Venerdì 6 dicembre 2024 il Predicatore della Casa Pontificia ha offerto alla Curia Romana la prima predica d'avvento sul tema “Le Porte della Speranza”. Verso l’apertura dell’Anno Santo attraverso la profezia del Natale.

«Il Signore vi dia pace e ne dia un po’ anche a me che con questa meditazione provo a raccogliere la lunga e preziosa eredità di padre Raniero Cantalamessa, che per ben 44 anni ha fatto di suonare qui in questo luogo nel cuore della Chiesa, la gioia e la luce del Vangelo di Cristo. A lui va tutta la nostra gratitudine»
ha esordito Padre Roberto Pasolini. «In queste meditazioni di Avvento ci lasceremo un po’ guidare dalla voce dei profeti, varcando con loro alcune porte ideali. La prima, che proviamo ad aprire, è quella dello stupore» ha spiegato. 

Parlando dei profeti, il predicatore ha ricordato che attraverso loro «Dio riafferma la fedeltà del suo amore e offre al popolo una nuova opportunità». E ha detto: «Ogni oracolo profetico cerca di favorire l’incontro tra due libertà, quella di Dio, sempre fedele alla sua alleanza e quella dell’uomo che spesso è incerta e titubante». Poi ha continuato: «Chi di noi non ha mai sottoscritto, almeno una volta, le parole del Qoelet: “Vanità delle vanità, tutto è vanità. Quale guadagno viene all’uomo per tutta la fatica con cui si affanna sotto il sole? Una generazione va e un’altra arriva, ma la terra resta sempre la stessa” “Quel che è stato sarà e quel che si è fatto si rifarà non c’è niente di nuovo sotto il sole”. Eppure, la voce dei profeti ci raggiunge proprio qui dove siamo tentati di credere che la realtà non ci possa più offrire spiragli di luce, che le promesse a cui magari abbiamo provato a credere, forse non si compiranno mai, che le cose migliori siano sempre nel passato».



Nel podcast di Silere non possum abbiamo parlato della risposta di Maria all'annuncio dell'angelo comparandola con quella di Giuseppe. Proprio su questo si è soffermato il Predicatore della Casa Pontificia questa mattina: «Ora per provare ad ascoltare queste voci profetiche di cui questo tempo ci fa grande dono, proviamo a volgere lo sguardo a due figure femminili, quella di Elisabetta e quella della vergine Maria». Guardando alla decisione di Elisabetta e alla sua risposta alla volontà di Dio, Pasolini osserva: «Ora noi pensiamo che la vita sia sempre segnata dalle sue condizioni iniziali. Questo ci condiziona molto nella nostra vita umana, cristiana e ecclesiale. Il Vangelo ci ricorda che tra le premesse e lo sviluppo di una esistenza, qualsiasi vita, c’è anche discontinuità. E oggi abbiamo molto bisogno di recuperare questo sguardo profondo evangelico sulla realtà perché viviamo un tempo straordinario in cui accanto a gravi ingiustizie, guerre e violenze che purtroppo affliggono ogni angolo del mondo emergono nuove scoperte, promettenti percorsi di liberazione. Eppure, in questo scenario, antico e nuovo, siamo talvolta troppo concentrati sul presente. Fatichiamo ad investire sul futuro, siamo avvolti da tante preoccupazioni, imprigionati anche in un materialismo molto opprimente e non riusciamo più a cogliere né il sogno né il tocco di Dio nella realtà. Ecco perché tendiamo a immaginare il domani sempre come la fotocopia dell’oggi e a ripetere gesti, routine quotidiane, a volte senza cuore e senza più neanche grande speranza. In questo clima diffuso la tentazione del mondo potrebbe essere quella di confidare molto sulle proprie forze e quella della Chiesa di chiudersi in una nostalgia di se stessa. Il no di Elisabetta, che rimette il destino di questo bimbo nelle mani di Dio, ci ricorda che niente e nessuno è soltanto condizionato dalla propria storia e dalle proprie radici ma è anche ricondizionato continuamente dalla grazia di Dio. Ci sono tanti no che aspettano di essere pronunciati. Non solo quelli contro il male esplicito, ma anche quelli contro quel sottile male che è l’abitudine a portare avanti le cose senza avere mai il coraggio di ripensarle seriamente e di farlo insieme. Per pronunciare questi coraggiosi no ci serve credere che Dio sia all’opera dentro la storia, che il meglio possa ancora venire e che tante cose belle per la Chiesa e per il mondo possano ancora succedere». Poi, guardando a Maria, spiega: «Se in Elisabetta abbiamo visto come sia necessario saper dire no all’apparente continuità delle cose e dei legami ora guardiamo a Maria di Nazareth per scorgere invece la necessità di saper dire sì alla novità di Dio». 

«Per questo -ha detto il Predicatore - abbiamo bisogno del tempo di avvento e dell’attesa e dell’ascolto per permettere alla voce di Dio di entrare in noi e raccontare di nuovo quello che siamo quello che possiamo essere ai suoi occhi». Pasolini ha concluso esortando i presenti: «Se vogliamo incamminarci verso il Natale del Signore e attraversare la porta del giubileo con una viva speranza, il primo movimento del cuore che oggi abbiamo provato a ridestare è proprio quello dello stupore. Non basta, per farlo, ascoltare le parole buone, vere e promettenti che Dio ci rivolge soprattutto in questo tempo di avvento. Occorre prima sciogliere le rigidità del cuore sapendo dire “no” a tutto quello che rischia di chiuderci e di appesantirci: la paura, la rassegnazione, il cinismo. Solo così potremmo aprirci alla novità di Dio e varcare le porte della speranza in vista di un tempo nuovo, forse anche di un modo nuovo di essere Chiesa nel mondo e per il mondo. Solo se sapremo accogliere lo stupore di fronte alla presenza e all’opera di Dio nella storia, sapremo dilatare i confini della speranza e potremmo camminare insieme a tutti i nostri fratelli e sorelle in umanità per riconoscere quei tanti semi di Vangelo che sono già presenti nella realtà e che sono pronti a germogliare per manifestare nel mondo la bellezza del regno di Dio».