Città del Vaticano – Tra le udienze di questa mattina, Papa Leone XIV ha ricevuto S.E.R. Mons. Athanasius Schneider, vescovo titolare di Celerina e ausiliare di Maria Santissima in Astana (Kazakhstan).

L’udienza assume un peso che va oltre la normale prassi: Schneider è infatti noto, da anni, come una delle voci più critiche nei confronti di diverse linee del pontificato precedente, soprattutto su liturgia, dottrina e impostazione del dialogo interreligioso. In particolare, è stato identificato pubblicamente come esponente dell’area tradizionalista e come contestatore di alcune scelte e di alcune formulazioni associate a Papa Francesco.

Un rapporto complicato ma non di frattura

Schneider ha certamente assunto posizioni dure e ripetute contro diverse decisioni e linee del pontificato precedente, ma sarebbe fuorviante ridurre tutto a una semplice frattura personale. Lo dimostra il fatto che, nel tempo, non sono mancati contatti istituzionali: in un’udienza del 2025 con Francesco, lo stesso Schneider riferì toni cordiali e la richiesta di pregare per il Papa. Proprio questa ambivalenza rende l’incontro di oggi particolarmente significativo: non è “la foto della riconciliazione”, bensì il segnale che il nuovo pontificato intende mantenere canali aperti anche con interlocutori polarizzanti.

Detto questo, c’è un punto che addolora lo stesso Pontefice: alcune figure - come il cardinale Burke, il cardinale Sarah e altri - possono anche esprimere analisi talvolta condivisibili, ma finiscono spesso strumentalizzati da ambienti di estrema destra o da gruppi tradizionalisti deviati, che usano ogni presa di posizione come clava identitaria, alimentando tifoserie e rendendo il clima irrespirabile nella Chiesa.

Chi è mons. Athanasius Schneider?

Nato nel 1961, formatosi in ambito religioso e divenuto vescovo in Asia centrale, Schneider si è distinto per la difesa delle pratiche liturgiche preconciliari e per interventi pubblici molto netti su temi dottrinali e disciplinari, con giudizi severi verso ciò che considera ambiguità o cedimenti della Chiesa contemporanea.

In questo quadro, la scelta di Leone XIV di riceverlo oggi va letta soprattutto come messaggio di metodo: ascoltare, senza trasformare le differenze in scomuniche mediatiche o in blocchi contrapposti. L’udienza, in altre parole, non equivale a un avallo delle posizioni di Schneider; indica però una priorità di governo: riportare il confronto dentro binari istituzionali, sottraendolo alla rissa permanente tra “schieramenti” cattolici.

Il gesto si presta a una doppia lettura. Da un lato, appare come un segnale di attenzione verso quegli ambienti tradizionalisti che negli ultimi anni hanno percepito di essere finiti ai margini. Dall’altro, dice qualcosa di più strutturale: la volontà di ricucire il tessuto interno della Chiesa non attraverso operazioni mediatiche, ma con una linea di governo fatta di incontri, in cui torna centrale il dialogo diretto, anche quando è scomodo e complesso.

p.L.C.
Silere non possum