Diocesi di Milano

«Diventa insopportabile immaginare un dio che non ascolta, non interviene, non ferma la mano assassina, non impone alle armi il silenzio e non regala alla terra il pane necessario e la pace irrinunciabile. Fino a quando? Fino a quando, Dio, te ne stai in silenzio?». Risuonano nel Duomo di Milano gli interrogativi dell'Arcivescovo Mario Enrico Delpini che nell'omelia della Santa Messa di Pasqua afferma: «Il desiderio del possesso può inquinare anche la devozione, come se la preghiera, la pratica religiosa fosse un modo di possedere Dio, di trattenere Gesù dentro le proprie attese, dentro le proprie pretese, dentro i propri schemi. Dov’è il corpo del mio Gesù?». Delpini ha presieduto il Pontificale alle ore 11 che è stato caratterizzato dal canto dei dodici Kyrie. «Ora - ha detto il presule - si forma la gente di Pasqua, la gente delle beatitudini, gli operatori di pace, che sono i figli di Dio. Ecco, a Pasqua è data la grazia di diventare figli di Dio, che costruiscono la pace camminando sulle strade percorse dal Figlio unigenito, Gesù di Nazaret».

1. Le domande dell’umanità smarrita.

Le domande dell’esasperazione s’aggirano per le strade del paese e diventano una specie di sfida. La gente infatti è stanca delle situazioni drammatiche, delle vicende tragiche di cui non si vede via d’uscita. Perciò si aggirano le domande dell’esasperazione: “Quando? Fino a quando? Quanto durerà ancora questo momento greve della storia dell’umanità? Signore, è questo il tempo nel quale ricostruirai il regno per Israele?”. Nella domanda dei discepoli seduti a tavola con Gesù risorto si concentra l’impazienza dell’umanità esasperata.

L’esasperazione degenera poi in disperazione di cui raccolgo il grido nelle carceri dove il regime si è fatto severo, nelle miserie dove le promesse si sono rivelate inganni, nelle emarginazioni dove i muri si sono fatti invalicabili. Fino a quando? Fino a quando?

L’esasperazione corrode anche la fede: diventa insopportabile immaginare un dio che non ascolta, non interviene, non ferma la mano assassina, non impone alle armi il silenzio e non regala alla terra il pane necessario e la pace irrinunciabile. Fino a quando? Fino a quando, Dio, te ne stai in silenzio?

Le domande del possesso s’aggirano per le strade del paese e sono come un cruccio, un tormento. Possedere diventa l’intenzione di un desiderio miope. Avere, poter toccare, sentirsi padrone. L’esperienza insegna che il possesso è una soddisfazione di breve durata. Eppure il desiderio di possedere, di trattenere per sé continua ad ardere come una aspirazione che dà motivo alla fatica, che promette se non la felicità, almeno un sollievo. Perciò l’umanità in lacrime domanda: “Come posso possedere? Dove, dove è il tesoro? Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”.

Il desiderio del possesso può diventare il ricatto che crea dipendenze: l’astuzia del maligno suggerisce di mettersi a servizio degli idoli, come fossero capaci di colmare il vuoto della vita con la rassicurante proprietà dell’oro, dei rapporti possessivi, delle apparenze.

Il desiderio del possesso può inquinare anche la devozione, come se la preghiera, la pratica religiosa fosse un modo di possedere Dio, di trattenere Gesù dentro le proprie attese, dentro le proprie pretese, dentro i propri schemi. Dov’è il corpo del mio Gesù?

2. Il fascino persuasivo della vita nuova.

Gesù assediato dalle domande dell’esasperazione e dalle domande del possesso rivela il fascino di una vita nuova. Visita le situazioni insopportabili. Non offre la soluzione invocata. Piuttosto affida la missione di essere protagonisti di una vita nuova. Ai suoi discepoli impazienti comanda di disporsi a ricevere lo Spirito Santo, promesso dal Padre, come un principio di vita nuova. Gesù si rivela principio di trasfigurazione della vita, delle situazioni drammatiche che affliggono l’umanità donando lo Spirito che rende capaci di vivere come ha vissuto lui, di morire come lui è morto, di partecipare alla vita di Dio in comunione con lui.

“Quando? Fino a quando, Signore?”. E Gesù risponde: ora siete convocati per rinascere a vita nuova! Ora disponetevi a essere uomini e donne ispirati da Dio per mettere mano all’edificazione della nuova umanità. Ora si forma la gente di Pasqua, la gente delle beatitudini, gli operatori di pace, che sono i figli di Dio. Ecco, a Pasqua è data la grazia di diventare figli di Dio, che costruiscono la pace camminando sulle strade percorse dal Figlio unigenito, Gesù di Nazaret. Noi, resi per grazia figli di Dio, siamo il popolo della Pasqua: quelli che bussano ai palazzi del potere per contestare il potere che vuole la guerra; quelli che visitano i luoghi della miseria per offrire l’amicizia per intraprendere una vita nuova; quelli che abitano i luoghi della desolazione, nelle carceri, nei ghetti della emarginazione, per testimoniare la vocazione di ogni uomo e di ogni donna ad avere stima di sé, a credere nella propria vocazione a una vita nuova.

Gesù raccoglie la domanda dell’umanità in lacrime che vorrebbe trovare un corpo morto, un possesso per riempire il vuoto e rivela a Maria di Magdala che non è più tempo di lacrime e di rimpianti, ma di missione e di gioia. Va’ dai miei fratelli a dire che comincia una nuova umanità. Comincia qui. Comincia da te.

Il mattino di Pasqua è illuminato dall’incontro con Gesù che raccoglie le domande dell’esasperazione e del possesso e vi semina la vocazione alla speranza, alla trasfigurazione della vita: la vita infatti è occasione per costruire la pace, per vivere e morire come lui stesso ha vissuto ed è morto, vivere e morire per amore.

+ Mario Enrico Delpini