Anglicans celebrate at the altar of St John Lateran

Felipe Perfetti - Video - 

“Profondo rammarico”, ha espresso, con una nota, il Capitolo Lateranense, in riferimento alla celebrazione eucaristica di cinquanta ‘presbiteri’ anglicani guidati dal ‘vescovo’ Jonathan Baker all’interno della cattedrale del Papa.

Martedì 18 aprile 2023, all’interno della Papale arcibasilica maggiore cattedrale arcipretale del Santissimo Salvatore e dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista in Lateranoè stato permesso agli appartenenti alla diocesi anglicana di Fulham di celebrare la propria liturgia sull’altare della cattedra. 

Nelle ore successive hanno iniziato a circolare le foto e i video di questa celebrazione i fedeli ne sono rimasti profondamente scandalizzati.

“Per stabilire dovunque fino alla fine dei secoli questa sua Chiesa santa, Cristo affidò al collegio dei dodici l’ufficio di insegnare, governare e santificare. Tra di loro scelse Pietro, sopra il quale, dopo la sua confessione di fede, decise di edificare la sua Chiesa; a lui promise le chiavi del regno dei cieli e, dopo la sua professione di amore, affidò tutte le sue pecore perché le confermasse nella fede e le pascesse in perfetta unità, mentre egli rimaneva la pietra angolare e il pastore delle anime nostre in eterno”, scriveva il santo pontefice Paolo VI nel decreto conciliare Unitatis redintegratio.

Proprio sul primato di Pietro, la confessione cristiana d’Inghilterra ha riscontrato i propri problemi con Roma. Per questo motivo, seppur in determinate circostanze può essere concesso l’utilizzo di chiese cattoliche anche ad altre confessioni, non sembra affatto opportuno farlo nella cattedrale del vescovo di Roma. Anche da parte anglicana, infatti, è una contraddizione abbastanza evidente.

La celebrazione

Il comunicato firmato da S.E.R. Mons. Guerino Di Tora afferma che il tutto è avvenuto per via di un difetto di comunicazione. È chiaro, però, che ci sono delle responsabilità. In primis, questo gruppo di ‘sacerdoti’ dovrebbe essere a conoscenza che il canone 900 CJC non ammette che l’Eucarestia venga celebrata da un ministro che non è stato validamente ordinato. In secundis, qualcuno deve aver autorizzato e fornito i paramenti e quant’altro.

“Itaque omnibus Pontificum Decessorum in hac ipsa causa decretis usquequaque assentientes, eaque plenissime confirmantes ac veluti renovantes auctoritate Nostra, motu proprio certa scientia, pronunciamus et declaramus, ordinationes ritu anglicano actas, irritas prorsus fuisse et esse, omninoque nullas”, scriveva Leone XIII nella lettera Apostolicae Curae.

“Le ordinazioni compiute con il rito anglicano sono state del tutto invalide e sono assolutamente nulle – scriveva il Pontefice, ed aggiungeva “Noi poi decretiamo che la presente lettera, con tutte le cose in essa contenute, non potrà mai in nessun tempo essere censurata o impugnata per vizio di surrezione o di orrezione o di intenzione Nostra, o per un qualsiasi altro difetto; ma che sarà ed è sempre valida e in vigore, e che deve essere osservata infallibilmente da tutti, di qualsiasi grado e onore, nel giudizio e fuori; dichiarando anche invalido e nullo se mai capitasse che fosse portato contro di essa un attacco, consapevolmente o inconsapevolmente, da chiunque e con qualsiasi autorità o pretesto, nonostante qualsiasi cosa contraria”. 

Nulla è cambiato quindi. Chiarissimo, sul tema, è Benedetto XVI il quale scrisse: “Non può esserci un dialogo a prezzo della Verità; il dialogo deve svolgersi nella Carità e nella Verità”.

Nel settembre 2005, in vacanza in Valle d’Aosta, Ratzinger disse: «D’altra parte questa unità non significa quello che si potrebbe chiamare ecumenismo del ritorno: rinnegare cioè e rifiutare la propria storia di fede. Assolutamente no! Non significa uniformità in tutte le espressioni della teologia e della spiritualità, nelle forme liturgiche e nella disciplina. Unità nella molteplicità e molteplicità nell’unità: nell’omelia per la solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, lo scorso 29 giugno, ho rilevato che piena unità e vera cattolicità nel senso originario della parola vanno insieme. Condizione necessaria perché questa coesistenza si realizzi è che l’impegno per l’unità si purifichi e si rinnovi continuamente, cresca e maturi.

A questo scopo può recare un suo contributo il dialogo. Esso è più di uno scambio di pensieri, di un’impresa accademica: è uno scambio di doni (cfr “Ut Unum Sint”, n. 28), nel quale le Chiese e le Comunità ecclesiali possono mettere a disposizione i loro tesori (cfr “Lumen Gentium”, nn. 8; 15; “Unitatis Redintegratio”, nn. 3; 14s; “Ut Unum Sint”, nn. 10-14).

È proprio grazie a questo impegno che il cammino può proseguire passo passo fino a quando, come dice la Lettera agli Efesini, finalmente arriveremo “tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ef 4, 13)».

Rispetto nella diversità

“La diversità liturgica può essere fonte di arricchimento, ma può anche provocare tensioni, reciproche incomprensioni e persino scismi. In questo campo è chiaro che la diversità non deve nuocere all’unità. Essa non può esprimersi che nella fedeltà alla fede comune, ai segni sacramentali, che la Chiesa ha ricevuto da Cristo, e alla comunione gerarchica. L’adattamento alle culture esige anche una conversione del cuore e, se è necessario, anche rotture con abitudini ancestrali incompatibili con la fede cattolica”, scriveva San Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Vicesimus Quintus Annus.

Seppur il cammino ecumenico deve portarci sempre più verso l’unità, dobbiamo essere consapevoli “che l’essere in cammino insieme è un tipo di unità” e per questo non bisogna rinnegare la propria posizione per sembrare “più buoni”. Chiaramente ci sono delle questioni che prima vanno risolte e poi si potrà giungere ad una piena comunione.

Allo stesso tempo bisogna stigmatizzare il comportamento di coloro che, dicendosi cristiani, insultano questi fratelli. Lo stesso Leone XIII scriveva: “Certamente la madre chiesa li accoglierà con gioia specialissima e li abbraccerà con ogni bontà e con ogni cura”. La loro partecipazione a conferenze nei seminari o ad incontri con porporati, pertanto, non è affatto scandalosa. Anzi.

È anche falso riferire che il ‘vescovo’ si sia seduto sulla sede riservata al Pontefice. Come si vede chiaramente dalle foto, Baker ha presieduto da una sede appositamente predisposta.

Attenzione e prudenza

Questo spiacevole episodio deve sensibilizzare, in particolare modo la diocesi di Roma, alla richiesta del celebret a tutti i presbiteri che vogliono celebrare nelle Chiese dove non sono conosciuti. Il canone 903 del Codice di Diritto Canonico recita: “Un sacerdote sia ammesso a celebrare anche se sconosciuto al rettore della Chiesa, purché esibisca la lettera commendatizie [celebret] del suo Ordinario o del suo Superiore, data almeno entro l’anno, oppure si possa prudentemente ritenere che non sia impedito di celebrare”. 

È bene, quindi, richiederlo sempre anche perchè nell’Urbe è molto frequente che vi siano soggetti che si aggirano con abiti clericali pur non essendo validamente ordinati. 

S.I.

Silere non possum