Diocesi di Brescia

Sabato 20 aprile 2024 alle ore 18.30 nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria a Brescia S.E.R. Mons. Pierantonio Tremolada, vescovo diocesano, ha presieduto la sacra ordinazione diaconale del religioso Carlos Ivan Romero Villaroel, F.N..

Villaroel appartiene alla Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth. È nato nel 1988 a Santiago del Cile. Ha svolto gli studi superiori nella Società salesiana di San Giovanni Bosco. Nell’anno 2007 è entrato nel seminario diocesano. Ne è poi uscito ed ha svolto gli studi universitari per poi entrare nella Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth nel 2013. Nel 2017 ha iniziato il noviziato in Italia ed ha professato i voti semplici di povertà, castità e obbedienza. Ha svolto gli studi di filosofia e di teologia presso lo studio teologico Paolo VI di Brescia. Nel 2023 ha professato i voti perpetui nella Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth fondata da San Giovanni Battista Piamarta. Proprio in questo giorno si commemorano in diocesi tutti i santi della Chiesa Bresciana, fra cui è annoverato anche Piamarta.

Il vescovo Pierantonio ha ricordato: «Oggi ti viene fatto dono del diaconato. Qual è la peculiarità del sacramento dell’ordine che celebriamo adesso in rapporto con il sacramento del battesimo che tu hai ricevuto come tutti noi? Ciò che specifica la grazia di questo sacramento va ricercata nella prospettiva del servizio. La parola diacono significa “colui che si mette a servizio” e richiama la persona del Signore nel momento in cui si inchina davanti ai suoi discepoli per lavare loro i piedi compiendo un gesto di grande umiltà ma lasciando intendere che quel gesto richiama ciò che accadrà tra poco quando salirà sulla croce. Con il dono di sé, anticipato in questo segno, Gesù in realtà salva. Salva i suoi per primi ma poi salverà tutti» e ancora «Il Cristo è l’atteso, Colui che tutti aspettavano, soprattutto Israele. Colui del quale parlano le Scritture, i profeti lo annunciano. Avrà una missione da compiere il Messia, qual è? Quella di salvare l’umanità. Su questo insiste molto Pietro: “In nessun altro nome c’è salvezza, solo in Lui, Lui soltanto può salvare”. Ciò che è implicito è che c’è bisogno di questa salvezza. E in effetti c’è bisogno. La parola salvare significa trar fuori da una condizione che compromette la vita e introdurre in un’altra condizione che invece la esalta, la rende vera, le dà la pienezza, di ciò che si desidera. Salvare vuol dire questo. La guarigione del paralizzato, dello storpio diventa un’immagine: gli viene ridata la vita, viene salvato». 

F.P.

Silere non possum

Omelia di S.E.R. Mons. Pierantonio Tremolada

Carissimo Carlos,

Carissimi tutti,

celebriamo la tua ordinazione diaconale Carlos, nel tempo pasquale. La celebriamo con il cero acceso sull’altare, quel cero che ricorda il Cristo risorto. La chiamiamo una felice coincidenza? È di più. Il tempo pasquale è il tempo più bello dell’anno liturgico. È un tempo che la liturgia considera un unico giorno ma che è composto da diverse settimane. È il tempo che va dalla Domenica di Pasqua di Risurrezione fino alla Pentecoste. È un tempo, dunque, lungo che però è donato alla Chiesa perché rimanga come immersa nella gioia della Pasqua. Come a dire: la gioia della Pasqua non può durare una sola Domenica, deve durare tante settimane fino al giorno in cui si celebra, nella liturgia, l’effusione dello Spirito Santo. Durante queste settimane del tempo pasquale la liturgia ci propone la meditazione del Libro degli Atti degli Apostoli, che noi leggiamo in modo continuo. Vorrei allora soffermarmi sulla pagina che abbiamo ascoltato quest’oggi per raccogliere e condividere qualche pensiero che ci aiuti a vivere ancora più intensamente questo momento. Qualche pensiero che ci introduca nel segreto di questa celebrazione del sacramento dell’ordine nella forma del diaconato.

Nel periodo che segue immediatamente la morte del Signore e le Sue apparizioni ai discepoli, quando cioè Gesù saluta i suoi e sale al cielo e non lo vedranno più, comincia il grande cammino della Chiesa. La Chiesa delle origini è da subito segnata da un avvenimento molto importante che impressiona tutti gli abitanti di Gerusalemme. È a questo avvenimento che fa riferimento il testo che abbiamo ascoltato. Davanti alla porta cosiddetta “bella”, del grande tempio di Gerusalemme, magnifico, grandioso, c’era, al tempo di Gesù prima e poi degli apostoli, un uomo storpio che non riusciva a camminare e che chiedeva l’elemosina alla gente che entrava da quella porta. Tantissima gente. Era dunque un povero che aveva bisogno dell’aiuto degli altri come se ne vedono ancora oggi davanti alle nostre chiese. Tutti lo conoscevano perché tutti passavano da quella porta. Ora succede che quest’uomo si trova davanti Giovanni e Pietro, i quali non conosce. Pietro, ci viene raccontato in una pagina precedente a questa che abbiamo letto del libro degli Atti degli Apostoli, si trova davanti a quest’uomo che alza gli occhi, lo guarda, tende la mano sperando di ricevere qualcosa, qualche moneta. Pietro gli dice: «Guarda io non ho né oro né argento ma quello che ho te lo do. Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno alzati e cammina». Quest’uomo si alza e si mette a camminare. Mentre Pietro entra nel Tempio lo accompagna e tutti lo vedono, tutti lo guardano, tutti lo conoscono e tutti si domandano: “Ma cosa è successo?”. Questa domanda poi la pongono a Pietro anche quanti compongono il sinedrio di Gerusalemme, il grande consiglio della nazione giudaica, e qui veniamo al nostro brano.

Vengono chiamati da coloro che, bisogna riconoscerlo, purtroppo ebbero la maggiore responsabilità nella decisione della morte di Gesù. Questi convocano anche i suoi apostoli, i suoi seguaci e dicono loro: “Ma perché continuate a parlare di questo nome e come è successo che voi avete guarito quest’uomo, cosa gli avete fatto?”. Qui ascoltiamo la dichiarazione di Pietro che dice: “Visto che siamo stati interrogati sul beneficio che è stato dato a quest’uomo infermo e cioè che per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi che è nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, che costui vi sta davanti sano” e poi aggiunge: “In nessun altro c’è salvezza. Non c’è, infatti, sotto il cielo altro nome dato agli uomini nel quale è stabilito che noi siamo salvati”. Questa è una dichiarazione molto chiara, molto forte, anche molto coraggiosa. Vorrei porre l’attenzione su questo: “Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno”. È importante notare che Pietro non usa solo il nome di Gesù, non dice soltanto nel nome di Gesù il Nazareno, ma dice il nome di Gesù Cristo il Nazareno. È la stessa formula che lui aveva utilizzato rivolgendosi all’uomo storpio: “Nel nome di Gesù Cristo alzati e cammina”. Per cui il nome proprio di Gesù è ormai inseparabile dalla qualifica di “Cristo”. Il nome diventa Gesù Cristo. Vorrei, dunque, sottolineare questo punto: il nome Gesù è il suo nome proprio. Forse ricorderete che ci fu un solo uomo che pronunciò questo nome rivolgendosi a Lui, usando proprio il suo nome: Gesù. Fu il buon ladrone, noi lo chiamiamo così, cioè quello che era stato crocifisso con lui e che stava morendo con Lui sulla croce. Il buon ladrone si rivolge a Lui e gli dice: “Gesù ricordati di me quando sarai nel Tuo regno”. Il nome Gesù, dunque, ci richiama in particolare la misericordia di Dio. Quest’uomo viene accolto nel regno, Gesù gli dice: “Oggi sarai con me in paradiso”. Quest’uomo, il quale aveva sbagliato tutto nella vita, e che però lo aveva riconosciuto. Quest’uomo che all’altro uomo crocefisso con Gesù, il quale lo disprezzava e che si rivolgeva a Gesù in modo sprezzante, disse: “Ma noi ce lo meritiamo tutto questo che non l’ha fatto nulla di male”.

“Gesù ricordati di me”, questo nome richiama la misericordia. La qualifica di Cristo, la quale è ormai inseparabile dal nome di Gesù, richiama la potenza. Chi è il Cristo? Il Cristo è l’atteso, Colui che tutti aspettavano, soprattutto Israele. Colui del quale parlano le Scritture, i profeti lo annunciano. Avrà una missione da compiere il Messia, qual è? Quella di salvare l’umanità. Su questo insiste molto Pietro: “In nessun altro nome c’è salvezza, solo in Lui, Lui soltanto può salvare”. Ciò che è implicito è che c’è bisogno di questa salvezza. E in effetti c’è bisogno. La parola salvare significa trar fuori da una condizione che compromette la vita e introdurre in un’altra condizione che invece la esalta, la rende vera, le dà la pienezza, di ciò che si desidera. Salvare vuol dire questo. La guarigione del paralizzato, dello storpio diventa un’immagine: gli viene ridata la vita, viene salvato.

Caro Carlos, tu vieni ordinato oggi nel nome del Signore Gesù Cristo. Nel nome di Gesù Cristo. Cioè, questa ordinazione ti immerge in un modo nuovo in quella che è la misericordia di Dio rivelata da Gesù e in quella che è la potenza di salvezza che si compie nella persona di Gesù. Questa potenza di salvezza è quella del Cristo risorto che si irradia ancora oggi nel mondo ed è inseparabile dall’infinita misericordia del Padre per gli uomini e per le donne di ogni tempo. Noi tutti, come battezzati, siamo chiamati a essere testimoni di Gesù Cristo e quindi della misericordia del Padre che è nei cieli per tutti gli uomini e donne di ogni tempo e anche di questa potenza che è capace di risanare la vita, di restituirla, di rinnovarla, di rigenerarla. Dopo il battesimo può succedere di ricevere in dono anche un altro sacramento. Nel tuo caso quello dell’ordine che ha tre gradi: diaconato, presbiterato ed episcopato. Oggi ti viene fatto dono del diaconato. Qual è la peculiarità del diaconato? Qual è la peculiarità del sacramento dell’ordine che celebriamo adesso in rapporto con il sacramento del battesimo che tu hai ricevuto come tutti noi? Ciò che specifica la grazia di questo sacramento, il diaconato, cioè l’ordine nella forma del diaconato, va ricercata nella prospettiva del servizio. La parola diacono significa “colui che si mette a servizio” e richiama la persona del Signore nel momento in cui si inchina davanti ai suoi discepoli per lavare loro i piedi compiendo un gesto di grande umiltà ma lasciando intendere che quel gesto richiama ciò che accadrà tra poco quando salirà sulla croce. Con il dono di sé, anticipato in questo segno, Gesù in realtà salva. Salva i suoi per primi ma poi salverà tutti. Ecco la potenza e la misericordia che si incarnano in una scelta di servizio nei confronti degli altri. Inchinandoti umilmente davanti ad ognuno che Gesù ha salvato con il Suo sangue, lavando i piedi di tutti, in particolare dei più poveri, tu sarai veramente diacono. Sarai vero servitore di Gesù Cristo, il figlio amato da Dio che si è fatto servo di tutti ed è divenuto, con la sua Resurrezione, il nostro Salvatore. Sarai il Suo apostolo, sarai il Suo ambasciatore, sarai il Suo messaggero, il Suo testimone. Ti aiuti Lui, dunque, a fare della tua vita un servizio a favore di tutti per il bene della Chiesa e per il bene del mondo. Ricordando quello che ci dice San Paolo, richiamando un detto di Gesù che non troviamo nei Vangeli: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.

+ Pierantonio Tremolada