Patriarch Pizzaballa responds to criticism from the Israeli Embassy to the Holy See

“Il messaggio dei patriarchi è partito quando non si aveva ancora piena coscienza di quello che stava accadendo. Comprendiamo lo stato d’animo degli israeliani di fronte all’orrore e alla barbarie di cui solo ora si prende coscienza. Forse sono stati troppo precipitosi nel rispondere ma non è il momento delle polemiche. La situazione è gravissima, dobbiamo lavorare per comprenderci”. Sono le parole che Sua Beatitudine il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, O.F.M affida al Quotidiano Nazionale dopo che l’Ambasciata d’Israele presso la Santa Sede ha emesso un vergognoso comunicato nel quale attacca i leaders delle Chiese di Gerusalemme perchè non hanno definito, a suo dire, con chiarezza chi è il cattivo e chi il buono.

Forse la rabbia di Israele deriva dal fatto che i patriarchi non hanno nominato Hamas nel comunicato?, domanda il giornalista. “Sì, è questo il problema, ma loro sono entità politiche. È evidente che noi non possiamo usare il loro linguaggio. Cercheremo di comprendere le loro ragioni, ma non sono loro a determinare quello che diciamo noi“, ha risposto il porporato che è giunto da poche ore nella sua Gerusalemme ed ha specificato: “La situazione attuale manifesta in maniera evidente che la questione palestinese non è risolta”. 

“I santuari resteranno aperti anche per una questione di principio: sono luoghi di preghiera, è la cosa di cui c’è più bisogno in questo momento”, ha rassicurato.

“È tutto presidiato, ci sono più check point di prima. Controllano il territorio perché temono gli attacchi. Lo fanno in maniera molto meticolosa ma insomma, ci si può ancora muovere”, ha riferito il presule.

Che cosa risponde all’Ambasciata?

“Il messaggio dei patriarchi è partito quando non si aveva ancora piena coscienza di quello che stava accadendo. Comprendiamo lo stato d’animo degli israeliani di fronte all’orrore e alla barbarie di cui solo ora si prende coscienza. Forse sono stati troppo precipitosi nel rispondere ma non è il momento delle polemiche. La situazione è gravissima, dobbiamo lavorare per comprenderci”.

Forse la rabbia di Israele deriva dal fatto che i patriarchi non hanno nominato Hamas nel comunicato?

“Sì, è questo il problema, ma loro sono entità politiche. È evidente che noi non possiamo usare il loro linguaggio. Cercheremo di comprendere le loro ragioni, ma non sono loro a determinare quello che diciamo noi”.

È vero che i santuari della Custodia di Terrasanta rimarranno aperti nonostante l’emergenza per consentire i pellegrinaggi?

“La Terrasanta è una terra di pellegrinaggi, ce ne sono tantissimi. Quello che è accaduto è stato come l’eruzione di un vulcano: nessuno la poteva prevedere. Ci sono migliaia di pellegrini, non solo italiani, qui. Alcuni sono bloccati perché gli aeroporti sono chiusi. Altri vogliono concludere il pellegrinaggio. Per questo i luoghi santi restano aperti. Ma anche per una questione di principio: sono luoghi di preghiera, è la cosa di cui c’è più bisogno in questo momento”.

A Gaza invece c’è una piccola comunità cristiana: poco più di mille fedeli dei quali solo un centinaio cattolici, appartenenti all’unica parrocchia latina della Striscia, dedicata alla Sacra Famiglia. Loro come stanno vivendo questa situazione?

“Stanno tutti bene. La maggior parte si è concentrata nel complesso della chiesa per stare al sicuro ed essere più uniti e sostenersi non l’altro. Ma anche per loro la situazione è difficile: Gaza è sotto i bombardamenti, le bombe non fanno distinzioni”.

Lei ha parlato della necessità di trovare una soluzione duratura e globale al conflitto palestinese-israeliano in questa terra.

“La situazione manifesta in maniera evidente che la questione palestinese non è risolta. Così come è chiaro che questa barbarie non ha alcuna giustificazione e non è un modo per reclamare i propri diritti. Ora però che c’è il fuoco delle armi bisogna fare il possibile per ricostruire la fiducia. Ma sappiamo che purtroppo è solo un primo passo”.