La talare non è un semplice abito. È un segno visibile di una verità invisibile, una realtà spirituale che precede e supera la stoffa che la compone. Essa manifesta un’appartenenza: quella di chi ha scelto di consacrare la propria vita a Dio o di camminare verso tale consacrazione. Quando il chierico la indossa, fa sua la parola del Salmo: “Il Signore è mia parte di eredità” (Sal 15).

Il prete, portando la talare, dichiara pubblicamente che appartiene a Dio. È un segno che lo lega interiormente alla sua vocazione e al tempo stesso lo espone al mondo, ricordandogli che non vive più per sé stesso ma per Cristo. È la veste di chi si lascia amare da Dio e, attraverso questo amore, si fa segno dell’amore del Padre per ogni uomo.

Ma perché tale segno resti vero, il prete deve abitare la talare con coerenza. Se la usa per attirare attenzione, per affermare sé stesso o per sentirsi superiore, essa si svuota del suo senso e diventa un ostacolo alla rivelazione dell’amore divino. Il sacerdote deve ricordare continuamente che non è lui la Luce, ma solo un testimone della Luce, come Giovanni Battista.

Il nero della talare non è dunque un colore di tristezza, ma di penitenza e umiltà. Cristo solo veste di bianco, perché “i suoi vestiti divennero splendenti, bianchissimi” (Mc 9,3). L’abito nero del sacerdote indica che egli non è la fonte della luce, ma il luogo in cui essa si riflette. Indossarla significa lasciare che lo sguardo degli uomini, posandosi su di lui, venga condotto oltre, verso Cristo.

La talare, in questo senso, è come il dito del Battista puntato verso l’Agnello di Dio. È un costante promemoria della parola di Gesù: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi  stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”(Lc 9,23). Colui che porta la talare, seminarista o sacerdote che sia, è chiamato a vivere questa rinuncia quotidiana, fino a sperimentare la gioia pura del precursore, quella di chi sa diminuire perché Cristo cresca: “Egli deve crescere, e io invece diminuire” (Gv 3,30).

Così, l’abito talare non diviene una barriera, ma un segno di servizio. Ricorda al prete che la sua vita è un dono e che ogni gesto, ogni parola, ogni passo deve rimandare a un Altro. Seppur oggi c’è chi utilizza questo abito per mettersi in mostra, il suo significato essenziale è proprio l’opposto, vivere il nascondimento: quella di chi testimonia Dio non con l’esibizione, ma con la presenza silenziosa e fedele.

d.N.A.
Silere non possum