È la Commissione Tutela della Professione dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia ad intervenire a seguito della segnalazione della consacrata Anna Deodato. La dottoressa Vidale riferisce: "[..] la nostra Commissione Tutela ha provveduto ad inoltrare alla persona segnalata diffida per l'improprio uso del titolo professionale e richiesta di chiarimenti con riferimento a possibili condotte di esercizio abusivo della professione di psicologo nell'ambito dell'attività di accoglienza e ascolto posta in essere dalla stessa segnalata."
La vicenda
La donna, infatti, era stata segnalata da Silere non possum per aver utilizzato impropriamente il titolo di psicologa-psicoterapeuta nell'ambito dei suoi compiti quale membro del Servizio Nazionale per la Tutela dei Minori della Conferenza Episcopale Italiana e di membro della pastorale vocazionale dell'Arcidiocesi di Milano.
In numerosi incontri, Deodato, veniva presentata quale psicologa. Fra gli altri: dalla Pontificia Università Gregoriana, dall'agenzia Sir e da altri quotidiani. Della donna però non vi è traccia nell'albo nazionale e non ha mai conseguito alcun titolo che possa permetterle l'abilitazione alla professione.
La consacrata è stata anche al fianco di padre Amedeo Cencini e don Enrico Parolari negli incontri con la comunità di Bose. Anche in queste occasioni ha svolto attività di ascolto e formazione. Come chiarisce l'ordine degli psicologi, ora è stata diffidata ad utilizzare tale titolo e dovrà fornire chiarimenti sulle possibili condotte messe in essere durante la sua attività di "accoglienza e di ascolto".
Si tratta di un fatto molto grave perché tale condotta non solo configura il reato di usurpazione di titoli o di onori del Codice penale (art. 498), ma potrebbe anche trarre in inganno molti fedeli, i quali potrebbero rivolgersi a lei convinti della sua professionalità. Ma non solo, le posizioni della signora Deodato, in quanto prive di qualsiasi fondamento scientifico, potrebbero essere erroneamente ricollegate ad un pensiero condiviso fra gli psicologi, di cui lei non fa parte. Per questo motivo auspichiamo che la Conferenza Episcopale Italiana e l'Arcidiocesi di Milano provvedano a porre fine a questo comportamento illecito e ad affidare compiti così delicati a persone più affidabili e meno opache.