Papa Francesco ha compiuto il 46° Viaggio Apostolico Internazionale in Lussemburgo e Belgio. In particolare, nella seconda tappa di questo viaggio, il Pontefice è stato contestato dai media per quanto riguarda il fenomeno degli abusi sessuali ai danni di minori commessi da membri della Chiesa Cattolica. Si tratta di una piaga che, purtroppo, continua ad essere una etichetta che ci porteremo dietro per molti anni. Questo, nonostante la Chiesa tutta abbia, già da tempo, avviato un processo ben definito sia per affrontare i casi concreti e sia per prevenirli.

Sappiamo, però, che il bene che la Chiesa compie è spesso dimenticato ed oggi, più che mai, si fa di tutto per attaccare l’istituzione e i suoi membri, soprattutto se chierici. Spesso abbiamo evidenziato come molti casi, inoltre, siano stati montature e non erano realmente accaduti. Molti altri, però, sono accaduti ed hanno rovinato la vita dei singoli e delle comunità. Ci domandiamo, quindi, ma come è possibile che questo avvenga nella Chiesa?

Papa Francesco durante la visita ai reali belgi ha detto: «Tenendo fisso lo sguardo a Gesù, la Chiesa si riconosce sempre come la discepola, che con timore e tremore segue il suo Maestro, sapendo di essere santa in quanto costituita da Lui e al tempo stesso fragile – santa e peccatrice – e mancante nei suoi membri, mai completamente adeguata al compito affidatole che sempre la supera».

La dominante cultura mondana non esita a definire la Chiesa peccatrice ma il linguaggio cristiano tradizionale, universalmente testimoniato fin dai primi secoli - tanto nei discorsi comuni quanto nei documenti più solenni - ha sempre parlato di «Chiesa santa», mentre non c'è alcuna professione di fede che ci sollecita a credere in una «Chiesa peccatrice».

Nelle forme più antiche del Simbolo Apostolico la Chiesa è detta unicamente «santa»; nelle forme occidentali più recenti «santa» e «cattolica»; nelle recensioni orientali «una», «santa» e «cattolica». Col Credo niceno-costantinopolitano si arriva infine alle quattro «note» classiche: «una, santa, cattolica e apostolica». Possiamo constatare, quindi, che l’appellativo di «santa» è il primo a comparire e quello che non è mai tralasciato. E non c'è mai il minimo accenno a qualche relazione con la colpa.

A quale linguaggio dunque dobbiamo attenerci? A quello che ci è proposto dai documenti della Tradizione o a quello che oggi è di moda? Considerato che la materia riguarda direttamente il disegno del Padre e la sua opera di salvezza, la strada più sicura e la metodologia più corretta è forse quella di non scostarci dal modo di dire della Rivelazione.

Guardando alla Scrittura possiamo notare che nel Nuovo Testamento non vi è alcun imbarazzo nello stigmatizzare i comportamenti reprensibili dei membri della comunità cristiana, quale che sia la dignità e la missione di cui sono investiti: di rimproveri e di criteri ce n'è, si può dire, per tutti. Ce n'è per i cristiani di Tessalonica, che tendono all'ozio con la scusa dell'imminente venuta del Signore (cfr. 1 Ts 4,1-12; 2 Ts 3,6-12). Ce n'è per i cristiani di Galazia, che si lasciano irretire dai fanatici della circoncisione (cfr. Gal 3,1-5). Ce n'è per i cristiani di Corinto, che indulgono alle divisioni, sciupano con l'egoismo la «cena del Signore», addirittura tollerano che ci sia tra loro chi vive in una relazione incestuosa (cfr. 1 Cor 3,1-4; 5,1-13; 11,17-22). Ce n'è per un uomo «virtuoso e pieno di Spirito Santo» (cfr.At 11,24) come Barnaba; e ce n'è per Pietro, il capo riconosciuto dei discepoli del Signore: ambedue vengono accusati di «ipocrisia» (cfr. Gal 2,11-14). È un elenco che si potrebbe arricchire; ma bastano questi cenni a rassicurarci che dalla Verità della Chiesa «santa» la parola di Dio non deduce affatto che i suoi membri, anche i più illustri e responsabili, siano al riparo da ogni valutazione negativa.

Una domanda sorge spontanea: Ma come fa a essere "santo" un organismo che si compone di uomini, tutti - chi più chi meno – contrassegnati dalla colpa?

C'è chi fa notare che, mentre i peccati sono nei membri, la santità è nei mezzi di grazia di cui la Chiesa dispone. La Chiesa è santa e santificante, perché santa e santificante è la dottrina che custodisce, perché santi e santificanti sono i sacramenti che le sono affidati, perché sante e santificanti sono le istituzioni che la reggono e la compaginano, perché sante e santificanti sono le mete che essa addita alla volontà e all'agire dell'uomo.

Il che è indubbiamente vero, ma non risolve adeguatamente il problema: poiché la Chiesa - nel suo concetto più elementare - è un popolo di persone, la santità deve trovarsi anche in coloro che in essa sono raccolti. Secondo san Paolo difatti i discepoli di Gesù, ai quali non risparmia nessun rimprovero meritato, sono anche «santi» (cfr. ad esempio 2 Cor 13,12: «Tutti i santi vi salutano»; cfr. anche Ef 1,1; Fil,1,1; Col 1,2).

L'esistenza nella Chiesa di membri contaminati sembrerebbe portare a due casi possibili: o i peccatori non hanno una vera appartenenza sostanziale (ma piuttosto un'appartenenza giuridica o sociologica); o, se restano nella Chiesa, la Chiesa oltre che santa dovrebbe essere detta anche "peccatrice". Nel primo caso, si arriverebbe a sostenere che nella Chiesa abbiano diritto di vera cittadinanza solo i "perfetti", i "puri", gli "illuminati".

Ma questo è l’errore che molti fanno quando puntano il dito contro di essa e ripetono l'aberrazione antica degli gnostici o quella medievale dei catari. Del resto, chi si scandalizza per le azioni riprovevoli degli uomini di Chiesa e non tollera che ciò possa avvenire riproduce questa che è tra le più antievangeliche delle eresie. Nel secondo caso si dovrebbe parlare di Chiesa anche "peccatrice". Ambedue le posizioni sono contraddette dall'insegnamento della Rivelazione: si tratta perciò di un falso dilemma.

Secondo l'insegnamento della Rivelazione, la Chiesa è dunque incontestabilmente una realtà santa composta di uomini peccatori.

I "sapienti" e gli "intelligenti", se non si lasciano illuminare dallo Spirito di Pentecoste, faticano ad accogliere (e tanto più a capire) una simile sfida alla logica mondana. I piccoli" invece, una volta che si sono arresi all'esistenza dell'evento ecclesiale, trovano proprio qui la controprova che la Chiesa è davvero opera divina: dal fatto, cioè, che un insieme di membri colpevoli costituisca un organismo senza peccato. Essi, almeno implicitamente, ragionano press'a poco così.

Che radunando tante creature contaminate si arrivasse a dar vita a qualcosa di contaminato, non sarebbe difficile impresa: è quanto riusciremmo a compiere noi, se la Chiesa fosse opera nostra. Riusciremmo perfino, in un'ipotesi del tutto irreale, a costruire una Chiesa santa aggregando uomini completamente santi, supposto di trovarli in questa terra polverosa.

Ma che la Chiesa sia «ex maculatis immaculata», come dice sant' Ambrogio (In Lucam 1,17), questa è davvero una meraviglia della «fantasiosa sapienza di Dio» (cfr. Ef 3,10). Ma come si scioglie - almeno agli occhi di chi è pneumatikós(cioè raggiunto dall'evento di Pentecoste) – questa che agli «psichici» (cfr. 1 Cor 2,14) sembra un'antinomia?

«Tutte le contraddizioni sono eliminate, se si capisce che i membri della Chiesa peccano, ma in quanto tradiscono la Chiesa: la Chiesa non è dunque senza peccatori, ma è senza peccato».

«La Chiesa come persona prende la responsabilità della penitenza, non prende la responsabilità del peccato. Se assomiglia alla peccatrice del Vangelo, questo avviene solo per il momento in cui questa spande il suo profumo sui piedi di Gesù [...]. Si cade in una grande illusione [...] quando si invita la Chiesa come persona a riconoscere e a proclamare i suoi peccati. Si dimentica che la Chiesa come persona è sposa di Cristo, che egli si è acquistata col suo sangue; che l'ha purificata perché fosse davanti a lui tutta splendente, senza macchia né ruga né altro di simile, ma santa e immacolata; e che è la casa di Dio, colonna e fondamento della verità».

«Le sue frontiere, precise e vere, circoscrivono solo ciò che è puro e buono nei suoi membri, giusti e peccatori, assumendo dentro di sé tutto ciò che è santo, anche nei peccatori, e lasciando fuori di sé tutto ciò che è impuro, anche nei giusti. Nel nostro proprio comportamento, nella nostra propria vita, nel nostro proprio cuore si affrontano la Chiesa e il mondo, il Cristo e Belial, la luce e le tenebre.

La Chiesa divide dentro di noi il bene e il male: prende il bene e lascia il male. I suoi contini passano attraverso i nostri cuori» (Journet, Théologie de l'Eglise, Paris 1958, pp. 235-246).

Questa ecclesiologia del cardinale Journet, entusiasticamente condivisa da un pensatore solido e profondo come Jacques Maritain, ha ispirato Il Credo del Popolo di Dio di Paolo VI (del 30 giugno 1968), che così sull'argomento dichiara: «La Chiesa è santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita, i suoi membri si santificano, come sottraendosi alla sua vita, cadono nei peccati e nei disordini, che impediscono l'irradiazione della sua santità» (n.19).