«Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c'è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita» scriveva San Leone Magno. Parole che sono risuonate in una cattedrale gremita. In questa notte santa S.E.R. Mons. Pierantonio Tremolada ha presieduto il canto dell'Ufficio Divino e la Santa Messa solenne nella Cattedrale di Santa Maria Assunta a Brescia.
Nell'omelia il vescovo si è soffermato innanzi al presepe osservando la Vergine Maria e si è chiesto quali potessero essere gli interrogativi che hanno abitato il cuore della Madre del Signore: «Tutto sembra molto semplice però dal punto di vista di Maria, la madre del Signore, non è così semplice tutto questo. Sicuramente lei si sarà interrogata, si sarà chiesta: “Ma come mai Colui che mi è stato annunciato come il Messia di Dio, che io ho portato nel grembo e la cui nascita è stata per me misteriosa perché non ho conosciuto Giuseppe, perché è lo Spirito Santo che ha operato - così ha detto l’Angelo del Signore - come mai colui che è così grande e mi è stato presentato con delle parole straordinarie - è stato detto di Lui che sarà il figlio dell’Altissimo, che il suo regno non avrà mai fine - come mai, dunque, nasce così? Come mai non nasce nella sua casa ma mentre sono in viaggio? Come mai nasce senza un alloggio degno di questo nome? Come mai nasce nel freddo di una grotta e viene deposto in una mangiatoia per animali?».
I segni di questo Dio che si fa carne ed ama i suoi figli - ha spiegato Mons. Tremolada - li possiamo vedere anche oggi. “Li vediamo nei cuori, nelle menti e nelle mani degli operatori di pace, dei miti, dei misericordiosi, di coloro che hanno il cuore puro, che non sono doppi. Vediamo i segni del suo amore in quanti hanno fame e sete di giustizia e difendono il diritto di tutti, in particolare dei più deboli. Di quanti sono felici di aiutare il loro prossimo, di dare da mangiare a chi ha fame, di dar da bere a chi ha sete, di assistere chi è malato, di visitare chi è in carcere, di consolare chi piange, di accogliere chi è disperso e anche diverso e di dare casa a chi non ce l’ha, di rialzare chi è caduto, di perdonare chi ci offende e di servire con umiltà”. Questo è ciò che è scaturito dalla rivelazione che Dio ha fatto di sé nel Natale di Cristo, in quella grotta dove tutto è così semplice, così povero, forse anche dovremmo dire così tenero. La tenerezza di Dio, però, non è qualcosa che ha che fare con la sdolcinatezza ma è qualcosa di molto potente. La tenerezza di Dio affronta ciò che nel mondo le si oppone in maniera totale, contraria».
Il vescovo Pierantonio celebra la Santa Messa di Natale con i detenuti della Casa Circondariale Sezione Reclusione Brescia "Verziano" alle ore 8.30 e il solenne pontificale alle ore 10 in Cattedrale.
Omelia di Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Pierantonio Tremolada
Vorrei anzitutto ringraziarvi perché siete qui a condividere con tutti noi, con me in particolare, questa celebrazione nella notte del Natale, poco prima della mezzanotte. Ci siamo introdotti a questa celebrazione, come avete notato anche con dei salmi che ci propone la liturgia proprio in questa occasione. Così questa celebrazione si allarga un pochino, ma diventa l’occasione per condividere davvero un momento importante di gioia e di preghiera.
Sappiamo che l’anima profonda del Natale va cercata nel mistero che ci rivela la fede cristiana e il nostro cuore è particolarmente legato a questa verità, non la perderemo mai. È vero si può avere del Natale anche una visione un po’ diversa o forse non avere una visione particolare, lasciando che questa corsa al consumo ci travolga un po’ tutti, ma noi non temiamo. In realtà il Natale ha una verità così profonda che non la perderemo mai. Certo dipende anche da noi ed è importante avere dei momenti dove fermarci un attimo e provare a entrare nel segreto del Natale così come ci viene presentato dalle Sacre Scritture e come amiamo rappresentare con il presepe.
Vorrei invitarvi a ritornare un momento sul brano che abbiamo ascoltato e che la liturgia ci propone sempre la notte di Natale ed è proprio il brano del racconto della nascita di Gesù. Da questo brano dipende la rappresentazione del presepe a cui siamo tutti abituati e che ci piace custodire, coltivare come tradizione.
Vorrei provare a rispondere ad una domanda. Sapete che nel presepe abbiamo le diverse statue, in particolare abbiamo Maria e Giuseppe che contemplano il bambino appena nato. La domanda che vorrei pormi con voi è: «Come ha vissuto la Madonna il momento in cui ha visto il bambino nato da lei posto nella mangiatoia? Che cosa avrà pensato? Quali sentimenti possiamo intravedere in lei, per poterli magari condividere e così dare al nostro Natale una maggiore e più intensa verità?
Il Vangelo secondo Luca ci racconta l’avvenimento della nascita di Gesù e in apparenza tutto è molto semplice. Dice così il testo: «Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo» Lc 2, 6-7.
Tutto sembra molto semplice però dal punto di vista di Maria, la madre del Signore, non è così semplice tutto questo. Sicuramente lei si sarà interrogata, si sarà chiesta: “Ma come mai Colui che mi è stato annunciato come il Messia di Dio, che io ho portato nel grembo e la cui nascita è stata per me misteriosa perché non ho conosciuto Giuseppe, perché è lo Spirito Santo che ha operato - così ha detto l’Angelo del Signore - come mai colui che è così grande e mi è stato presentato con delle parole straordinarie - è stato detto di Lui che sarà il figlio dell’Altissimo, che il suo regno non avrà mai fine - Come mai, dunque, nasce così? Come mai non nasce nella sua casa ma mentre sono in viaggio? Come mai nasce senza un alloggio degno di questo nome? Come mai nasce nel freddo di una grotta e viene deposto in una mangiatoia per animali?
Tutto questo non poteva non suscitare qualche domanda nella Madonna, la madre del Signore. È come se lei stessa si sentisse particolarmente addolorata nel vedere che Colui che era atteso come il Messia e il Salvatore del mondo - così come era stato annunciato e come vedremo tra poco sarà annunciato anche ai pastori. Lì, in questa povera grotta al freddo e scaldato soltanto dalle fasce che Maria, con la sua tenerezza di madre ha avvolto intorno al suo corpo.
In effetti, la risposta a queste domande - che probabilmente la Madonna condivideva anche con Giuseppe, non possiamo pensare che non ci sia un dialogo tra di loro – arriva dai pastori. Abbiamo ascoltato nel brano del Vangelo che c’erano dei pastori quella notte che stavano facendo la guardia alle loro greggi e che vivono un’esperienza straordinaria. Questa esperienza, i pastori, la raccontano a Maria quando vanno ad incontrare quel bambino che è stato anche a loro annunciato e Maria sente da loro qualcosa che la colpisce. I pastori, infatti, raccontano quello che hanno visto e che hanno sentito. Nel cuore della notte - abbiamo ascoltato nel brano del Vangelo di Luca - sono come avvolti da una luce ed un angelo parla loro:
«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» Lc 2, 10-11.
“Il Cristo”, dice l’Angelo, e i pastori erano degli ebrei, sapevano che questa parola era una parola importante. Il Cristo traduceva nell’ebraico la parola “Messia”, “l’atteso di Dio”, Colui del quale parlavano tutti i profeti e lo stavano aspettando tutti in Israele. Questi pastori, quindi, nella loro umiltà hanno il privilegio di ricevere l’annuncio che il Messia è nato. Rimangono colpiti da queste parole, da queste definizioni.
«Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» Lc 2, 12
Queste parole avranno certamente stupito anche i pastori. Come è possibile che il Salvatore, il Signore, il Messia di Dio, si trovi in una mangiatoia dentro una grotta?
Nonostante questi interrogativi, confidando nella serietà di quanto hanno ricevuto come annuncio, si mettono in cammino ed ecco che arrivano nella grotta, vedono il bambino nella mangiatoia e raccontano a Maria e a Giuseppe quello che hanno sentito, quello che del bambino è stato detto loro.
Vedete, una sorpresa dietro l’altra per chi si trova a vivere questa esperienza. C’è un contrasto che sembra paradossale, il contrasto tra una grandezza e una povertà, la grandezza di colui che è definito il Salvatore, il Signore, l’atteso delle genti che si presenta invece, in apparenza, in una condizione di estrema povertà, di grande fragilità, di grande debolezza. Che cosa ha capito dunque la Madonna a partire dall’esperienza che ha vissuto vedendo suo figlio, annunciato come Redentore del mondo, nascere così, nel freddo di una grotta e deposto in una mangiatoia senza neanche una culla dignitosa, senza i parenti che fanno festa?
Questo ci fa pensare perché ci introduce in quella che è stata allora l’esperienza della Madre del Signore. Che cosa ha capito, la Vergine, del mistero di Dio? Maria ha intuito che si è si era rivelata la grazia di Dio. Ha meglio compreso che Dio, da sempre, si rivolge all’umanità con affetto. Non dimentichiamo che i pastori avevano ascoltato il canto degli angeli e diceva così:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» Lc 2, 14.
Una volta quando eravamo ragazzi sentivamo un’altra traduzione: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà» e pensavamo che la pace fosse destinata agli uomini che avevano una buona volontà e invece non è così. Pace in terra agli uomini della buona volontà di Dio, è Lui che ha la buona volontà verso l’umanità, è Lui che ama l’umanità e questo è il grande segreto che ci è stato consegnato. Questo, dunque, è ciò che Maria comprende in maniera più profonda: Dio si rivolge all’umanità con affetto, Dio fa grazia ed ha piacere di salvare, Dio manifesta la sua forza non con la violenza ma con la mansuetudine, Dio ama perdonare e accetta anche di essere respinto - non l’hanno accolto in nessun albergo - ma Egli non smette di amare anche chi gli è ingrato e lo respinge. Dio non teme la povertà, ma anzi la preferisce alla ricchezza. Inoltre, la Madonna capirà meglio, in seguito, che il freddo della grotta di Betlemme anticipava l’ostilità del calvario. Anche il calvario è una roccia, una specie di grotta, e il legno inospitale della mangiatoia preparava il legno doloroso della croce ma comunque alla nascita di Gesù nella sua morte, l’ultima parola ce l’ha l’amore di Dio per l’umanità. Questo amore è fedele e non verrà mai meno.
Potremmo domandarci: “Dove vediamo i segni di questo amore fedele di cui la Madonna ha intuito la grandezza?” Credo che si debba dire: “Lo vediamo anche oggi - nonostante le turbolenze della società attuale - nei cuori, nelle menti e nelle mani degli operatori di pace, dei miti, dei misericordiosi, di coloro che hanno il cuore puro, che non sono doppi. Vediamo i segni del suo amore in quanti hanno fame e sete di giustizia e difendono il diritto di tutti, in particolare dei più deboli. Di quanti sono felici di aiutare il loro prossimo, di dare da mangiare a chi ha fame, di dar da bere a chi ha sete, di assistere chi è malato, di visitare chi è in carcere, di consolare chi piange, di accogliere chi è disperso e anche diverso e di dare casa a chi non ce l’ha, di rialzare chi è caduto, di perdonare chi ci offende e di servire con umiltà”. Questo è ciò che è scaturito dalla rivelazione che Dio ha fatto di sé nel Natale di Cristo, in quella grotta dove tutto è così semplice, così povero, forse anche dovremmo dire così tenero. La tenerezza di Dio, però, non è qualcosa che ha che fare con la sdolcinatezza ma è qualcosa di molto potente. La tenerezza di Dio affronta ciò che nel mondo le si oppone in maniera totale, contraria.
Qual è, dunque, l’augurio che vorrei rivolgervi? Questo Natale sia, innanzitutto, qualcosa che accade dentro di noi, una rinascita interiore. Nel segreto del cuore si celebra il Natale aprendo il proprio mondo interiore a quella Grazia che è apparsa a Betlemme e che la Madre del Signore ha contemplato. A lei, a questa madre che è anche madre nostra, noi ci affidiamo. Lei ha conosciuto la Grazia di Dio e sia anche per noi, questa grazia, la sorgente della nostra gioia.
+ Pierantonio Tremolada