Città del Vaticano - Martedì 29 aprile 2025, alle ore 17, nella basilica vaticana, il cardinale Mauro Gambetti ha presieduto la Santa Messa nel quarto giorno dei novendiali in suffragio di papa Francesco. La celebrazione, dedicata in particolare ai membri dei capitoli delle basiliche papali, si è svolta nel clima teso di questi giorni. “In modo particolare oggi sono rappresentate qui le quattro basiliche papali di Roma che Papa Francesco ha tanto amato”, ha dichiarato Gambetti con tono accorato all'inizio della Celebrazione. Ma a quell’affermazione, qualcuno ha trattenuto a stento un brivido, diventando rosso come gli zucchetti dei cardinali presenti. E come dargli torto? Se c’è qualcosa che Francesco ha fatto con i Capitoli delle Basiliche, è stato distruggerli. Altro che amore.

Il Capitolo di San Pietro

Partiamo da San Pietro, cuore della cristianità, dove Francesco ha concesso a Gambetti — suo braccio operativo — di smantellare l’antica istituzione del Capitolo, lasciandolo per ben quattro anni senza uno statuto regolare. Un vuoto normativo sapientemente orchestrato per permettere ogni tipo di abuso gestionale, economico, amministrativo e liturgico. Alla solennità di San Pietro del 2024, poi, ecco il pacchetto all inclusive di norme: un chirografo, un regolamento, uno statuto, un rescritto — un labirinto di carte che hanno trasformato il Capitolo in un gruppo di chierichetti precari, sacerdoti “di passaggio”, senza alcuna prospettiva, sradicati dalle proprie diocesi e costretti a vivere in uno stato di provvisorietà strutturale. Una riforma? No. Un colpo di mano. Del resto, a Francesco serviva mettere il naso nel patrimonio economico del Capitolo, null'altro. Erano finiti i tempi delle belle considerazioni sulla preghiera rivolte al Capitolo da Benedetto XVI. 

Il Capitolo di Santa Maria Maggiore

Santa Maria Maggiore non se la passa meglio. Anche da morto, il Papa è riuscito a distruggere il patrimonio artistico della Basilica. Negli anni aveva iniziato a preoccuparsi, anche lì, dei soldi di questi uomini che avevano ricevuto in donazione abitazioni, denaro e quant'altro dalle persone defunte che avevano a cuore questa istituzione che nasce come realtà di preghiera per sostenere l'attività sacramentale e liturgica delle Basiliche.  

Il 15 dicembre 2021 ha nominato Rolandas Makrickas quale commissario straordinario, con delega alla gestione dei beni del capitolo facendo riferimento a "le particolari complessità della gestione economica e finanziaria del Capitolo [...], acuite dalla diffusione della pandemia". Da lì il monsignore lituano "sé allargato", riferiscono i canonici, "e ha iniziato a mettere le mani dappertutto". Nel capitolo sono finiti personaggi chiacchierati che in Sicilia non volevano più e sono stati silurati monsignori che sono stati vittime di ragazzetti che li hanno raggirati e gli hanno svuotato i conti corrente. La Segreteria di Stato, in particolare Peña Parra, non ha aiutato questi sacerdoti anziani ma, anzi, li ha sanzionati. 

Il 20 marzo 2024, anche per questa antica istituzione, sono piovuti dallo stesso ufficio papale il regolamento del Capitolo, il chirografo di approvazione e il solito “rescriptum ex audientia” — quel meccanismo burocratico ormai abusato per sbarazzarsi della consultazione e imporre dall’alto ogni modifica. 

Agli altri non è riuscito a metter mano come avrebbe voluto ma a San Paolo fuori le mura ha agito con il suo stile: dopo l’udienza concessa il 12 marzo 2020, ha rimosso l’abate in carica e dopo ha convocato Arrigo Miglio per condurre una visita apostolica. Il risultato è stato disastroso: l’abbazia è entrata in una crisi profonda dalla quale difficilmente si risolleverà, anche perché come nuovo abate è stato nominato Donato Ogliari, che in questi anni è stato impegnato in viaggi — perfino in Mongolia, per incontrare vecchi compagni di studi — e cene, ma di stare in monastero non ne vuole sapere.

I cardinali: "Preferisco conoscere i miei confratelli"

Non è un caso, quindi, se anche questi novendiali stanno mostrando il segno del disagio. Già ieri, molti cardinali hanno elegantemente disertato la celebrazione presieduta da Baldassare Reina, irritati dal tono eccessivamente ideologico della sua omelia. Delle circa 220 sedie predisposte ieri, oggi ne sono rimaste 140, ma anche queste in buona parte vuote. “Preferisco andare a pregare sulla tomba di santa Caterina”, ha commentato senza mezzi termini un cardinale straniero dopo pranzo. Più di una voce ha sussurrato che è meglio incontrarsi a quattr’occhi e discutere fraternamente, piuttosto che perdere tempo dietro le omelie svagate di “cardinali usciti da qualche mese dall’asilo”.

E oggi, forse per evitare un’altra emorragia di presenze, Gambetti ha scelto la via del silenzio: niente frecciate, niente allusioni, solo qualche riferimento alle letture del giorno, giocando a fare il biblista, con un riferimento alle parole di Edith Bruck sulla morte di Papa Francesco così da compiacere Andrea Monda & Company. 

Ma il danno è fatto. L’eredità di papa Francesco si mostra qui in tutta la sua paradossale coerenza: ha smantellato ciò che diceva di amare, ha riformato distruggendo per poi ricostruire le medesime strutture ma con personaggi a lui affini, ha svuotato sotto il pretesto di rinnovare. E adesso, nei novendiali della sua memoria, le sedie vuote parlano più delle parole. Sia per quanto riguarda i cardinali, i quali stanno tentando di rimediare a dodici anni di Concistori negati, sia per quanto riguarda il Popolo di Dio che fa presto a dimenticarsi di chi ha acclamato solo per poter colpire la Sposa di Cristo. 

Chi ha orecchie per intendere, intenda.


s.L.A.
Silere non possum