«Il sacerdote esce dalla sacrestia e va all’altare per offrire il santo Sacrificio… Egli è paratus, cioè rivestito dei sacri indumenti propri per la celebrazione della santa Messa» - Dom Prosper Guéranger, La Messa spiegata
Ogni Santa Messa comincia con un passo, e ogni passo è un ingresso nel Mistero. Quando il sacerdote avanza verso l’altare, non sta solo “iniziando una funzione”: egli si muove, visibilmente, verso Dio. È l’uomo che torna alla sua sorgente. Guéranger ci invita a vedere in questo movimento una vera e propria processione interiore. Il sacerdote, paratus, non è soltanto vestito di paramenti; è rivestito di Cristo.
Il Messale Romano lo chiama “Introito”, ma l’etimologia ci dice qualcosa di più profondo: introitus significa “entrare”. Entrare dove? Nella presenza.
Non si tratta solo di un rito introduttivo, ma di un rito di accesso: l’uomo, contaminato dal tempo e dalla polvere del mondo, si prepara ad attraversare la soglia. “Introibo ad altare Dei, ad Deum qui laetificat juventutem meam” - “Salirò all’altare di Dio, al Dio che è la gioia della mia giovinezza.”
Guéranger osserva che questo salmo, il Judica me, è un canto di fiducia e di desiderio: l’anima si riconosce inquieta eppure attratta dalla luce. È per questo che la Chiesa lo pone come prima parola: l’uomo entra nella Messa come chi desidera essere purificato. Ratzinger, più di un secolo dopo, avrebbe scritto: «Nella liturgia l’uomo non guarda a sé, ma a Dio. È condotto fuori da sé per essere introdotto nella realtà dell’Altro».
È lo stesso movimento: uscire dal proprio io per entrare nella lode. Ogni fedele, anche se non avanza fisicamente, è chiamato a fare lo stesso cammino interiore. L’altare non è solo di fronte a noi: è la direzione della nostra anima.
La domanda che ci deve mettere inquietudine, quindi, è: «Sono disposto a salire all’Altare del Signore?»
p.P.S.
Silere non possum