Città del Vaticano – Nell’Aula Paolo VI gremita di studenti provenienti da ogni parte del mondo, Leone XIV ha tenuto questa mattina un discorso in occasione dell’udienza del mondo educativo, momento culminante del Giubileo dedicato alla scuola, all’università e alla cultura.

Il tono è stato insieme paterno e appassionato: un dialogo diretto con i giovani, nella forma semplice e profonda che ormai contraddistingue il suo magistero. Il Papa ha iniziato ricordando san Pier Giorgio Frassati, “lo studente che seppe unire passione per Dio e amore per il prossimo”, e lo ha proposto come modello di una giovinezza che non si accontenta del “vivacchiare”. “Abbiate l’audacia di vivere in pienezza - ha detto - non fermatevi alle apparenze. Sognate di più, chiedete al Signore di ispirarvi”. Da qui l’immagine che percorre tutto il discorso: il “verso l’alto”, l’invito a guardare oltre le mode, oltre lo schermo del telefono, per scoprire le stelle e la propria vocazione.

L’educazione come alleanza e come vocazione

“Come possiamo riuscirci?”, ha chiesto il Papa. “Attraverso l’educazione, uno degli strumenti più belli e potenti per cambiare il mondo”. Ricollegandosi al Patto Educativo Globale avviato da Papa Francesco nel 2019, Leone XIV ne rilancia ora una nuova fase, centrata su tre sfide decisive: la vita interiore, il digitale e la pace. L’educazione, ha spiegato, “non è solo trasmissione di nozioni, ma costruzione di comunità vive”. È “un’arte di formare costellazioni”, dove ogni persona è una stella che, unita alle altre, dà senso al cammino dell’umanità. La metafora astronomica - sviluppata con il rigore e l’immaginazione di un ex professore di matematica - è diventata la chiave di tutto il discorso. “Da soli siamo punti isolati, ma insieme formiamo un disegno. È così che si genera luce”.

In un passaggio Leone XIV ha citato il profeta Daniele: «Coloro che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno». “Educare - ha aggiunto - significa coltivare questa scintilla divina che ciascuno porta in sé”.

Educare alla vita interiore

Il primo tema, proposto dagli stessi giovani, è stato l’educazione alla vita interiore. Il Papa ha colto in questa domanda una sorta di “segno dei tempi”: “Non basta conoscere tutto, se ignoriamo chi siamo. Senza silenzio, senza ascolto, senza preghiera, perfino le stelle si spengono”. Dietro il disagio e la violenza di molti adolescenti, ha detto, si nasconde “il vuoto scavato da una società che non sa più educare alla dimensione spirituale”. Per spiegare, ha evocato sant’Agostino, il giovane inquieto che scoprì Dio dentro di sé: «Il mio cuore è inquieto finché non riposa in Te». Educare, dunque, “significa non fuggire la propria inquietudine, ma ascoltarla come una bussola verso l’infinito”.

Educare nel digitale

La seconda sfida è quella del digitale. Leone XIV non ne demonizza l’uso, ma invita a una consapevolezza nuova: “Non lasciate che sia l’algoritmo a scrivere la vostra storia: siate voi gli autori”. L’intelligenza artificiale – definita una delle “rerum novarum del nostro tempo” – non può sostituire il cuore umano: “Non basta essere intelligenti nella realtà virtuale, bisogna essere umani nella realtà reale”. Da qui l’appello a “umanizzare il digitale”, trasformandolo in “uno spazio di fraternità e creatività, non in una gabbia o in una fuga”. Come esempio, ha ricordato san Carlo Acutis, “un profeta del mondo digitale” che seppe fare di Internet uno strumento di evangelizzazione e non di isolamento.

Educare alla pace

Il terzo pilastro del discorso è la pace, definita “il cuore del nuovo Patto Educativo Globale”. Il Papa ha denunciato con forza la logica delle guerre e delle disuguaglianze educative: “Non basta far tacere le armi, occorre disarmare i cuori. L’educazione disarmante e disarmata crea uguaglianza e crescita per tutti”. La pace - ha spiegato - nasce da un’educazione che rifiuta la violenza, la volgarità e la discriminazione: “Non possiamo accettare che ci siano pochi privilegiati con scuole costosissime e tanti altri senza accesso all’istruzione”. E ha chiesto ai giovani di diventare operatori di pace “nella famiglia, nella scuola, nello sport, tra gli amici, e con chi viene da un’altra cultura”.

Lo sguardo verso l’alto

Il discorso si è chiuso tornando all’immagine iniziale delle stelle. Non quelle “cadenti, cui si affidano desideri fragili”, ma quelle che orientano il cammino. “Guardate verso l’alto - ha concluso Leone XIV - verso Gesù Cristo, il Sole di giustizia, che vi guiderà nei sentieri della vita.” In un tempo che rischia di educare alla superficialità e alla connessione continua, Leone XIV ha proposto una grammatica diversa: la profondità, la relazione e la speranza. Non un discorso motivazionale, ma un manifesto educativo: un invito a riscoprire la formazione come vocazione integrale della persona - mente, cuore e spirito - capace di orientare l’umanità verso la sua costellazione più vera.

d.G.T.
Silere non possum