Cardinal Angelo De Donatis has ordained 15 new deacons for the Diocese of Rome

“Questo mondo che ci odia è però lo stesso che ci supplica, come è successo a Paolo, chiamato in sogno da un cittadino macedone”. Sabato 13 maggio 2023, nella Basilica Cattedrale di San Giovanni in Laterano, il cardinale Angelo De Donatis, ha ordinato 15 diaconi: Michele Maria Corazza, Francesco Scavone, Lorenzo Vincenzo Colombo, Matteo Colucci, Adrian Martian, Renato Pani, Fabio Pulcini, Roberto Ibarra, Silviu Simionca, Nicola Pigna, Salvatore Plastina; , Rafael Malacrida, Andrea Borsani, Carlo Borsani e Simone Fontana.

“Venite ordinati il 13 maggio, giorno della prima apparizione di Maria a Fatima – ha detto De Donatis – L’umile serva del Signore che ha invitato i pastorelli alla preghiera e alla penitenza per i peccatori, vi aiuti ad essere servi per amore di Dio e dell’uomo”

Il servizio dei diaconi nella Chiesa è documentato fin dai tempi degli apostoli. Ne parlano anche i padri della Chiesa.

"Tu che sei pronto a vivere nel celibato: vuoi, in segno della tua totale dedizione a Cristo Signore custodire per sempre questo impegno per il regno dei cieli a servizio di Dio e degli uomini?" ha chiesto il cardinale agli ordinandi. Con l'ordinazione diaconale, infatti, questi futuri presbiteri si impegnano ad essere celibi per tutta la vita.

Si tratta di un momento particolarmente importante per la diocesi di Roma, chiesa che presiede tutte le altre nella carità. Questi giovani, che già da oggi sono a servizio delle parrocchie della diocesi, saranno poi ordinati presbiteri ed entreranno a far parte del presbiterio della diocesi del Papa.

L'ordinazione diaconale di questi 15 seminaristi è anche l'occasione per ribadire quanto è importante la preghiera per le vocazioni. La diocesi di Roma in questi anni ha accusato molto il calo delle vocazioni e la realtà del seminario diocesano ne è una dimostrazione. L'invito, quindi, è quello di tornare a promuovere l'adorazione eucaristica del primo giovedì del mese in tutte le comunità e chiedere al "padrone della messe che mandi operai alla sua messe".

S.I.

Silere non possum

Omelia di S.E.R. il Sig. Cardinale Angelo De Donatis

Riconoscete che solo il Signore è Dio: Egli ci ha fatti e noi siamo suoi.

C’è un mistero profondo che accompagna questo giorno con il rito dell’ordinazione diaconale. Tra poco, infatti, questi nostri fratelli potranno dire veramente: “Noi siamo Suoi”

Sì, saranno Suoi perché con il diaconato si entra in una condizione definitiva di appartenenza a Dio per il servizio nella Chiesa. Con il primo grado del sacramento dell’Ordine, infatti, si imprime in loro un sigillo che nulla potrà mai cancellare e che li configura a Cristo, che si è fatto «diacono», cioè servo di tutti. Oggi è un giorno di immensa Grazia che risplende anche nella bellezza di questa comunità riunita nella nostra cattedrale. In questo contesto di gioia, risuonano in noi le parole di Gesù, tratte dai discorsi dell’ultima cena, un’ora di grande intensità per il maestro e per i suoi discepoli.

Il Signore consegna il suo testamento: parla della casa del Padre e delle sue dimore; della Vite e i tralci; del comandamento più grande; dell’amore di Dio e dell’odio del mondo; dello Spirito e della comunità. I suoi amici lo ascoltano ma non capiscono; alcuni pongono domande, tutti hanno il cuore turbato. Di lì a poco lo abbandoneranno, lo lasceranno solo.

Nel brano di oggi c’è un evidente contrasto tra la logica del mondo e quella di Dio. Il mondo odia, non capisce, non vuole capire. Lo riscontriamo anche oggi, nel disorientamento e nella confusione di un cambiamento d’epoca. Probabilmente anche alcuni dei presenti o dei vostri coetanei, carissimi ordinandi, vi avrà riportato ciò che dice il mondo di voi: “Ma che significa che diventi diacono? Sei proprio sicuro? Veramente devi fare promessa di obbedienza? Cosa vuol dire il celibato? Ma non sarà una vita sprecata?”.

In un tempo in cui tutti vogliono primeggiare, voi prendete il posto degli ultimi… e questo il mondo non lo capisce. Vi viene dato un tesoro, dentro i vasi di creta che sono le vostre vite. Voi, infatti, come ha detto San Paolo, “non annunciate voi stessi, ma siete servitori a causa di Gesù”. Per questo il mondo è ostile, perché non ragiona con la logica del dono, ma del guadagno; per il mondo non esiste la parola “sacrificio”. Noi invece sappiamo che offrire in sacrificio una vita, un corpo, un’anima, tutto… significa rendere sacra la vita, il corpo, l’anima, tutto. È fare esperienza di fecondità che supera i limiti umani. Ricordate che Dio non vi ha scelti perché siete migliori degli altri: non è questo, solitamente, il suo criterio. Vi ha chiamati per rendervi capaci, con la sua Grazia, di chinarvi su questo mondo, così com’è.

Questo mondo che ci odia è però lo stesso che ci supplica, come è successo a Paolo, chiamato in sogno da un cittadino macedone. Il brano che abbiamo ascoltato è un passaggio molto significativo del libro degli Atti. Dopo aver portato il vangelo nell’Asia minore, ora l’Apostolo è invitato a “fare il salto” dell’evangelizzazione, cioè ad entrare nei paesi di lingua e di cultura greca, passando in Occidente. Quel grido: “Vieni in Macedonia e aiutaci” oggi è rivolto a voi. L’umanità di oggi chiede di essere aiutata. Alla parola “Macedonia” potete sostituire il nome, ad esempio, dei quartieri in cui si trovano le comunità dove siete stati inviati o qualsiasi altro posto in Italia e nel mondo dove presterete servizio. Anche all’inizio della vostra chiamata c’è stato sicuramente un sogno di felicità, di bene, di missione, che desidera pienezza di vita. Siate fedeli a quel sogno, perché quando è fatto con Dio si trasforma in realtà.

Il luogo dove Gesù pronuncia le parole del vangelo di oggi è il cenacolo, la sala al piano superiore, dove egli si offre e serve, soffre e ama fino alla fine. Il vostro servizio trova fonte e origine da quella sala di cui voglio ricordare tre momenti, uniti a tre segni legati al diaconato.

Il primo momento è il giovedì santo: il Cenacolo è luogo della Parola, dell’Eucaristia e della lavanda dei piedi. Se è vero che “un servo non è più grande del suo padrone”, è vero anche che questo padrone si è fatto servo chinandosi ai piedi dei fratelli. Quindi voi non farete semplicemente un servizio come tanti altri, ma sarete diaconi in Cristo diacono. Ascoltando la Parola, prima di proclamarla, e partecipando all’Eucaristia, troverete la fonte per vivere di carità, altrimenti rischiate di diventare funzionari del sacro senza avere un’anima. Insieme all’Eucaristia, l’impegno della preghiera e della Liturgia delle Ore sia per voi il primo servizio che offrite alla gente che vi verrà affidata.

A questo primo momento, uniamo il primo segno molto bello che potrete fare da oggi: il bacio dell’altare e del vangelo. È strano agli occhi del mondo, ma per noi è segno di amore concreto a Cristo che si offre e che parla. Non vergognatevi mai di questo amore. Sappiate amare i Sacramenti e la carità; la Chiesa e i poveri. Baciate i piedi di un mendicante come baciate l’altare. Baciate un fratello da ascoltare come baciate il vangelo.

Il secondo momento del Cenacolo è la Pasqua, l’Incontro con il Risorto. Oggi la gente ha sete di incontri veri, autentici, che trasformino la vita. In un’epoca di relazioni virtuali e illusorie, ricordatevi che essere cristiano non è una filosofia di vita o un’etica morale, ma un Incontro con una persona viva, presente, che stringe amicizia con noi. Siate testimoni del Risorto e siatelo nella gioia di chi sa di essere profondamente amato.

Da qui scaturisce il secondo segno che potrete fare da oggi. Come il Risorto offre la pace, voi ci inviterete a scambiarci il dono della pace, ma soprattutto sarete uomini di pace e di comunione, persone che guardano il volto dei fratelli piuttosto che guardare il telefonino o scrivere un messaggio.

Il terzo momento della sala superiore è infine la Pentecoste, l’esperienza forte dello Spirito Santo. I dodici sono andati a predicare dappertutto, ricordandoci che lo Spirito ci rende chiesa in uscita, chiamata a percorrere le vie del mondo, non temendo il mondo, ma conquistandolo con l’amore.

Il terzo segno che potete fare da oggi è proprio l’invito ad uscire, alla fine della liturgia, dicendo: “Andate in pace”. Queste parole siano accompagnate dal vostro primario impegno di portare il Vangelo nella vita. La più bella predica sia la vostra esistenza donata. Tra poco, consegnandovi il libro dei Vangeli, dirò: “Credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”

Per entrare nella sala del cenacolo bisogna salire, raggiungere le altezze di Dio. Ma per tornare a servire l’umanità occorre scendere, al piano terra, nell’umiltà e nell’autentica obbedienza di chi sa che d’ora in poi non si appartiene più. Allora chiedete l’umiltà, chiedetela in particolare quando alzerete il calice mentre il sacerdote, tenendo la patena, ci ricorda che tutta la nostra vita ha senso per Cristo, con Cristo e in Cristo.

Venite ordinati il 13 maggio, giorno della prima apparizione di Maria a Fatima. L’umile serva del Signore che ha invitato i pastorelli alla preghiera e alla penitenza per i peccatori, vi aiuti ad essere servi per amore di Dio e dell’uomo.

Allora come a Cana, sarete voi i diaconi pronti a versare il vino buono della festa, se farete sempre ciò che Gesù vi dirà.