"La realtà non è ciò che ci accade, ma ciò che facciamo con quello che ci accade." scriveva Paul Watzlawick.

Viviamo in un’epoca in cui la percezione soggettiva sembra contare più della realtà oggettiva. Emozioni, pregiudizi ed esperienze personali influenzano il modo in cui interpretiamo situazioni e parole, spesso alterandone il significato. Studiosi come Watzlawick, Daniel Kahneman e Umberto Eco hanno analizzato a fondo questo fenomeno, evidenziando come i fraintendimenti possano trasformarsi in vere e proprie diffamazioni.
Tra coloro che più subiscono le conseguenze di queste distorsioni percettive ci sono i sacerdoti. Basta che facciano rispettare una regola, chiedano silenzio in chiesa o pongano dei limiti, perché qualcuno si senta offeso e inizi a descriverli come autoritari, arroganti o insensibili. Ma la realtà è spesso ben diversa da come viene raccontata.

Quando far rispettare le regole diventa una colpa

Se un sacerdote invita a mantenere il silenzio in chiesa, ricorda che l’oratorio è uno spazio comune con delle regole o spiega a una guida turistica che la chiesa non è solo un monumento, ma prima di tutto un luogo di culto, può stare certo che la notizia si diffonderà rapidamente. Tuttavia, il racconto che circolerà non sarà sempre fedele ai fatti: verrà filtrato dalle emozioni e dal punto di vista di chi lo riferisce, fino a trasformare la realtà in qualcosa di molto diverso.
Nel laicato, poi, sembra essersi diffusa da tempo una vena vendicativa: non basta lamentarsi tra i fedeli, ma si arriva a denigrare il sacerdote persino con i suoi confratelli o con i superiori, invocando addirittura “punizioni divine” nei suoi confronti.

La realtà contro la percezione personale

Un esempio emblematico di questa dinamica è quello di una guida turistica che, una Domenica mattina, si presenta in chiesa con un gruppo di visitatori. Il parroco le spiega che la Domenica è il giorno del Signore e che, in quel momento, la priorità è la celebrazione della Messa, non le visite turistiche. La informa quindi che esistono orari e regole da rispettare e che, al momento, la visita non può proseguire.
Invece di accettare la spiegazione, la guida si sente offesa. Percepisce un’aggressività che in realtà non c’è e reagisce avviando una vera e propria campagna di diffamazione contro il sacerdote: ne parla male con i superiori, i colleghi, i confratelli del parroco e persino con alcuni fedeli. Nel giro di poco tempo, il racconto si diffonde “urbi et orbi” e l’immagine del sacerdote viene irrimediabilmente danneggiata, senza che lui abbia fatto nulla di sbagliato.
Situazioni come questa non fanno che alimentare divisioni e irrigidire le fazioni all’interno della comunità. Non è più come un tempo, quando un vescovo o un sacerdote, di fronte a critiche rivolte a un confratello, cercava di comprendere,giustificare o difendere. Oggi, chi già nutriva rancore verso quel prete coglie l’occasione per attaccarlo ancora di più, mentre chi lo stima lo difende a prescindere, senza neppure approfondire i fatti.

Quando le emozioni distorcono la realtà

A volte c’è una vera e propria intenzione calunniosa dietro questi racconti distorti, ma in altri casi il fenomeno può essere spiegato con alcuni principi psicologici ben noti. Daniel Kahneman, in Pensieri lenti e veloci, descrive come il nostro cervello sia guidato da due sistemi di pensiero: uno più razionale e uno più impulsivo. Chi si sente richiamato al rispetto delle regole, anziché analizzare la situazione con lucidità, spesso reagisce d’istinto, sentendosi attaccato. Paul Watzlawick, nel suo La realtà della realtà, afferma che non esiste una sola realtà, ma molteplici percezioni soggettive. La guida turistica, dunque, non ascolta le parole del sacerdote per quello che sono, ma le interpreta attraverso il proprio stato d’animo, distorcendo il messaggio originario. Anche Umberto Eco, nei suoi studi di semiotica, dimostra che il significato di un messaggio non dipende solo da chi lo emette, ma anche da chi lo riceve. Il sacerdote vuole semplicemente far rispettare il carattere sacro della chiesa, ma la persona di fronte a lui vi legge un’intenzione ostile che in realtà non esiste. Infine, Antonio Damasio, in L’errore di Cartesio, dimostra come le emozioni influenzino il nostro pensiero più di quanto immaginiamo. Una persona stressata o prevenuta può alterare la realtà senza nemmeno rendersene conto.

Sacerdoti vittime di diffamazione

In oratorio, in parrocchia, in curia, gli esempi di questi episodi sono innumerevoli. I sacerdoti vengono criticati e diffamati proprio quando cercano di svolgere il loro compito. Se sono troppo permissivi, vengono elogiati come “bravi parroci”; se invece pongono regole e richiamano al rispetto, vengono etichettati come autoritari. Ma la Chiesa non è un luogo dove ognuno può fare ciò che vuole. A rendere il fenomeno ancora più inquietante è l’abitudine di alcuni di rivolgersi ai superiori del sacerdote con l’intento di farlo punire, come se un parroco fosse sotto la costante minaccia di una sanzione, simile a un bambino che si aspetta la bacchettata dell’insegnante.

Con l’avvento dei social, la situazione è ulteriormente degenerata. Il web è pieno di petizioni contro questo o quel prete, mentre “blog psicorepressi” pubblicano indirizzi e-mail dei vescovi, quasi fosse una caccia alle streghe moderna.

Ritrovare il senso della realtà

Per evitare che le distorsioni della percezione si trasformino in vere e proprie diffamazioni, è necessario distinguere i fatti dalle emozioni. Il rispetto delle regole non è sinonimo di rigidità, ma è ciò che garantisce il bene comune. La Chiesa, prima ancora di essere un luogo bello e artistico, è quell’edificio che i fedeli hanno il diritto di poter disporre per la celebrazione dei sacramenti.

I sacerdoti non sono semplici custodi dell’edificio, ma responsabili del luogo sacro, e il loro compito è preservarne il significato spirituale. Questo implica anche il dovere di porre limiti e chiedere rispetto. Se ci sono delle regole devono essere rispettate.  Dobbiamo smettere di accettare ciecamente versioni distorte della realtà e imparare a valutare i fatti con obiettività. Solo così potremo evitare di cadere nella trappola della diffamazione e tutelare anche la buona fama del presbitero in una Chiesa che, sempre più, sembra essere schierata contro di lui.

d. L. V.
Silere non possum

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