In the cathedral in Brescia, the bishop celebrated Holy Mass with the diocese choirs in memory of the visit of St John Paul II

Domenica 21 gennaio 2024 il vescovo di Brescia, S.E.R. Mons. Pierantonio Tremolada ha presieduto la Santa Messa per i cori parrocchiali e gli operatori liturgico-musicali nella Chiesa Cattedrale. 

Si tratta di un evento promosso dalla Fondazione Diocesana Santa Cecilia in collaborazione con l’Ufficio per la Liturgia della Diocesi di Brescia per ricordare la visita che fece San Giovanni Paolo II nel settembre 1998 alle diocesi di Brescia e Chiavari. 

Il 20 settembre di quell’anno il Pontefice celebrò la Santa Messa nello stadio comunale e beatificò Giuseppe Antonio Tovini, del quale si è celebrata la memoria nei giorni scorsi. 

In quella circostanza, oltre 4000 cantori di oltre 130 corali della diocesi si unirono per cantare alla presenza del Santo Padre. 

«Poco più di 25 anni fa - ha ricordato all'inizio della celebrazione don Gianmaria Frusca, vice direttore dell'ufficio per la liturgia -  il 20 settembre 1998 le voci di ben 4000 cantori in rappresentanza di 130 cori parrocchiali risuonavano nello stadio Rigamonti durante la Santa messa presieduta da San Giovanni Paolo II in visita a Brescia. Momento atteso e preparato con meticolosa trepidazione un’esperienza indimenticabile di chiesa e di comunione che tuttora rivive nella memoria di tutti e ha lasciato in eredità un repertorio che ancora si canta nelle nostre parrocchie. Oggi, insieme al vescovo Pierantonio, in questa Chiesa Cattedrale desideriamo esprimere al Signore la gratitudine per il servizio svolto con fede, impegno e fedeltà da una moltitudine di persone e realtà corali nelle chiese sparse nella nostra diocesi. Uniti nella fede, nella speranza e nella carità a una sola voce ringraziamo il vescovo per il suo cortese invito e per il dono che ci fa celebrando con noi l’Eucaristia. A una sola voce, come coro di cori, rinnoviamo la nostra disponibilità a proseguire nell’impegno personale e nella condivisione del cammino. Preghiamo il Signore perché il nostro umile servizio possa con la Sua Grazia contribuire ad innalzare gli animi e cuori nell’ascolto della Sua voce». 

Il vescovo Pierantonio nella sua omelia ha spiegato: «Il canto rende nobile e fa onore alla vita, credo, almeno per tre ragioni e penso in particolare al canto liturgico quel canto che voi praticate con passione. Quando noi cantiamo nella liturgia noi lodiamo Dio. Lodare Dio vuol dire porre le fondamenta giuste della vita perché chi è abituato a cantare lodando il Signore sarà perlomeno più aiutato a non cadere nella tentazione di pensare soltanto a sé stesso. Sarà preservato di più dalla tendenza a guardare la vita unicamente a partire da sé». 

Il presule si è concentrato anche sull’invito che Cristo fa nel vangelo odierno e si è chiesto: «Che senso ha questo invito, che cosa significa anche per noi oggi? Perché mai dovremmo e in che modo dovremmo convertirci?»

«La parola conversione – ha continuato – un po’ in tutta la scrittura, significa una cosa precisa. Vuol dire cambiare strada. Immagine molto chiara. Si sta percorrendo una strada e si viene invitati a cambiarla. Cioè a intraprendere una via diversa, quella che è capace di condurci verso Dio. Perché si può prendere una vita sbagliata. La prima cosa che Gesù chiede a quanti lo ascoltano è di avere il coraggio e insieme l’umiltà di riconoscere che la propria vita ha bisogno di essere rinnovata. E sono due in particolare, secondo l’insegnamento della parola di Dio, i modi attraverso cui la vita può essere tradita, può essere corrotta e quindi non raggiungere il vero obiettivo per il quale il Signore Dio ce l’ha donata». Tremolada ha messo in guardia, in particolare, dalle tentazioni dell’orgoglio e dell’avidità.

La celebrazione odierna si colloca nella ricorrenza della Domenica della Parola di Dio, istituita dal Santo Padre Francesco con il Motu proprio Aperuit Illis del 30 settembre 2019.

«Questa Domenica della Parola di Dio – ha stabilito il Papa  verrà così a collocarsi in un momento opportuno di quel periodo dell’anno, quando siamo invitati a rafforzare i legami con gli ebrei e a pregare per l’unità dei cristiani. Non si tratta di una mera coincidenza temporale: celebrare la Domenica della Parola di Dio esprime una valenza ecumenica, perché la Sacra Scrittura indica a quanti si pongono in ascolto il cammino da perseguire per giungere a un’unità autentica e solida».

«Quando la Sacra Scrittura è letta nello stesso Spirito con cui è stata scritta, permane sempre nuova» ha ricordato il Papa. 

F.P.

Silere non possum 

Omelia di S.E.R. Mons. Pierantonio Tremolada 

Santa Messa 21 gennaio 2024

Vorrei mettermi con voi in ascolto della Parola del Signore perché possiamo lasciarci ammaestrare da ciò che il Vangelo ci consegna quest’oggi, in questa circostanza, durante questa celebrazione davvero singolare. Cosa ci dice il Signore? Che cosa ricaviamo dalla Sua Parola per dare a questo momento intenso e significativo il suo valore ancora più grande? La parola di Dio ci parla della conversione. Se avete ascoltato la prima lettura del libro del profeta Giona ricorda la vicenda di quest’uomo che viene mandato da Dio, il suo Signore, ad annunciare alla città di Ninive, la capitale dell’impero degli assiri, una città veramente segnata da tutta una serie di vicende che l’avevano resa spaventosa agli occhi delle nazioni, per i tanti crimini che aveva commesso, che avevano commesso coloro che la governavano.  Ebbene questa città è chiamata ad accogliere l’invito alla conversione che Dio le rivolge attraverso il profeta Giona e questa Parola raggiunge il suo effetto. I grandi di questa città si convertono e il castigo che pendeva su di loro si allontana.

Questa città si converte. Nel brano del Vangelo si racconta l’inizio della missione di Gesù, le prime parole che Gesù pronuncia verso chi lo ascolta e gli viene incontro sono queste: «Convertitevi perché il Regno dei cieli è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo, al lieto annuncio che io ho da portarvi. Convertitevi! La conversione. Che senso ha questo invito, che cosa significa anche per noi oggi? Perché mai dovremmo e in che modo dovremmo convertirci? La parola conversione, un po’ in tutta la scrittura, significa una cosa precisa. Vuol dire cambiare strada. Immagine molto chiara. Si sta percorrendo una strada e si viene invitati a cambiarla. Cioè a intraprendere una via diversa, quella che è capace di condurci verso Dio. Perché si può prendere una vita sbagliata. L’immagine della strada richiama il modo di vivere, la condotta della vita che, appunto, può essere non all’altezza di ciò che Dio si aspetta da noi. Per questo va cambiata. La prima cosa che Gesù chiede a quanti lo ascoltano è di avere il coraggio e insieme l’umiltà di riconoscere che la propria vita ha bisogno di essere rinnovata. E sono due in particolare, secondo l’insegnamento della parola di Dio, i modi attraverso cui la vita può essere tradita, può essere corrotta e quindi non raggiungere il vero obiettivo per il quale il Signore Dio ce l’ha donata. Pensate, per esempio, alla tentazione dell’orgoglio, del sentirsi grandi dell’esaltare se stessi. Tutto questo mina la verità della vita. Le fa assumere un aspetto che non è quello vero: l’orgoglio. E un’altra tentazione che rovina l’esistenza è l’avidità, il vivere per le cose, trasformarle in idoli, desiderare unicamente di incrementare ciò che si ha. Questa è un’altra tentazione che va a intaccare la vita e le fa perdere il suo aspetto di nobiltà, di bellezza. La conversione. Questo insegnamento del Signore ci ricorda dunque che la vita potrebbe essere tradita, potrebbe essere ferita, potrebbe essere sfigurata nella sua bellezza e nella sua nobiltà.  Ebbene questo insegnamento credo che oggi noi lo dobbiamo accogliere tenendo presente quanto stiamo vivendo in questo in questa celebrazione. Voi siete un po’ i rappresentanti di tutte le corali della nostra diocesi. Siete davvero un numero consistente e io vi ringrazio per questo, per aver accolto così numerosi l’invito che vi è stato rivolto. Pensavo, forse si può dire o si deve dire che il canto ci permette di custodire la nobiltà e la bellezza della vita e magari ci ricorda che quando questa nobiltà e questa bellezza vengono ferite è giusto convertirsi e chiedere al Signore e la Grazia di essere riscattati.

Il canto rende nobile e fa onore alla vita, credo, almeno per tre ragioni e penso in particolare al canto liturgico quel canto che voi praticate con passione.

La prima caratteristica del canto liturgico che fa onore alla vita per quello che veramente è il suo aspetto di lode. Quando noi cantiamo nella liturgia noi lo diamo Dio. L’abbiamo fatto adesso no? E lo faremo ancora in questa celebrazione. Lodare Dio vuol dire porre le fondamenta giuste della vita perché chi è abituato a cantare lodando il Signore sarà perlomeno più aiutato a non cadere nella tentazione di pensare soltanto a sé stesso. Sarà preservato di più dalla tendenza a guardare la vita unicamente a partire da sé. Non ci siamo solo noi, c’è Qualcuno che è più grande di noi, ci ama, ci accompagna, ci custodisce, ci sostiene e ci corregge. Per questo noi lo lodiamo. Lodare Dio vuol dire anzitutto riconoscere che c’è, che agisce a nostro favore, che ha cura della nostra vita. Noi lo benediciamo, lo ringraziamo con il nostro canto e davvero prendiamo sempre più coscienza della Sua esistenza cantando i suoi inni. Poi c’è una seconda caratteristica del canto che mi sembra capace davvero di rendere onore alla vita ed è la gioia. Cantare da espressione alla gioia che una persona porta nel cuore, tanto è che quando si è tristi difficilmente si canta e quando invece si canta. Ma anche così nella vita di ogni giorno gli altri ci dicono: “Ah sei contento, stai cantando”. Il canto è espressione della gioia, di quella gioia di cui ha bisogno la vita per essere veramente tale. Ed ecco, allora, anche qui veniamo preservati da quella tristezza che deriva da una vita che ha un po’ rinunciato a essere vera, si è consegnata a qualcosa che la sta rovinando. In genere quando il male si irradia dentro la vita, le fa perdere il suo aspetto di gioia, la rende triste. Perciò è importante che ci sia sempre qualcuno che è capace di cantare, che vuole cantare, che ha passione per il canto. Perché questo è un messaggio lanciato a tutti e cioè la vita ha il suo valore e va custodita attraverso un sentimento interiore che è quello della gioia. La gioia di vivere. E infine la terza caratteristica del canto e del vostro canto in particolare è quella del servizio. Il vostro canto è al servizio, è stato ricordato anche all’inizio di questa celebrazione, è al servizio della Chiesa, al servizio delle vostre comunità. Non è qualcosa che semplicemente appaga voi stessi. È bello pensare che c’è anche questa intenzione in ciò che fate, nell’arricchire l’esperienza di vita e di fede delle vostre comunità parrocchiali. È qualcosa che fate anche per gli altri, non soltanto per voi stessi o per voi stesse. Di questo io voglio veramente ringraziarvi oggi perché questo servizio è prezioso. Uniamole insieme queste tre realtà o questi tre aspetti del canto liturgico. Diventa allora un servizio reso per la gioia di tutti a lode di Dio. Questo è, credo, se non vedo male, davvero il grande valore di ciò che in questo momento si sta offrendo anche come segno. Le voci che si uniscono diventano anche espressione di quella che deve essere la relazione tra le persone in ogni momento, forse si può anche dire che il vostro cantare, un cantare insieme, è simbolo della pace che dovrebbe regnare tra tutti gli uomini. Quell’armonia che viene dalle voci diverse, che dà gioia al cuore, che eleva a Dio la lode e che è offerta nella forma di un servizio, tutto questo è capace di seminare la pace, è un messaggio di pace, è un annuncio di pace. Continuate tutto questo e fatelo con passione, con impegno e sappiate che la nostra chiesa diocesana, nella persona mia, vi esprime un sincero ringraziamento per il buon contributo che offrite al cammino della nostra diocesi.

+ Pierantonio Tremolada