Venerdì 1 novembre 2024, solennità di Tutti i Santi, l'Arcivescovo Mario Enrico Delpini ha presieduto il Solenne Pontificale nel Duomo di Milano. «Perché la gente preferisce essere triste, invece che lieta?», si è domandato il presule. E ha detto: «Perciò sono proclamati beati i poveri, quelli che non possono comprare la felicità, perché la possono ricevere; perciò sono beati quelli che piangono, perché possono solo confidare nel consolatore; perciò sono beati gli assetati e gli affamati di giustizia, perché hanno un terribile bisogno di giustizia e non possono procurarsela se non con una ispirazione e una fortezza che viene dall’alto. L’esperienza dell’essere amati, dell’essere chiamati, del ricevere gratuitamente il perdono e la salvezza è l’evento e la strada della felicità. Anche se sembra intollerabile alla sensibilità formata dalla presunzione di essere padroni di sé e del proprio destino, la via della grazia è la via degli umili, delle persone libere, della verità».
Omelia dell'Arcivescovo
1.L’enigma.
Perché la gente preferisce essere triste, invece che lieta?
Perché preferisce essere disperata, invece che fiduciosa?
Perché gli uomini, le donne, i giovani gli anziani preferiscono essere rassegnati invece che audaci e sognatori?
Perché preferiscono chiudersi in una solitudine desolata, invece che partecipare alla festa e cantare e danzare?
Perché sulla bocca degli uomini è più popolare il lamento e l’infelicità, invece che il cantico dell’esultanza?
2. Il sigillo del Dio vivente
Gli uomini, a quanto pare, preferiscono una infelicità costruita con le proprie mani, piuttosto che ricevere il dono della gioia; preferiscono illudersi di essere padroni di sé stessi e della propria vita, a costo di essere soli, piuttosto che accogliere l’invito alla comunione in cui riconoscersi figli grati. Nella presunzione di essere liberi, autosufficienti, padroni del proprio destino preferiscono il “marchio della bestia” al “sigillo del Dio vivente”.
Ecco la gioia si può solo ricevere in dono, l’infelicità invece è opera delle mani dell’uomo.
3. Quale sarà, dunque, la via verso la felicità?
3.1 Una cosa sola è quella necessaria: accogliere la grazia!
Perciò sono proclamati beati i poveri, quelli che non possono comprare la felicità, perché la possono ricevere; perciò sono beati quelli che piangono, perché possono solo confidare nel consolatore; perciò sono beati gli assetati e gli affamati di giustizia, perché hanno un terribile bisogno di giustizia e non possono procurarsela se non con una ispirazione e una fortezza che viene dall’alto. L’esperienza dell’essere amati, dell’essere chiamati, del ricevere gratuitamente il perdono e la salvezza è l’evento e la strada della felicità. Anche se sembra intollerabile alla sensibilità formata dalla presunzione di essere padroni di sé e del proprio destino, la via della grazia è la via degli umili, delle persone libere, della verità.
3.2.La gratitudine diventa il cantico della moltitudine immensa.
La grazia che salva, il sigillo del Dio vivente non è un privilegio solitario, non scrive una storia individuale. È invece l’introduzione nella moltitudine immensa, che nessuno può contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Il cantico dei redenti si può cantare solo insieme con il popolo santo di Dio. Ecco dove il dono della gioia può essere accolto: nella comunità che canta, nella fraternità che pratica la carità. La pratica del servizio è insostenibile per chi pretende di essere servito. Eppure solo la dedizione a servire è il terreno propizio in cui il seme della gioia produce frutto. La pratica del perdono è impensabile per chi vuole farsi valere con la violenza della vendetta e vuole difendersi con la rabbia e l’aggressività. Eppure solo lo stile della mitezza e l’operare per la riconciliazione e la pace sono le opere che consentono di sperimentare la gioia di Dio.
3.3.Il sigillo del Dio vivente espone al risentimento del mondo.
Non ricevono l’applauso del mondo coloro che si riconoscono per il sigillo del Dio vivente; non hanno la garanzia del successo quelli che decidono di vivere secondo il comandamento di Gesù. Per loro, infatti, per loro che fanno il bene, il mondo prova antipatia. I discepoli di Gesù abitano il mondo con il segno della fraternità, ma i fratelli li rifiutano come stranieri, li vogliono cacciare via, come un fastidio, come una insopportabile contestazione, come una fastidiosa profezia.
E proprio nella persecuzione i discepoli sperimentano che tutto concorre al bene per coloro che amano Dio fino a ricevere il messaggio imprevedibile e paradossare della gioia: rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
In conclusione, coloro che preferiscono essere lieti e fiduciosi, invece che tristi e disperati, ricevono la testimonianza della via praticabile verso la gioia proprio in questo giorno di festa. Tutti coloro che sono giunti alla meta del cammino verso la felicità attestano come testimoni credibili che questa è la via:
- Ricevere la grazia, perciò la riconoscenza
- Condividere il cantico dell’esultanza, perciò la Chiesa
- Passare attraverso la grande tribolazione, perciò la missione.