Città del Vaticano Questa mattina papa Leone XIV ha ricevuto in udienza privata il cardinale Robert Sarah, prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. L’incontro richiama l’attenzione su una delle figure più note e al tempo stesso più controverse della Chiesa degli ultimi decenni. Se con il cardinale Burke papa Francesco aveva mantenuto nel tempo alcuni sporadici incontri, con Sarah non si erano più registrate udienze nel Palazzo Apostolico. Per questo la ricezione odierna segna un fatto significativo: dopo molti anni di assenza, il porporato guineano è tornato a varcare la soglia del palazzo. 

Un percorso ecclesiale denso di significati

Nato nel 1945 in Guinea, Sarah ha attraversato vicende personali e storiche che riflettono la complessità della Chiesa africana nel Novecento. Ordinato sacerdote nel 1969, fu nominato arcivescovo di Conakry a soli 34 anni, ereditando un contesto segnato da persecuzioni religiose e da un regime autocratico che tentava di sottomettere la Chiesa al potere politico. La sua voce, ferma e indipendente, gli valse il rispetto di molti. Negli anni successivi Giovanni Paolo II lo chiamò a Roma, affidandogli incarichi di rilievo nella Curia, fino alla nomina a cardinale nel 2010. Nel 2014 fu papa Francesco ad affidargli la guida del dicastero che si occupa della liturgia, senza forse considerare che Sarah proveniva da contesti in cui la fede si vive in modo semplice ma profondo, e che la sua visione della liturgia era tutt’altro che allineata con le prospettive del Pontefice. 

Il 20 febbraio 2021 papa Francesco accettò la sua rinuncia all’incarico di prefetto, dopo quasi sei anni alla guida del dicastero. I rapporti con il Pontefice non erano distesi, nonostante Sarah abbia continuato a risiedere in piazza della Città Leonina.

Il peso delle scelte e delle appartenenze

Accanto a questo percorso, tuttavia, si staglia l’altra faccia della sua storia: quella che lo ha visto progressivamente risucchiato da gruppi e circoli di pseudo-tradizionalisti che, sotto il vessillo della difesa della fede, hanno finito per trasformare il Vangelo in un’arma ideologica. Emblematica fu la vicenda del libro Dal profondo del nostro cuore (2020), che coinvolse anche Benedetto XVI: un’operazione editoriale segnata da ambiguità, dove Sarah preferì lasciarsi strumentalizzare da alcuni laici che perseguivano logiche economiche ed ideologiche, piuttosto che mantenere la chiarezza di una fedeltà al successore di Pietro.

Il dramma di un certo modus agendi

Il caso di Sarah non è isolato: è la parabola di molti cardinali che, pur avendo reso grandi servizi alla Chiesa, sono diventati il vessillo di movimenti ideologici che nulla hanno di autenticamente cattolico. Si tratta di realtà che spesso mescolano riferimenti evangelici a interessi molto più terreni, economici e politici. È il grande dramma di uomini anziani che, invece di segnare con libertà l’ultima stagione della loro vita ecclesiale, si lasciano inghiottire da circuiti che li usano come bandiere. Se non fosse stato per il suo legame con l’Opus Dei, Sarah sarebbe probabilmente finito nelle mani di personaggi ben poco raccomandabili che gravitano attorno a via dell’Arco del Monte, e il suo rapporto con papa Francesco avrebbe potuto imboccare una deriva ancora più negativa.

Uno sguardo necessario

L’udienza con Leone XIV si inserisce in quella lunga sequenza di richieste che ogni giorno affollano i telefoni e i computer dei collaboratori più stretti del nuovo Pontefice. Tra chi scalpita per essere ricevuto, chi si improvvisa interprete di ogni sua decisione e chi arriva persino a tagliare e incollare frasi estrapolate dall’ultima intervista, Leone XIV sceglie un’altra via: ascolta tutti. Non si lascia trascinare dalle pressioni di chi vorrebbe orientarlo secondo interessi personali; prende nota di ogni cosa, ma mantiene la sua rotta.

Il Papa è perfettamente consapevole — e lo ha fatto capire chiaramente già a luglio, nell’intervista concessa a Elise Ann Allen — che molti bussano alla sua porta con l’intento di spingerlo a marcare una distanza dal suo predecessore. «Ci sono incontri che si riducono a un continuo rivangare gli anni passati. Tutto vero, sia chiaro: se si tolgono i risentimenti personali, ciò che viene detto corrisponde ai fatti. Ma non è questo il punto. Non si può pretendere che il Papa si pronunci sul predecessore: non sarebbe opportuno. Leone XIV farà le sue scelte, prenderà posizione con i suoi atti, ma non si deve immaginare che dica: “Da oggi, eminenza, lei diventa il mio primo collaboratore”. Sarebbe impensabile. E la cosa dice molto su una parte del Sacro Collegio che ha smarrito quella consapevolezza del proprio ruolo che i predecessori custodivano. Si proclamano paladini della tradizione, ma non si accorgono che la tradizione si difende anche evitando di farsi strumentalizzare», confida un chierico nel cortile del Belvedere, mentre le auto lasciano lentamente il palazzo.

Sono eventi che ci invitano anche a guardare con lucidità alle contraddizioni di una stagione ecclesiale in cui figure come il cardinale Sarah, pur dotate di carisma e di una forte esperienza pastorale, rischiano di diventare strumenti nelle mani di chi concepisce la fede come militanza ideologica. La vera sfida, oggi più che mai, è che i cardinali e i pastori della Chiesa sappiano prendere distanza da ambienti settari, per tornare a mostrare al popolo di Dio il volto libero e autentico del Vangelo.

d.E.V.
Silere non possum