo semplice, un marito, un padre putativo, che ha risposto alla chiamata del Signore. Così anche noi abbiamo tanti sacerdoti che dicono sì al Signore, dedicando la loro vita al servizio, alla donazione, offrendo alle persone la speranza, la speranza che viene dalla Santa Eucaristia, la speranza che viene dall'essere perdonati".

"L'idea è che essi, come gli apostoli, debbano proclamare la gioia del Vangelo", ha concluso. "Speriamo sinceramente che i nostri seminaristi abbiano un vero impulso missionario, in modo da poter essere la Chiesa che il Santo Padre Francesco ci chiama ad essere: una Chiesa in uscita".