The Pontiff announces a reform of the Vatican's criminal procedure. The Pope tries to calm the spirits of those who accuse him of holding political trials.
Sabato 12 marzo, il Sommo Pontefice ha inaugurato l'anno giudiziario. Un momento molto importante al quale però non è data la giusta attenzione. È il giorno in cui si tirano le fila dell'operato del sistema giudiziario e il Promotore di Giustizia spiega cosa è accaduto nei 365 giorni precedenti. Ques'anno l'attività è stata molta e complessa. Il Pontefice ha fatto un discorso molto interessante, bello, condivisibile ma che nella pratica non ha ancora trovato applicazione. Lo abbiamo detto più volte. Durante il suo intervento, Francesco ha detto:
Ulteriori esigenze di aggiornamento della normativa vaticana, soprattutto nell’ambito della procedura penale e della cooperazione internazionale, potranno trovare risposta in interventi mirati di riforma che già sono allo studio, al fine di rafforzare gli strumenti di prevenzione e contrasto dei reati e di rispondere alla crescente domanda di giustizia che si registra anche nel nostro Stato.
È chiaro che il Romano Pontefice abbia voluto rispondere alle numerose critiche che sono giunte a Santa Marta nei mesi scorsi. Diversamente da quanto afferma Alessandro Diddì, il quale vedremo nel corso del presente articolo non sa neppure di cosa parla, al Papa sono giunte numerose critiche da diversi organi per l'attività che ha messo in atto nel processo Sloane Avenue. Alcuni hanno sollevato forti perplessità per ciò che ha fatto in merito ai Rescritti ed altri hanno contestato la completa ignoranza delle norme di procedura penale da parte dei suoi collaboratori. Ebbene, Francesco ha voluto in questo momento solenne rispondere a tutti assicurando che c'è un progetto di riforma, quindi di non starnazzare troppo. Ma come per le riforme canonistiche, oltre Tevere ci si chiede sempre chi è che lavora a questi testi? Il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, in campo canonistico, non viene tenuto in considerazione da un pezzo, in ambito procedural penalistico a chi ci rivolgiamo? Facciamo fare le riforme ai sapienti professori italiani che hanno ribaltato l'ordinamento in questi anni?
Ci facciamo consigliare da un professore di procedura penale della Repubblica Italiana che non conosce la differenza fra presunzione di non colpevolezza e presunzione di innocenza? Vogliamo affidare queste riforme a un promotore di giustizia che nei suoi interventi parla solo e soltanto di Cassazione Italiana, Codice italiano e idiozie varie?
Le gaffe di Alessandro Diddì ormai sono argomento da pranzo e cena, in Vaticano. Ci ritroviamo a volte a cena con persone che, certamente rivestono un ruolo importante, ma, per quanto riguarda il diritto, proprio non gliene importa nulla. Durante questi conviviali e lauti banchetti, spunta sempre fuori l'imbarazzo degli ecclesiastici nei confronti di questi soggetti che parlano a nome dello Stato ma non capiscono neppure cosa sia questo Stato. Ma parliamo di questo avvocato e dell'ultimo discorso che ha pronunciato in udienza.
L'udienza del 01 Marzo 2022
Alessandro Diddì interviene il 01 marzo 2022 a seguito di una intensa giornata di contestazioni da parte dei difensori e inizia a dire una serie di inesattezze che definirle tali è quantomeno un complimento. Non solo il tono utilizzato non è assolutamente quello che si può permettere un rappresentante della pubblica accusa in uno Stato come quello Vaticano ma poi veramente tocchiamo livelli che la trasmissione Beautiful ci fa un baffo. L'intervento è iniziato con Diddì che lancia frecciatine alle difese, le quali ovviamente reagiscono e Pignatone, al fine di sedare gli animi, si mette a raccontare la sua vita passata da PM in Italia. Ora, va bene tutto, ma anche no. Il teatro lo facessero a casa loro. L'aula del tribunale è un luogo sacro e non può prestarsi a queste idiozie e protagonismi. Lì a processo ci sono persone che hanno famiglie e vite da difendere, ci sono principi della Chiesa che vengono giudicati da personaggi su cui molto ci sarebbe da discutere. Qualcuno dovrà pur dirlo a Francesco che non è questo il metodo, non sappiamo a cosa è abituato lui ma noi da nove anni ormai siamo stufi.
Diddì, forte della sua ignoranza completa delle norme canoniche, spiega che sui rescritti non si può discutere perchè il prof. Milano ha chiaramente spiegato che "Prima sedes a nemine iudicatur" e quindi, "per l'alta considerazione che gode nel mondo accademico", bisogna solo "abbassare la testa". Ora, tralasciando il fatto che noi non abbassiamo la testa davanti a nessuno se non a Dio Padre, non sappiamo se questo linguaggio è comune nel parlato dell'avvocato ma noi questo atteggiamento remissivo simil mafioso non lo abbiamo mai neppure pensato lontanamente. In secondo luogo, basta dare un'occhiata alla riflessione di Marco Felipe Perfetti per comprendere come quel principio si scoglie come neve al sole in merito al diritto vaticano. Scrive Perfetti:
In conclusione, con l’adesione ai trattati e alle convenzioni internazionali ogni Stato deve necessariamente autolimitarsi nella propria sfera d’azione e ciò è avvenuto anche per lo Stato della Città del Vaticano sia con la legislazione in materia di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, sia con la legislazione penale del 2013. Il Pontefice, quale sovrano dello S.C.V. esercita i suoi poteri supremi all’interno dello Stato nella duplice veste di sovrano spirituale e di monarca temporale. Quale Capo di Stato ed entro certi limiti il Romano Pontefice può autolimitarsi ed è quello che ha fatto in ragione di una più intensa cooperazione internazionale ed un più efficace perseguimento del bene comune.
Pertanto il prof. Milano non ha ben chiara la differenza fra i due ordinamenti. In secondo luogo se noi diamo un'occhiata alle opere canonistiche o di diritto vaticano in ambito accademico troviamo ben poco a firma del professor Milano. Ricerca nulla nel caso di Diddì. Non stiamo parlando di Giuseppe Dalla Torre, non parliamo di Picardi, che ha preceduto questi soggetti. Parliamo di persone che svolgono la loro attività di avvocati nello Stato Italiano e, così per diletto, sono stati chiamati a svolgere anche queste funzioni in Vaticano. Ma è lo stesso Diddì che dice: "io ho cercato all'interno del Codice, certamente è un Codice al quale noi tutti non abbiamo particolare, come dire, maneggevolezza perchè non lo applichiamo, o non lo abbiamo applicato per tanti anni come abbiamo applicato un altro Codice". Cioè, tu, promotore di giustizia aggiunto dello Stato della Città del Vaticano, stai dicendo che non hai maneggevolezza con quel codice? Perchè sei li? Cosa ci fai li? Sei un avvocato nella Repubblica Italiana? Torna lì e lì fai quel che ti pare ma non metterti a dire falsità sull'ordinamento vaticano.
Sono numerosi i giornalisti che si domandano: "ma quindi nell'ordinamento vaticano non si rispettano i diritti umani?" No! Nell'ordinamento vaticano sono rispettati tutti i diritti in maniera esemplare. Il problema sono questi soggetti che non stanno applicando il diritto vaticano, né quello canonico. Non hanno idea di cosa stiano facendo lì dentro.
La chicca di quella giornata è però nelle parole dell'avvocato Diddì che, in merito all'imputato Squillace dice: "la notifica la dovevamo fare noi. Quali sono le regole del codice? Ai sensi dell'articolo 113, quando è nota la residenza, il domicilio all'estero di un imputato si manda la raccomandata. Abbiamo mandato la raccomanda per invitarlo ad eleggere domicilio in Italia"
In Italia? L'elezione di domicilio in ITALIA? Il codice prevede l'elezione di domicilio presso la cancelleria del Tribunale. Dentro lo Stato della Città del Vaticano. Forse Diddì non ha chiaro che lo Stato Vaticano non è l'Italia? Dobiamo studiare un pò di diritto concordatario? Dobbiamo studiare il codice?
Non finisce qua, Diddì dice: "un codice vecchio, un codice illiberale, noi abbiamo cercato addirittura di renderlo ancora più garantista di quanto non lo sia". Il codice è considerato all'unanimità "il codice liberale" a impronta decisamente progressista rispetto al precedente codice del 1865. Le singolari accuse mosse da qualche studioso non trovano spazio almeno in Vaticano perchè le modifiche introdotte dai Pontefici lo hanno reso ancora più liberale. Ma sostenere che questo sia illiberale significa non averlo letto e neppure studiato. Questo era il codice del Regno d'Italia, l'avvocato italiano dovrebbe avere presente di cosa sta parlando.
Poi parla degli interrogatori. Sì, quegli interrogatori che si sono svolti nella caserma della gendermeria vaticana con i fucili come sfondo. Quelle "chiacchierate" come le definivano, inducendo i testimoni a pensare ad un qualcosa di amichevole. E arriva a dire cose che veramente ci fanno cadere i capelli dalla testa:
"il Codice del 1913 non prevedeva il difensore... che il difensore dovesse presenziare agli atti dell'interrogatorio, era previstosoltanto per le perizie, gli esprimenti, le perquisizioni domiciliari e le ricognizioni questi sono i quattro atti per i quali era previsto il difensore, siamo stati noi signor Presidente, noi dell'Ufficio à pretendere la presenza del difensore, quindi per rendere ancora più garantista la procedura".
Completamente falso. È come prendere un libro e leggere tre pagine, il resto lo ignoro. Cosa capirò di quel libro? Un bel niente. Diddì cita, davanti al presidente del tribunale che nulla dice, l'articolo 198 del codice di procedura penale. Lo riportiamo:
I difensori delle parti hanno diritto di assistere agli esperimenti giudiziali, alle perizie, alle perquisizioni domiciliari e alle ricognizioni, salvo eccezioni espressamente stabilite dalla legge.
Diddì però ha dimenticato di leggere numerose parti del codice. Pensiamo all'articolo 72 c.p.p.:
Durante l'istruzione, negli atti per i quali consentita l'assistenza della difesa, l'imputato può farsi assistere da un solo difensore, che sia avvocato o procuratore ammesso all'esercizio nei modi determinati dalla legge.
Oppure al 196 c.p.p. e al comma 1 dell’art. 26 della legge n. IX dell’11 luglio 2013. Studiare non sarebbe male. Loro vogliono rendere più liberare un codice che non conoscono? Stiamo freschi. L'utilizzo del termine garantista è poi simile a quelle etichette ecclesiastiche "tradizionalista", "modernista". Come se chi chiede un giusto processo, chi chiede competenza dovesse avere una collocazione fra "garantisti o giustizialisti". Ma dove siamo finiti? Tommaso lo avete mai letto? Avete idea di cosa sia LA VERITÀ?
Per non parlare delle numerose accuse di "ostruzionismo, abuso" rivolte alle difese non solo dal PdG ma anche dalle parti civili. Avvocati che non sanno neppure lontanamente cosa sia il diritto canonico, si mettono a pontificare in aula contro i difensori degli imputati. Imbarazzo totale a tal punto che lo stesso Pignatone deve intervenire e dire: "è opinione del Tribunale che non ci sia stata attività di abuso da parte delle difese" (pag. 77).
L'unica avvocato che ha conoscenza dell'ordinamento canonico (difensore di ASIF), appena ha tentato di spiegare come stavano le cose, il presidente l'ha tacciata severamente. Effettivamente la parte civile non ha certo il compito di fare una lezione all'interno del procedimento stesso ma c'è da dire che lì dentro c'è solo chi ha da imparare, Pignatone compreso.
L'ex presidente della Corte Costituzionale
Un altro illustre giurista che è andato in aula a dire duo o tre sciocchezze sul diritto canonico è l'ex presidente della Corte Costituzionale. Giovanni Maria Flick si è messo a pontificare in aula facendo una spiegazione magistrale che se l'avesse inserita in una sentenza della Corte Costituzionale staremmo freschi. Eppure vorremmo comunque attirare l'attenzione del lettore sul fatto che questi soggetti ogni giorno hanno deciso le sorti di molte questioni, se la loro competenza è come quella sul diritto canonico noi avremmo serie preoccupazioni per i cittadini italiani.
Dice Flick:
ritengo doveroso un richiamo dei poteri del Sommo Pontefice alla luce del diritto canonico e alla luce delle leggi vaticane. La potestà del Romano Pontefice è indicata proprio nel termine Santa Sede.
In primis vorremmo spiegare all'ex ministro che il governo della Chiesa Universale è esercitato dal Sommo Pontefice attraverso il collegio dei Vescovi, la Curia romana, il sinodo dei Vescovi e i Cardinali. Non dalla Curia Romana e basta (pag. 45). Detto questo, la potestà del Sommo Pontefice non ha proprio nulla a che vedere con il termine Santa Sede.
Bastino le parole di Giovanni Paolo II nella Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis: "Dopo l'accettazione, l'eletto che abbia già ricevuto l'ordinazione episcopale, è immediatamente Vescovo della Chiesa Romana, vero Papa e Capo del Collegio Episcopale; lo stesso acquista di fatto la piena e suprema potestà sulla Chiesa universale, e può esercitarla." Fine. C'è poi il canone 331 CJC che chiarisce in modo ancor più chiaro e dice: ""Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l'ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei vescovi, vicario di Cristo e pastore qui in terra della chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente".
In forza del suo ufficio. Cosa c'entra la Santa Sede? Semmai è la Santa Sede che ha determinati compiti in forza del mandato del Sommo Pontefice. Inoltre la potestà del Sommo Pontefice è ORDINARIA, se lo ricordi il giurista Flick (sempre pagina 45).
È chiaro che in questi soggetti non sanno ciò di cui parlano e tutto questo non fa altro che creare confusione assoluta. Ancora una volta, Francesco non è capace di assicurare ai propri fedeli la tutela di cui hanno diritto. Si mettono in atto processi completamente mancanti delle minime garanzie e si stravolge il diritto. Nulla di nuovo sotto il sole, anche la rimozione del vescovo di Arecibo a Porto Rico è la dimostrazione che le norme canoniche sono completamente inutili e non servono a nulla. Quando il Papa vuole fa', si è tornati al Papa Re. In ambito canonistico però, il Prima sedes nemine iudicatur è valido, quindi Roma locuta, causa finita est.
G.M.
Silere non possum
UDIENZA DEL 28 FEBBRAIO 2022