The Bishop of Pavia celebrated the funeral of Bishop Giovanni Giudici

Lunedì 22 gennaio 2024 nel duomo di Santo Stefano protomartire e Santa Maria Assunta a Pavia, S.E.R. Mons. Corrado Sanguineti ha presieduto le esequie di S.E.R. Mons. Giovanni Giudici, vescovo di Pavia dal 2003 al 2015.

Nella sua omelia Sanguineti ha ricordato: «Il vescovo Giovanni che oggi accompagniamo nel suo transito da questo mondo al Padre, è stato innanzitutto un uomo credente, che ha custodito e vissuto la sua fede, giorno dopo giorno».

Ricordando le parole del vescovo Giudici affidate al proprio testamento spirituale, Sanguineti ha detto: «Una fede pensata, aperta alle grandi domande dell’uomo, non chiusa e arroccata in se stessa, disponibile a lasciarsi inquietare e fecondare dall’incontro con ogni persona, dal dialogo con ogni posizione ideale, una fede nutrita di preghiera, alimentata dall’ascolto amoroso della Parola di Dio, alla scuola del suo grande maestro e amico, che fu il cardinale Carlo Maria Martini, una fede cresciuta nel grembo della Chiesa, nel rapporto con persone amate, come amici e testimoni». 

Alle Esequie hanno preso parte anche gli Eminentissimi Signori Cardinali Francesco Coccopalmerio e Oscar Cantoni. Erano presenti anche gli Eccellentissimi Vescovi Maurizio Gervasoni, Andrea Migliavacca, Maurizio Malvestiti, Dante Lanfranconi, Francesco Beschi, Franco Agnesi ed Erminio De Scalzi.

d.E.S.

Silere non possum 

Omelia di S.E.R. Mons. Corrado Sanguineti

Esequie S.E.R. Mons. Giovanni Giudici - 22 gennaio 2024

Carissimi confratelli nell’episcopato, cari sacerdoti e diaconi, consacrati e consacrate,

Distinte autorità civili e militari,

Abbiamo ascoltato la limpida professione di fede di Marta, sorella di Lazzaro, in risposta alla domanda diretta del Signore: «Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?”. Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo”» (Gv 11,25-27).

Il vescovo Giovanni che oggi accompagniamo nel suo transito da questo mondo al Padre, è stato innanzitutto un uomo credente, che ha custodito e vissuto la sua fede, giorno dopo giorno. Nel suo testamento spirituale, scritto il 13 marzo 2016 a Varese, dove si era ritirato dopo il suo ministero episcopale nella nostra diocesi di Pavia, sotto la data, ha aggiunto: «Domenica V di Quaresima, anno C, Domenica di Lazzaro», e all’inizio fa proprio eco alla parola di rivelazione di Gesù: «Dopo aver ascoltato e commentato questo brano di Vangelo, accetto con tutto il cuore la parola di Gesù: “Io sono la resurrezione e la vita” (Giovanni cap. XI)».

Ecco il nostro fratello, nelle tappe della sua esistenza, ha camminato nella luce della fede, che l’ha sostenuto anche nei passaggi difficili del suo ministero sacerdotale ed episcopale e in questi ultimi anni di malattia. Nato e cresciuto in una famiglia credente, presbitero nella grande diocesi ambrosiana, con incarichi di sempre maggiore responsabilità, vescovo ausiliare di Milano, ordinato dal cardinale Carlo Maria Martini il 29 giugno 1990, vicario generale dal 1° febbraio 1991 e quindi nominato da San Giovanni Paolo II vescovo di Pavia il 1° dicembre 2003 – qui nella nostra diocesi fece l’ingresso l’11 gennaio 2004 e rimase per undici anni – è stato un uomo di fede.

Una fede pensata, aperta alle grandi domande dell’uomo, non chiusa e arroccata in se stessa, disponibile a lasciarsi inquietare e fecondare dall’incontro con ogni persona, dal dialogo con ogni posizione ideale, una fede nutrita di preghiera, alimentata dall’ascolto amoroso della Parola di Dio, alla scuola del suo grande maestro e amico, che fu il cardinale Carlo Maria Martini, una fede cresciuta nel grembo della Chiesa, nel rapporto con persone amate, come amici e testimoni.

Così scrive: «Desidero manifestarvi una volta ancora la profonda gratitudine che ho sempre nutrito per ciascuno di voi, con cui ho camminato per le strade della vita … Ricordo anzitutto i miei genitori, ai quali sono grato fino all’ultimo giorno di questa vita. A loro debbo la vita, la fede cattolica, l’amore laborioso per l’esistenza quotidiana … Mi sento debitore verso la comunità cristiana, nella quale ho ricevuto il battesimo e il sacramento dell’episcopato».

Le parole di Giobbe cariche di speranza oggi le ascoltiamo, come se fossero pronunciate dal vescovo Giovanni: «Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio» (Gb 19,25-26).

La Parola delle Scritture, accostata con amore, è stata la grande passione che egli ha desiderato condividere con ogni compagno di cammino, con le comunità affidate alla sua cura. Certamente il primato della Parola è maturato in lui dall’incontro con l’arcivescovo Carlo Maria Martini e dalla collaborazione e amicizia che segnò profondamente il suo cammino. Il cardinal Martini fu per lui esempio di dialogo, di accoglienza, di promozione umana. Tutto partiva dall’ascolto profondo della Sacra Scrittura e dalla contemplazione. Ciò che l’apostolo afferma, scrivendo al discepolo Timòteo, ha accompagnato passi e scelte del vescovo Giovanni, prima a Milano, e poi qui a Pavia: «La parola di Dio non è incatenata!» (2Tm 2,9); «La parola di Dio ha una forza di vita e di libertà che attraversa ogni barriera ed è capace di parlare al cuore di ogni uomo».

La Missione popolare diocesana per la riapertura della Cattedrale, la lettura della Bibbia con il coinvolgimento di tanti che notte e giorno dall’altare di San Siro lessero per intero i libri della Scrittura, dopo la riapertura del nostro duomo il 12 ottobre 2012, l’incoraggiamento alla nascita dei “gruppi di ascolto” del Vangelo, nati in tante case nella missione diocesana: sono solo esempi di questa cura per la Parola proclamata, ascoltata e vissuta.

L’altro polo della sua vita di credente e di pastore era l’Eucaristia, che sentiva essere la fonte da cui prendono vita le differenti forme di vocazione e di servizio, per tutti i battezzati. Nel primo incontro con lui, pochi giorni dopo la mia nomina, mi confidò che era una grazia per il vescovo avere la cappella in casa, poter sostare in preghiera davanti all’Eucaristia, affidando al Signore pensieri, preoccupazioni, fatiche e sofferenze. La serenità che ha sempre testimoniato, in questi anni, di fronte alle difficoltà della salute, anche nell’ultimo incontro, lo scorso 5 gennaio – mai l’ho sentito lamentarsi della dialisi che ha dovuto affrontare, per anni – l’accettazione delle sue condizioni di vita, accompagnate dal suo tratto gentile e cordiale, dal suo sorriso, che a volte diventava un’aperta risata, erano il riflesso di un uomo in pace con sé e con la vita, perché radicato nell’essenziale.

Giovanni Giudici è stato, inoltre, un pastore, figlio del Concilio, in sintonia non formale con gli orizzonti nuovi aperti dal Vaticano II: un uomo di larghe vedute, che ha saputo accompagnare, fin dai primi anni di sacerdozio, una generazione di giovani. Il suo caro amico Roberto Dionigi, che lo incontrò in quegli anni, ricorda: «Dopo poco tempo della sua ordinazione - alla sua prima messa volle come padrino il professor Giuseppe Lazzati - fu assistente diocesano dei giovani di Azione Cattolica insieme a Don Antonio Barone , Don Erminio Descalzi e Don  Giampiero Crippa con i quali faceva anche vita comune presso la chiesa San Giorgio a Milano. Erano gli anni belli e tormentati del dopo Concilio. Per noi, allora giovani, Don Giovanni fu educatore e pastore impareggiabile che seppe coniugare autorevolezza e condivisione sempre nel rispetto della libertà di coscienza».

I tratti caratteristici del suo modo d’essere prete e vescovo, sono davvero tipicamente conciliari: oltre alla centralità della Parola di Dio e alla sensibilità per una liturgia dal respiro veramente ecclesiale, in lui abbiamo riconosciuto la passione per il dialogo ecumenico e per le relazioni fraterne con credenti di altre religioni, una valorizzazione del laicato nella Chiesa e nel mondo, con un’attenzione particolare all’Azione Cattolica nella Chiesa locale, un’apertura e un interesse ai problemi sociali, al mondo dei poveri e degli emarginati, con l’impulso dato alla pastorale del lavoro, l’avvio della “Scuola di cittadinanza e partecipazione”, la cura per la Caritas diocesana, la realizzazione del Consultorio diocesano, la sua sensibilità attenta e il suo impegno per la pace, che ha testimoniato come presidente di Pax Christi Italia dal 2009 al 2014. Alla scuola di Martini, il vescovo Giudici, che ha sempre apprezzato la cultura e la bellezza, ha realizzato l’esperienza della “Tavola del dialogo”, ospitando in vescovado docenti universitari e uomini di pensiero, per un confronto su temi riguardanti l’uomo, i suoi interrogativi radicali, le questioni etiche cruciali.

In questo orizzonte, possiamo leggere come un segno il giorno della sua dipartita: lo scorso 18 gennaio era l’inizio dell’ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani. La celebrazione della “Domenica della Parola” proprio ieri sembra una consegna che il vescovo Giovanni offre alla sua Chiesa di Pavia.

Noi ora, carissimi fratelli e sorelle, siamo fiduciosi che egli possa ritrovare, insieme ai suoi cari che l’hanno preceduto nel regno di Dio, gli amici di una vita. Sì, perché Giovanni Giudici è stato un uomo di grandi amicizie, ha saputo coltivare relazioni belle, con confratelli sacerdoti e vescovi, con religiose e consacrate, con laici e laiche, con uomini d’altra fede, con non credenti e persone in ricerca. Come Gesù aveva i suoi amici, nella casa di Betania, così egli ha sempre stimato e onorato l’amicizia vera, autentica, senza farsi mai legare o trattenere dalle forme ecclesiastiche. Serbo una grata memoria della paternità e fraternità con cui mi ha sempre accolto, tutte le volte che ci siamo incontrati o sentiti, e mi sono sempre sentito accompagnato e sostenuto dalla sua preghiera e dalla sua vicinanza discreta.

Scrive ancora nel suo testamento: «Ricordo e ringrazio i preti e le religiose che mi hanno ispirato, accompagnato, sostenuto. Sento vivissima riconoscenza verso le laiche e i laici che ho conosciuto … Vorrei citarli uno ad uno perché ciascuno per la sua parte ha stimolato la mia vita di credente».

Per tutto ciò, carissimi amici, mentre sentiamo il dolore del distacco e dell’assenza del vescovo Giovanni e ci stringiamo alla sua cara sorella Doriana e a tutti i familiari, sentiamo prevalente in noi il ringraziamento al Padre per il dono che questo nostro fratello, credente, pastore e amico, è stato per tutti noi, in modo particolare per la Chiesa di Pavia, e siamo certi che dal cielo egli continuerà a pregare per noi, a benedire tutti coloro che ha amato e servito.

Lo affidiamo all’amore misericordioso del Padre, che cancelli qualsiasi ombra d’imperfezione e di peccato e lo accolga nella gioia dei suoi santi, facendo eco alle parole con cui si chiude il suo testamento spirituale: «Affido alla preghiera di tutti ogni progetto buono che abbiamo intrapreso, e mi consegno a Dio e alla sua misericordia. “Padre ho tentato di essere uomo, e sono tuo figlio (J- Leclerq)». Amen!

+ Corrado Sanguineti