Diocesi di San Marino - Montefeltro

Sabato 20 aprile 2024 nella Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio in Acerenza è stato ordinato S.E.R. Mons. Domenico Beneventi, vescovo eletto di San Marino-Montefeltro. La celebrazione è stata presieduta da S.E.R. Mons. Francesco Sirufo, Arcivescovo di Acerenza. Nella sua omelia il presule ha ricordato: «Mi piace molto nella prima lettura la parola “custodia”, tu angelo della Chiesa che è in S. Marino-Montefeltro sei chiamato a coprire, proteggere, difendere, avvolgere come un padre, che avvolge con le sue braccia i figli per amore e protezione, contro i lupi rapaci, anche a costo del pericolo e della vita. Ci sono i lupi, dentro e fuori, e stanno aumentando, che parlano di cose perverse per attirare discepoli, simpatizzanti e ammiratori, dietro di loro, disprezzando la via di Cristo. Il pastore: oltre al senso di guida del popolo di Dio, avanti, dentro e dietro, come si esprime efficacemente papa Francesco, che ancora ringraziamo con gioia per averti scelto nel nostro popolo come vescovo, del termine pastore mi piace prendere anche il significato di pasto. Il pastore è anche colui che offre il pasto al suo gregge, conducendolo ad acque tranquille e a pascoli ubertosi». E ancora: «Oggi il pasto assolutamente necessario è il kèrigma, il primo annuncio sempre, l’evangelizzazione, la catechesi, la predicazione. Il pasto è la grazia dei Sacramenti, massimamente il battesimo e la cena eucaristica al sacrificio dell’altare, indispensabile cibo venuto dal cielo per la vita e la missione di tutti i battezzati e cresimati: tu ministro originario e ordinario del sacro Crisma segno dello Spirito Santo». L'arcivescovo non ha dimenticato di sottolineare: «L’Apostolo parla di lacrime incessanti nella vigilanza apostolica: la gioia non mancherà, le lacrime pure, anche se nell’amore non c’è timore. Le sofferenze e le prove provengono a noi dalla nostra umana debolezza e dalla debolezza altrui, chierici e laici, inevitabile. Fratelli e sorelle che bisogna abbracciare come Gesù Cristo che non esitò a salire sul patibolo per amore dei suoi, anche nel momento di forti grida e lacrime, nella speranza che il Padre libera sempre». 

L'ingresso in diocesi del nuovo vescovo è previsto per Sabato 18 maggio ore 16 con la celebrazione di presa di possesso che si svolgerà nella Cattedrale di Pennabilli.

d.S.L.
Silere non possum 

Omelia di S.E.R. Mons. Francesco Sirufo

Carissimi tutti, nell’innodia mattutina del tempo di Pasqua abbiamo pregato: “Ecco il gran giorno di Dio splendente di santa luce, nasce nel sangue di Cristo l’aurora di un mondo nuovo” Vorrei presentare questa santa luce a tutti voi, carissimi fratelli e sorelle, a mons. Beneventi, vescovo eletto di S. Marino-Montefeltro che oggi riceve l’ordinazione, ai cari vescovi con-consacranti mons. Andrea Turazzi, amministratore apostolico di S. Marino-Montefeltro, già vescovo amato di quella rinomata Diocesi, mons. Nicolò Anselmi, vescovo di Rimini, e mons. Vito Piccinonna, vescovo di Rieti: la loro stimata presenza ricorda l’impegno profuso di mons. Beneventi nell’ambito diocesano, regionale e nazionale a servizio della pastorale delle giovani generazioni, e mons. Rocco Pennacchio, nostro di Matera e arcivescovo di Fermo, testimone degli anni di seminario e del lavoro alla CEI con mons. Beneventi; a tutti gli Eccellentissimi Vescovi presenti, e a tutti i Vescovi che spiritualmente si uniscono a questa liturgia, la mia gratitudine, del neovescovo, di tutta l’antica e gloriosa arcidiocesi di Acerenza e della Città Cattedrale, come da tempo giustamente è definita, per questo magnifico monumento romanico cluniacense.

Il Re crocifisso, ma ora vivo e vittorioso, ci saluta e dice: pace a voi! In un momento tragico di guerre, odio e violenza, e la morte di decine di migliaia di innocenti, Cristo risorto ci annuncia e vuole donarci la sua pace. Benvenuti a tutti voi, suoi fedeli, in questo pellegrinaggio alla basilica cattedrale di Maria SS. Assunta, al memoriale del vescovo martire S. Canio, protettore di Acerenza e di tutta l’arcidiocesi, e al martyrion dei giovani diaconi Mariano e Laviero. Il neovescovo mons. Beneventi, con la consacrazione, entrerà pienamente nel Collegio Episcopale, e saluto il prefetto del Dicastero dei vescovi, Sua Eccellenza mons. Robert Francis Prevost, nonché nella Conferenza Episcopale dell’Emilia- Romagna e quindi nella Conferenza Episcopale Italiana, e volgo il pensiero grato al presidente Sua Eminenza il Card. Matteo Maria Zuppi. Permettetemi di salutare gli altri cari Confratelli presenti, uno per uno. Presento la luce di Cristo risorto ai cari vescovi della Conferenza Episcopale di Basilicata, che hanno sempre apprezzato il lavoro pastorale di mons. Beneventi e ne hanno sempre

sostenuto l’operato: mons. Salvatore Ligorio, amministratore apostolico, e già arcivescovo metropolita di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, già arcivescovo di Matera-Irsina, già vescovo di Tricarico: mons. Ligorio, grazie per tutti questi decenni al servizio pastorale della Basilicata; mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina e vescovo di Tricarico; mons. Vincenzo Orofino, vescovo di Tursi- Lagonegro, già di Tricarico, professore di tanti giovani presbiteri lucani, compreso mons. Beneventi; mons. Ciro Fanelli, vescovo di Melfi-Rapolla-Venosa; mons. Padre Davide Carbonaro, arcivescovo metropolita eletto di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo: grazie e benvenuto tra noi p. Davide. La Conferenza Episcopale di Basilicata, da domani si reca a Roma per la visita ad limina presso il Papa, la sua Segreteria di Stato e i suoi Dicasteri, onde coronare il cammino sinodale, portando al Successore di Pietro le gioie e le speranze, le sofferenze e le ansie, delle sei Diocesi lucane e dell’intera Regione ecclesiastica. E dato che il magistero ecclesiale, sia conciliare, sia canonico e normativo, sia pontificio, basti ricordare la sintesi del Direttorio per il ministero dei vescovi “Apostolorum successores”, ma lo stesso Sacramento del sacro Ordine, vogliono il vescovo sollecito dei bisogni sociali del popolo loro affidato, come Conferenza Episcopale della Regione non possiamo e non dobbiamo ignorare di essere alla vigilia delle decisioni elettorali dei lucani per il governo regionale: esortiamo alla partecipazione di tutti gli aventi diritto al dovere morale e civile di voto; invochiamo Dio, da cui deriva ogni potere in cielo e in terra, perché il prossimo governo regionale, scelto dai cittadini e dai credenti, si adoperi sempre più per ogni persona che ha dignità infinita, per il bene di tutti e di ciascuno, per il progresso sociale, economico e culturale di tutti noi lucani.

Carissimi, saluto affettuosamente i vescovi oriundi della Regione, tra i quali qui presente mons. Rocco Talucci, nostro di Venosa, arcivescovo emerito di Brindisi- Ostuni, già vescovo di Tursi-Lagonegro, testimone della fervente spiritualità sacerdotale missionaria del neovescovo, e mons. Biagio Colaianni, nostro di Matera, nuovo arcivescovo di Campobasso-Boiano, mio amico di seminario e già rettore del Seminario Maggiore Interdiocesano di Potenza, con cui don Mimmo ha intensamente collaborato; inoltre, con vera fraternità saluto mons. Giuseppe Russo, neovescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, anch’egli all’epoca amico di lavoro di mons. Beneventi, presso la CEI; mons. Domenico Cornacchia, vescovo di Molfetta- Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, sempre amico attento di Acerenza e al cammino del vescovo eletto; mons. Claudio Giuliodori, assistente nazionale dell’Azione Cattolica e dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, testimone, insieme a mons. Pennacchio, dell’impegno socio-culturale e di promozione dell’identità e della missione dei laici nella Chiesa e nella società, esercitato da don Domenico specialmente nell’Azione Cattolica diocesana, regionale e nazionale; mons. Pasquale Cascio, arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi-Conza-Nusco-Bisaccia, professore e maestro di tanti giovani sacerdoti lucani, tra i quali il nostro neovescovo. Voglio ricordare mons. Michele Scandiffio, da Matera, l’unico recente emerito di questa Arcidiocesi, che venticinque anni fa, il tre luglio 1999, ordinò presbitero don Domenico, in una stagione vocazionale molto felice per l’Arcidiocesi: certamente anche adesso prega per lui e per noi dal cielo. L’opera iniziata quel giorno in don Mimmo è stata guidata dal Signore, tramite mons. Ricchiuti e, modestamente, anche da me. La luce splendida di Cristo vivente rivolgo a tutti i presbiteri presenti, tra i quali i canonici, i vicari generali, i parroci ed altri esponenti ecclesiastici; ai diaconi, ai religiosi e alle religiose; al Rettore, agli altri superiori e ai seminaristi del Seminario Maggiore di Basilicata e al Direttore, ai docenti e ai discenti dell’Istituto Teologico di Basilicata: lì mons. Beneventi si è formato, lì ha compiuto gli studi di filosofia e teologia e lì è stato valido docente, specie nelle discipline di teologia pastorale, catechetica e uso pastorale delle comunicazioni sociali, competenza che ha esercitato con impegno nelle varie parrocchie, servite dal suo ministero, nell’Ufficio diocesano e a livello nazionale nella CEI. Un grazie agli Uffici diocesani preposti e allo specifico Comitato che ha diretto i preparativi e a tutti coloro, preti e laici, che si sono adoperati nei vari ambiti per il decoro della presente solennità, compresi gli Enti amministrativi acheruntini e gli organismi di ordine pubblico e sicurezza sociale.

L’aurora del mondo nuovo, della Pasqua, vogliamo augurare alle Autorità qui presenti civili e militari, tra i quali a nome di tutti saluto il gentile presidente della Regione Basilicata dott. Vito Bardi, i presidenti provinciali, sua Eccellenza il prefetto dott. Campanaro, il signor questore dott. Ferrari, il colonnello D’Amore, comandante provinciale dell’arma dei carabinieri, insieme ai suoi della benemerita compagnia di Acerenza. Un saluto grato al sindaco di Acerenza, ai sindaci di Castelmezzano, comune natio del neovescovo Beneventi, e di Pietragalla, comune e ultima parrocchia del vescovo eletto, alle Autorità civiche a tutti i livelli convenuti dalla Repubblica di S. Marino e dalla Diocesi sanmarinese-feltrana, tra i quali il sindaco di Pennabilli, sede della cattedrale ed episcopio, a tutti gli altri Sindaci convenuti dai comuni dell’Arcidiocesi acheruntina e oltre il territorio diocesano. Il mistero insondabile dell’umana redenzione, operata da Cristo nella sua Pasqua, come abbiamo inneggiato stamane, voglio rivolgere alla carissima famiglia di mons. Beneventi: al papà Nicola e alla mamma Antonietta, alla sorella Giulia e al fratello Carmine, a tutti i familiari e parenti. Grazie per aver curato la vocazione di don Mimmo fin dall’infanzia, donando esempio di fede cristiana e di umana onestà.

A te caro mons. Beneventi, per tutti don Mimmo, giorno di grandi prodigi per la Chiesa e per le due diocesi di Acerenza e di S. Marino-Montefeltro, per tutti noi e per te, carissimo amico: dal tre febbraio in cui è risuonato in questa augusta cattedrale l’annuncio ufficiale della tua nomina, tramite la Nunziatura, voluta dal Santo Padre Francesco, a cui inviamo il saluto affettuoso e la filiale obbedienza, dal tre febbraio scorso abbiamo iniziato una grande preghiera per te nelle comunità e nelle famiglie, l’adorazione eucaristica di ogni giovedì per te e per le vocazioni. Il sostegno della preghiera è fondamentale: noi vescovi siamo commossi al pensiero che, nella nostra Diocesi, ogni giorno siamo menzionati nella prece eucaristica per la comunione e la pace: siamo certi che è quella menzione che ci sorregge. Carissimo, in questo giorno l’innodia canta l’amore che vince il timore: versetto biblico che hai voluto come guida del tuo episcopato. “Nell’amore non c’è timore… e noi abbiamo riconosciuto ecreduto all’amore”, scrive l’apostolo S. Giovanni, nella sua prima lettera (4, 17-18). L’aurora di un mondo nuovo non viene per le nostre opere o i nostri progetti, ma nasce nel sangue di Cristo: questa solenne celebrazione e la tua consacrazione nascono dal sangue di Cristo, perché solo per aver versato il suo sangue sulla croce, che si perpetua nell’Eucaristia, nasce la Chiesa e la missione apostolica di noi sacerdoti vescovi, collaborati dalla missione dei sacerdoti presbiteri, dai chierici diaconi e dalla missione battesimale di tutti gli altri fedeli, compresi i consacrati nella perfezione dell’amore o consacrati a servizio del mondo nel secolo, quali gli sposi cristiani con le loro famiglie.

Miei carissimi, facciamoci sempre guidare dalla parola di Dio del tempo di Pasqua: dagli Atti degli Apostoli, nel brano previsto dal lezionario rituale, abbiamo ascoltato l’apostolo Paolo, da cui tutti noi, chierici e laici, possiamo apprendere l’identità e la missione del vescovo, e in genere del sacerdote, perché tramite il sommo ed eterno sacerdote, Cristo Risorto, Dio Padre dal seno dell’aurora come rugiada ci ha generati. La vigilanza: infatti “episcopo” significa sorvegliante. Di chi? Su chi? Paolo dice subito, per fugare ogni equivoco, su voi stessi: vescovi di sé stessi prima, e, in quanto tali, su tutto il gregge di Cristo, ossia la Chiesa di Dio, che Egli si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Sì, non con il sangue nostro, ma quello di Cristo: noi possiamo adorare questo sangue annunciandolo, celebrandolo, diffondendolo, allora sì, anche con il nostro sangue, ossia con tutta la nostra vita di cristiani e di sacerdoti. In questa Chiesa di Dio non ci siamo collocati noi per ambizioni o progetti personali, ma è lo Spirito Santo che ci ha costituiti, dove la parola rivelata significa stabilmente,per sempre nella fedeltà, come custodi e pastori. Mi piace molto nella prima lettura la parola “custodia”, tu angelo della Chiesa che è in S. Marino-Montefeltro sei chiamato a coprire, proteggere, difendere, avvolgere come un padre, che avvolge con le sue braccia i figli per amore e protezione, contro i lupi rapaci, anche a costo del pericolo e della vita. Ci sono i lupi, dentro e fuori, e stanno aumentando, che parlano di cose perverse per attirare discepoli, simpatizzanti e ammiratori, dietro di loro, disprezzando la via di Cristo. Il pastore: oltre al senso di guida del popolo di Dio, avanti, dentro e dietro, come si esprime efficacemente papa Francesco, che ancora ringraziamo con gioia per averti scelto nel nostro popolo come vescovo, del termine pastore mi piace prendere anche il significato di pasto. Il pastore è anche colui che offre il pasto al suo gregge, conducendolo ad acque tranquille e a pascoli ubertosi. Don Mimmo carissimo, oggi il pasto assolutamente necessario è il kèrigma, il primo annuncio sempre, l’evangelizzazione, la catechesi, la predicazione. Il pasto è la grazia dei Sacramenti, massimamente il battesimo e la cena eucaristica al sacrificio dell’altare, indispensabile cibo venuto dal cielo per la vita e la missione di tutti i battezzati e cresimati: tu ministro originario e ordinario del sacro Crisma segno dello Spirito Santo. Poi l’Apostolo parla di lacrime incessanti nella vigilanza apostolica: la gioia non mancherà, le lacrime pure, anche se nell’amore non c’è timore. Le sofferenze e le prove provengono a noi dalla nostra umana debolezza e dalla debolezza altrui, chierici e laici, inevitabile. Fratelli e sorelle che bisogna abbracciare come Gesù Cristo che non esitò a salire sul patibolo per amore dei suoi, anche nel momento di forti grida e lacrime, nella speranza che il Padre libera sempre. L’Apostolo Pietro, nella prima lettera, che abbiamo ascoltato, anziano tra gli anziani, non solo nel senso di età, ma nel senso di ministro tra i ministri, si e ci definisce testimoni delle sofferenze di Cristo e partecipi della gloria che deve manifestarsi: ecco perché nell’amore non c’è timore, perché è nella prova che si manifesta la potenza del Signore. Ti vengono affidati nel grado episcopale i tria munera di insegnare, santificare e governare, ossia di pascere, guidare, servire, il gregge della diocesi di S. Marino-Montefeltro. Nessuno ti ha costretto, ma per sorvegliarlo volentieri, non per forza, ma come piace a Dio, nella ricerca sempre della volontà di Dio, non quella tua, o di questo o di quello: ci sono sempre alcuni che vogliono tirarci dalla loro parte. Dice il testo sacro, riascoltiamolo: “Non per vergognoso interesse, ma con animo generoso”, si accentua di più da vescovo la virtù della generosità che tanto ti ha contraddistinto tra di noi, generosità verso i poveri e i deboli, verso chi sbaglia e chi si allontana, ma anche tanta generosità nel perdono e nel dialogo continuo, anche quando siamo respinti o evitati. Non siamo padroni, ma modelli del popolo cristiano. Lo hai giurato davanti a me con le parole intraducibili: factus forma gregis.Non bisogna attendere la ricompensa terrena, non serve a niente e anzi si rischia superbia e risentimento, ma la corona della gloria che non appassisce, afferma l’apostolo Pietro, nella seconda lettura: la corona gloriosa la dona Cristo morto e risorto, supremo pastore al suo apparire, pastore e vescovo delle nostre anime. Lui si manifesta sempre, sia quaggiù nelle vicende lieti e tristi, sia lassù, quando tutti arriveremo nell’ovile eterno, dove lui passerà a servirci con quel grembiule che non smette mai dai suoi fianchi divini. A proposito, oggi ricorre l’anniversario della nascita al cielo del “vescovo del grembiule” il venerabile servo di Dio don Tonino Bello, a cui tu, caro don Mimmo, tanto ti ispiri, oltre alla spiritualità di S. Francesco di Assisi e del francescano lucano il beato Egidio da Laurenzana. Il Vangelo proclamato ci fa sapere che è Cristo, il pastore buono e bello, che dona la vita per le sue pecore. Il mercenario non solo è prezzolato per vigilare sul gregge, ma perché si chiama così perché considera il gregge come merce, e non è interessato a sacrificare la propria vita all’assalto dei lupi, che sgozzano pecore e agnelli. Non fuggire mentre i lupi tentano di rapirle e disperderle: le persone ti sono affidate, create dal Padre, redente dal Figlio, santificate dallo Spirito. Gesù ci insegna con la sua grazia ed esempio che la bellezza e la bontà del pastore si realizzano nella conoscenza, che non è solo anagrafica e onomastica, ma, secondo la Sacra Scrittura, è l’amore di legame e di relazione, come nella Trinità, come i padri verso i figli, disposti a morire per loro. Tutti, vicini e lontani, quelli dentro e quelli fuori, guidali ad ascoltare la voce di Cristo per un solo gregge e un solo pastore.

L’Ufficio liturgico diocesano ha voluto stabilire un ricordo storico di questo evento di grazia: questo paramento liturgico prezioso che riprende il magnifico portale normanno della cattedrale, non è solo un ornamento originale, ma riprende la parola di Cristo Pastore del suo gregge: “Io sono la porta” (Gv 10,7). Si entra e si esce tramite Lui: Chiesa in uscita tramite Cristo, Chiesa in entrata tramite Cristo. Non ci si può arrampicare da un’altra parte, di nascosto, come fanno i ladri. In questa settimana di preparazione alla domenica IV di Pasqua, detta del Buon Pastore e di preghiera universale per le vocazioni sacerdotali, religiose, nuziali, Papa Francesco nel suo messaggio ci ricorda che tutti siamo chiamati, ogni battezzato con la propria vocazione specifica, a seminare la speranza e a costruire la pace, e, suggerisce l’ufficio CEI, riprendendo la Christus vivit, a creare, a “fare casa” ovunque, nella speranza e nella pace, che sono dono del Risorto nello Spirito Santo: che programma esaltante per te, caro don Mimmo, nella tua nuova missione vocazionale.

Sfolgora il sole di Pasqua, esulta il cielo di canti, esulta di gioia la terra”, ancora l’inno di stamane. Coraggio e fiducia: hai scelto nel tuo stemma episcopale il simbolo del leone, che santifica con le tre gocce crismali, ci vedo il riferimento a san Leone di Montefeltro, ma ancor di più a Cristo: vicit Leo de tribu Juda, ha vinto Cristo, il Leone di Giuda, fùgite partes adversae, fuggite avversari, potenze maligne. Nello stemma hai scelto la stella: ti assista sempre la protezione di Maria SS., che ami teneramente. Vi hai raffigurato la conchiglia, in riferimento alla peregrinazione e all’eremitaggio di S. Marino, ma anche segno del tuo continuo desiderio di cammino, di viaggio, di essere sempre in sinodo: comunione, partecipazione, missione. Adsumus Sancte Spiritus: siamo qui davanti a te, o Spirito Santo.

Carissimo nostro fratello, Eccellenza Beneventi, ti vogliamo salutare ancora con la pagina degli Atti che abbiamo ascoltato, con le parole di S. Paolo: “E ora ti affidiamo a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati”. Dopo aver detto le parole di saluto, l’apostolo Paolo e gli anziani di Mileto si inginocchiarono e pregarono. Anche noi adesso ci raccogliamo e ti circondiamo di assorta preghiera. Il Signore è risorto, Alleluia!

+ Francesco Sirufo