Domenica 18 maggio, nella Santa Messa di inizio del suo ministero petrino, Leone XIV ha pronunciato parole che è necessario meditare, fare nostre: «Questa è l’ora dell’amore!». Non si tratta di una declamazione retorica, ma di un giudizio sull’oggi: l’unica urgenza non rinviabile è mettere al centro la logica dell’amore — l’agàpe che si dona senza calcoli e rigenera ciò che tocca.

Un’urgenza che nasce dal Vangelo

Il Papa lega l’appello all’episodio di Giovanni 21, quando il Risorto chiede a Pietro non se sia all’altezza dell’incarico, ma se lo ami «più di». Da qui la svolta: la Chiesa può esercitare autorità solo nella forma della carità; ogni altra forma di potere diventa caricatura del Vangelo. È un programma tanto semplice quanto radicale: non si “comanda” l’altro, lo si serve. Per questo motivo sono fuori luogo quelle pretese di alcuni laici e laiche che “vogliono accedere al ministero ordinato per poter esercitare potere”. 

Affermava
Benedetto XVI: «Infatti, nessuno è realmente capace di pascere il gregge di Cristo, se non vive una profonda e reale obbedienza a Cristo e alla Chiesa, e la stessa docilità del Popolo ai suoi sacerdoti dipende dalla docilità dei sacerdoti verso Cristo; per questo alla base del ministero pastorale c’è sempre l’incontro personale e costante con il Signore, la conoscenza profonda di Lui, il conformare la propria volontà alla volontà di Cristo».

L’amore come forza sociale

Su questo crinale si incontrano la dottrina sociale della Chiesa e la migliore riflessione contemporanea. Benedetto XVI, nell’enciclica Deus caritas est, descrive l’amore come dinamismo capace di rigenerare il tessuto umano: «L’amore è “divino” perché viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni» (n. 18).

La carità assume così un profilo politico: dove l’amore crea un “noi”, l’odio non attecchisce, la violenza non trova consenso, l’emarginazione non diventa struttura. In mezzo alle crisi ambientali ed economiche, il Papa chiama i cristiani a essere lievito: pochi grammi che, nascosti, fanno fermentare l’intera pasta. È la logica dei gesti umili che trasformano più di mille proclami.

Lo stesso dinamismo emerge nelle parole dello scrittore Alessandro D’Avenia, apprezzato soprattutto dai giovani: «Perché solo l’amore può arrivare dove anche la parola fallisce». Dove falliscono ideologie e retoriche di scontro, l’amore — inteso come dedizione concreta — raggiunge l’altro, lo riconosce, lo salva.

Prendere sul serio «l’ora dell’amore» significa aprire almeno tre cantieri:

1. Conversione delle relazioni interne. Se davvero la Chiesa “presiede nella carità”, allora è fondamentale che anche al suo interno si impari ad apprezzare le differenze, a ritrovare l’ascolto reciproco, evitando la logica del chiacchiericcio sterile e aprendo invece spazi di confronto sincero. Anche nelle relazioni tra presbiteri è urgente riscoprire un ascolto accogliente e non giudicante, capace di costruire comunione nella verità.

2. Curare le ferite. La credibilità della Chiesa cresce laddove essa sa farsi prossima agli scartati portando Gesù Cristo. Questo non significa ridursi a un’attività associativa, ma saper accogliere ogni persona, anche la più scomoda, senza pregiudizi. Oggi, contrariamente a una certa narrazione dominante, tra gli scartati ci sono spesso gli stessi presbiteri ingiustamente accusati, vittime di gravi distorsioni mediatiche o di attacchi strumentali da parte di collaboratori.

3. Annunciare la Verità: “Solo l’umiltà può trovare la Verità, e la Verità è a sua volta il fondamento dell’Amore, da cui tutto, in ultima analisi, dipende” — scrisse colui che Papa Leone XIV definisce “un altro Benedetto”, sottolineando così il profondo legame tra Benedetto XVI e Benedetto da Norcia. Oggi abbiamo paura di dire la Verità, ma, proprio come ha spiegato il Papa, «da parte sua, la Chiesa non può mai esimersi dal dire la verità sull’uomo e sul mondo, ricorrendo quando necessario anche ad un linguaggio schietto, che può suscitare qualche iniziale incomprensione». 

4. Narrazione culturale alternativa. L’amore non è semplice sentimentalismo: è la forza di mettersi a nudo, di disarmarsi, per costruire la pace. Vuol dire opporsi con coraggio a modelli economici ingiusti che creano esclusione, ma anche impegnarsi in soluzioni concrete come la finanza etica e l’economia circolare. Significa smascherare le narrazioni distorte, spesso diffuse dai media o da certi poteri interessati, e scegliere stili di vita più sobri, consapevoli e responsabili.

In occasione dell’udienza con gli operatori dell’informazione, Papa Leone XIV ha lanciato un appello forte e chiaro: «Disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa e muscolare, ma una comunicazione capace di ascolto, che sappia raccogliere la voce dei deboli, di chi non ha voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci consente di condividere uno sguardo nuovo sul mondo e di agire in coerenza con la nostra dignità umana».

Obiezioni e risposte

«Non è troppo ingenuo parlare d’amore mentre il mondo brucia?» La domanda è seria. Il Papa l’anticipa: l’amore cristiano non “cattura con propaganda o potere” ma serve. È la risposta più concreta al realismo dei conflitti: abbattere la logica amico/nemico costruendo comunità inclusive.

«Il termine amore è inflazionato», avvertiva Benedetto XVI. Per questo Leone XIV lo coniuga al verbo “donare”. Finché resta emozione, l’amore si consuma; quando diventa scelta, trasforma la storia, anche a costo di apparire perdenti. Nella logica pasquale la sconfitta è seme di risurrezione.

Piccola grammatica per il cristiano

Comincia in casa, in comunità: ascolta prima di parlare, perdona prima di giustificarti.

Allarga il cerchio: non restare nel tuo “gruppo laicale” o nel tuo “vicariato di zona”, non parlare solo con chi “la pensa come te”, rapportati con più persone. 

Cambia il linguaggio: sui social, scegli parole che costruiscono; l’algoritmo dell’odio si disinnesca con scelte individuali reiterate. Sul lavoro, documentati prima di scrivere. Nel ministero, non lamentarti ma cerca soluzioni condivise. 

Forma la coscienza: meditazione quotidiana del Vangelo, confronto con i confratelli, letture che ci invitano a riflettere e a cambiare: la fede cresce quando si nutre di verità condivise.

Scegliere il tempo di Dio

«Il nostro cuore non ha posa finché non riposa in Te», ricordava Leone XIV citando Agostino. E il “riposo” è l’amore divino. Se è “ora”, non possiamo rinviare: il tempo favorevole è oggi. Ogni ritardo rende l’amore un’idea astratta.

Nel suo ultimo saluto, Papa Francesco benedisse il mondo a Pasqua per ricordare che la vita vince la morte quando l’amore rifiuta di arrendersi. Leone XIV raccoglie quel testimone, invitandoci a fare altrettanto: Essere «piccolo lievito» di unità, comunione e fraternità in un mondo frammentato.

Chi cerca un cristianesimo “utile” alla polis lo troverà nel grembo di relazioni riconciliate; chi desidera un orizzonte spirituale scoprirà nell’amore la categoria capace di abbracciare insieme cielo e terra. Per questo, davvero, questa è l’ora dell’amore. Non resta che viverla.

d.I.E.
Silere non possum