Diocesi di Mantova

Nei giorni scorsi, il vescovo di Mantova, S.E.R. Mons. Marco Busca, ha richiesto alcune valutazioni e pareri riguardo all’“adeguamento liturgico” che ha personalmente avviato nella Cattedrale di San Pietro. Si tratta di un progetto che ha suscitato e continua a suscitare numerose polemiche, ed è quindi opportuno analizzarlo più da vicino.

A partire da domenica 1° dicembre 2024, infatti, il clero e i fedeli della diocesi si sono trovati di fronte a una Cattedrale profondamente trasformata. La decisione del vescovo Busca appare come il tentativo di imporre a uno spazio architettonico storico chiaramente definito una collocazione dei poli liturgici e una disposizione dei fedeli che gli sono del tutto estranei sia dal punto di vista architettonico che liturgico.

La collocazione dell’altare al di fuori del presbiterio, lo spostamento della cattedra a circa metà della navata, l’impiego del pulpito come ambone e, soprattutto, la nuova disposizione dell’assemblea appaiono in netto contrasto con l’identità storica e artistica della chiesa, trascurandone il valore architettonico e simbolico.

Nel corso dei secoli, la storia dell’architettura dimostra che la progettazione di una chiesa è un processo unitario, in cui ogni scelta architettonica risponde a un preciso equilibrio tra forma, funzione e significato.
Questo principio non esclude la possibilità di un adeguamento liturgico conforme alla riforma del Concilio Vaticano II, ma richiede che tale intervento sia il più possibile coerente con il genio architettonico dell’edificio, senza stravolgerlo. La collocazione sperimentale dell’altare contraddice completamente la logica architettonica della chiesa, ignorando deliberatamente la sua configurazione originaria, che assegna all’altare una centralità inequivocabile, evidenziata dalla cupola e dall’arco trionfale.

Sembra che gli autori del direttorio CEI abbiano previsto la possibilità che alcuni liturgisti potessero interpretare in modo rigido l’idea di altare come “centro della celebrazione liturgica”. Per questo motivo, sottolineano che: «La centralità dell'altare non va però intesa in senso letterale e statico, ma sacramentale e dinamico, e quindi l'altare non va collocato nel centro geometrico dell'aula, ma in uno dei suoi punti spazialmente eminenti» (L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica - Nota pastorale della Commissione Episcopale per la Liturgia). Nell’adeguamento dello spazio liturgico, è essenziale preservare la funzione originaria di ogni ambiente, evitando di destinarlo a usi impropri o estranei alla sua natura.
Nel nuovo assetto della cattedrale di Mantova, durante le celebrazioni solenni, si osserva la collocazione della Schola Cantorum all’interno del presbiterio storico. Questa scelta rappresenta una mancanza di rispetto per uno spazio che per secoli è stato custodito con particolare attenzione e riconosciuto come luogo di speciale venerazione.



Per sua natura, la cattedrale richiede che ogni intervento di adeguamento liturgico sia condotto con la massima attenzione, evitando scelte eccessivamente innovative nella collocazione e nello stile artistico dei poli liturgici, così come nella disposizione dell’assemblea, per non creare divisioni tra clero e fedeli. La particolare disposizione dell’assemblea adottata nell’adeguamento liturgico sperimentale della cattedrale di Mantova si ispira al modello del Communio-Raum (spazio di comunione). Sebbene inizialmente accolta con entusiasmo, la ricerca più recente sull’architettura liturgica ha evidenziato che questa configurazione risulta efficace soprattutto nella progettazione di nuove chiese pensate per comunità ristrette, ma presenta criticità quando applicata a edifici storici e celebrazioni con un’assemblea numerosa.

Non bisogna poi dimenticare che stiamo parlando della Chiesa Cattedrale. Nella sua Instructiones Fabricae et Supellectilis Ecclesiasticae, 1577, San Carlo Borromeo afferma che: «La cattedrale è il cuore della diocesi, luogo di formazione per il clero e di edificazione per i fedeli» e spiega: «Nulla nella cattedrale sia privo di significato; ogni ornamento, ogni spazio, ogni disposizione deve elevare il cuore a Dio».

Infine, tralasciando i veri costi di queste operazioni, resta il dubbio, tutt'altro che secondario, che alla base di queste operazioni vi sia il tentativo di sperimentare per il semplice gusto di farlo piuttosto che un'esigenza autenticamente sentita e condivisa dal popolo e dal clero locale. Il pericolo, infatti, è quello di voler piegare la Teologia alla propria visione liturgica. Il criterio di discernimento, come spesso ricorda lo stesso Papa Francesco, deve essere il “santo popolo di Dio”.

«Il credente di oggi, come quello di ieri, deve essere aiutato nella preghiera e nella vita spirituale con la visione di opere che cercano di esprimere il mistero senza per nulla occultarlo. È questa la ragione per la quale oggi come per il passato, la fede è l’ispiratrice necessaria dell’arte della Chiesa», afferma San Giovanni Paolo II. È per questo che abbiamo una enorme responsabilità anche in tal senso.

p.L.A. e F.P.
Silere non possum