Nei giorni scorsi è morto, all’età di 94 anni, Theodore McCarrick, una delle figure più controverse della Chiesa cattolica contemporanea. 

Chi era? 
Nato il 7 luglio 1930 a New York, Theodore Edgar McCarrick è stato ordinato sacerdote nel 1958. Il 24 maggio 1977 papa Paolo VI lo nominò vescovo ausiliare di New York e vescovo titolare di Rusubisir. Ricevette l’ordinazione episcopale il 29 giugno dello stesso anno nella cattedrale di San Patrizio.
Il 19 novembre 1981 fu nominato primo vescovo della nuova diocesi di Metuchen, per poi essere promosso arcivescovo metropolita di Newark il 30 maggio 1986. Il 21 novembre 2000 fu trasferito all’arcidiocesi di Washington. Papa Giovanni Paolo II lo creò cardinale il 21 febbraio 2001. Partecipò al conclave del 2005 che elesse papa Benedetto XVI. Il 16 maggio 2006 si ritirò per raggiunti limiti di età. Negli anni successivi emersero gravi accuse di abusi sessuali, che portarono alla sua riduzione allo stato laicale nel 2019.

Una riflessione
La notizia della morte di Theodore McCarrick ha rapidamente occupato le pagine dei giornali, accompagnata da titoli spesso duri, taglienti, a tratti vendicativi. Alcuni articoli sembravano voler infierire su un uomo già caduto in disgrazia, isolato, ormai ridotto a un’ombra di sé stesso. Eppure, proprio davanti alla morte – anche di chi ha portato su di sé colpe gravi – il Vangelo ci invita a fermarci e a chiederci: quale sguardo ci è chiesto come cristiani? Silere non possum è stato talvolta descritto come severo e intransigente nei confronti di persone oggetto di inchieste. In realtà, il focus è sempre rimasto su fatti concreti: questioni economiche, illeciti, scandali pubblici. Mai si è indugiato sulla vita privata. E così continueremo a fare, nonostante chi ha costruito la propria reputazione sul chiacchiericcio e sul giudizio verso i confratelli. Anche nel caso di McCarrick – come accaduto con Rupnik – ci siamo interrogati su questioni essenziali, come il ruolo del Papa nella gestione della vicenda. Lo abbiamo fatto quando queste persone erano ancora in vita, nel momento in cui avevano il diritto di difendersi, e la possibilità concreta di accertare la verità e rendere giustizia era ancora aperta.

Questo non è solo un atteggiamento cristiano, ma anche un criterio di utilità. Perché infierire su chi non può più rispondere? Ha senso scagliarsi contro un morto? Noi crediamo di no.

Fin dall’inizio, questa vicenda è stata segnata da molte zone d’ombra e da una comunicazione tutt’altro che limpida. McCarrick è stato spesso etichettato come “pedofilo”, quando in realtà gran parte delle accuse a suo carico riguardavano comportamenti con persone maggiorenni. Il nodo da sciogliere, semmai, era la natura di questi atti: si trattava di violenza? Di abuso di potere? Di relazioni improprie, certo, ma sicuramente non qualificabili come abusi su minori. In questo clima già confuso, le invettive dello squilibrato nunzio Carlo Maria Viganò – il cui equilibrio è dimostrato dallo stato in cui versa in questo momento, vittima di personaggi psicolabili e sospesi a divinis – hanno contribuito ad alimentare un clima di sospetto e divisione. Ne è nata una risposta senza precedenti: un memoriale di 461 pagine, diffuso dalla Segreteria di Stato, nel quale si afferma, in sostanza, che tutti hanno coperto McCarrick, tranne papa Francesco. Un documento che, di fatto, scarica le responsabilità sui predecessori del Papa regnante, con un tono che ferisce la verità e la comunione della Chiesa.

In questo contesto, non stupisce che oggi si leggano titoli imbarazzanti, che ricordano più la foga moralistica dei blog psicorepressi che la serietà del giornalismo. Titoli che puntano il dito, spesso senza cognizione, e ancor meno con coscienza. Eppure, pochi sembrano rendersi conto che la verità, su questa vicenda, è assai più complessa di come ci è stata raccontata.


Gesù è stato chiarissimo: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli» Lc 17,1-2. Nessuna indulgenza, nessuna giustificazione per il tradimento della fiducia e dell’innocenza. E tuttavia, lo stesso Gesù ha pronunciato parole di sconvolgente misericordia anche verso i peccatori più incalliti. Sulla croce ha detto al ladrone pentito: “Oggi sarai con me in Paradiso”. E ha pregato per i suoi carnefici: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.

È uno scandalo, questo perdono. È scomodo. Soprattutto quando riguarda chi ha ferito in modo irrimediabile. Eppure, se vogliamo davvero dirci seguaci di Cristo, dobbiamo misurarci anche con questa verità: la misericordia di Dio non ha limiti. Quel todos, todos, todos, di cui parla Francesco, riguarda tutti, proprio tutti. Non cancella la giustizia, ma ne è il compimento. Ogni uomo resta figlio di Dio fino all’ultimo respiro. Anche chi potrebbe aver tradito il proprio ministero. Anche chi ha provocato sofferenza e scandalo.
Non sappiamo cosa sia passato nel cuore di Theodore McCarrick negli ultimi anni della sua vita, segnati dalla solitudine, dalla caduta e dal disonore. Non sappiamo se abbia chiesto perdono, se abbia pregato, se nel segreto si sia abbandonato alla misericordia di Dio. Ma sappiamo una cosa: Dio guarda il cuore. Non i titoli dei giornali, né le invettive di chi si erge a giudice, magari portando dentro di sé le stesse colpe, solo più abilmente nascoste. Davanti alla morte, l’unica certezza che un cristiano può avere è che il giudizio ultimo non appartiene a noi. Per questo siamo chiamati ad assumere uno sguardo diverso. Non lo sguardo dell’indifferenza, né quello della complicità o della rimozione. Quando McCarrick era in vita, si è fatto quanto era possibile perché venisse alla luce la verità. Ora, però, resta solo lo sguardo del silenzio rispettoso, della preghiera discreta, della speranza che non esclude nessuno.

Resta la fede in un Dio che non si scandalizza della nostra miseria, ma si commuove per ogni ritorno, anche il più tardivo. La fede che, fino all’ultimo istante, la porta può restare aperta. Anche per lui. Anche per chi è caduto. E lo scandalo più grande – anche per noi cristiani – è proprio questo: che in punto di morte McCarrick abbia potuto sussurrare, con sincerità e dolore, le parole: «Gesù, ti amo. Abbi misericordia di me».

d.L.A.
Silere non possum