È stato diffuso il progetto della futura tomba di Papa Francesco, che sarà collocata nella Basilica di Santa Maria Maggiore, come egli stesso ha richiesto nel suo testamento. Tuttavia, il progetto – non firmato e di dubbio gusto – ha già sollevato discussioni e polemiche. Qualcuno ha iniziato a parlare di "tomba semplice" rispetto ai predecessori, "scelta umile", ecc... Eppure, bisogna notare che nel recente passato i Pontefici siano stati portati nelle Basiliche e nelle Chiese solo dopo il riconoscimento, da parte della Chiesa, della loro santità. Diciamo che i predecessori, forse, avevano un po' più cognizione della loro natura umana. Inoltre, qualcuno ha notato come sia ben più "lavorata" rispetto a quella di Paolo VI o Giovanni Paolo II nelle Grotte Vaticane. 


La prima idea: sui passi di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II

Nei primi anni del suo pontificato, Papa Francesco aveva manifestato il desiderio di essere sepolto nelle Grotte Vaticane, nello stesso luogo in cui riposarono Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II prima di essere elevati agli onori degli altari ed essere traslati all'interno della Basilica Vaticana. Tuttavia, durante l’ultimo anno di vita di Benedetto XVI, Francesco venne a sapere che era volontà di Joseph Ratzinger essere sepolto proprio in quello stesso punto per via del suo legame a Karol Józef Wojtyła. Papa Francesco dovette rinunciare a quel progetto e il sarcofago che aveva fatto predisporre per Benedetto XVI – ancora oggi vuoto – rimase nelle Grotte Vaticane.

Cambio di rotta: Santa Maria Maggiore

La decisione definitiva arrivò nel giugno 2022. Papa Francesco scelse allora la Basilica di Santa Maria Maggiore come luogo della sua sepoltura. Una scelta dettata dal legame che il Papa ha sempre avuto con questa basilica mariana, nella quale si recava all'inizio e al termine di ogni viaggio apostolico e durante i momenti più salienti della sua vita. Questa idea fu ispirata da Mons. Rolandas Makrickas, nominato il 15 dicembre 2021 commissario straordinario per la gestione dei beni del capitolo della Basilica di Santa Maria Maggiore. Questo prelato lituano, proveniente dalla Segreteria di Stato, è stato un altro degli innamoramenti di Jorge Mario Bergoglio.

Il discusso ruolo di Rolandas Makrickas

Makrickas, figura controversa e divisiva, ha assunto un ruolo centrale nella gestione della basilica. Il suo stile è stato descritto come autoritario e arrogante, tanto da suscitare confronti con altre figure ecclesiastiche "note per la loro delicatezza e trasparenza", come il cardinale Mauro Gambetti. Ha maltrattato i canonici ed ha assunto decisioni in "perfetto stile sinodale" (sic!), spiega qualcuno. Ha gestito spese ingenti per restauri e arredi liturgici di dubbio gusto, tra cui il rifacimento dell’ambone e della sede, con tanto di errori grossolani nelle iscrizioni latine. Inoltre, ha aperto una gelateria all’interno della basilica senza seguire alcun bando pubblico, assegnandola a una gelateria romana in barba alle norme di trasparenza emanate proprio da Papa Francesco. Ma, come è noto, "Al amigo, todo [todos, todos, todos], al enemigo, ni justicia". 

Makrickas è noto anche per aver favorito figure discusse come don Ivan Ricupero, prete Siracusano attento ai titoli e alle filettature ma che a Siracusa non vogliono più. È solito sgonnellare per i corridoi della basilica liberiana ma di fare il parroco neanche l'idea. Il neo cardinale ha anche assunto e promosso giovani di dubbia esperienza, generando malcontento tra i membri del Capitolo Liberiano.

Una rapida ascesa

Dopo aver proposto al Papa, nel giugno 2022, di essere sepolto a Santa Maria Maggiore, Makrickas ha visto rapidamente avanzare la propria carriera: l'11 febbraio 2023 è stato nominato vescovo titolare di Tolentino con titolo personale di arcivescovo; il 20 marzo 2024 è divenuto arciprete coadiutore della basilica; infine, il 6 ottobre 2024, è stato annunciato come cardinale nel concistoro del dicembre successivo, ultimo di questo infinito pontificato. 

Un progetto anonimo e contestato

Il progetto della tomba, recentemente reso pubblico, non reca la firma di alcun autore ed è stato accolto con scetticismo. La tomba prevede una sola scritta – Franciscus, come voluto dal Papa – ma è sormontata dalla croce pettorale di Francesco, un’aggiunta che non compare nel testamento del Pontefice, il quale di croci non ha mai parlato. Questa scelta è attribuita agli ambienti a lui più vicini, ma ha già sollevato molte critiche. La croce pettorale in questione è la stessa che Papa Francesco scelse di indossare fin dall’inizio del suo pontificato, la quale è divenuta sinonimo di ipocrisia.

L’ipocrisia dei simboli

La croce pettorale di Papa Francesco è diventata, negli anni, un simbolo tanto osannato quanto carico di contraddizioni. Molti vescovi l’hanno comprata per emulare il Pontefice, finendo per trasformare quel segno in un emblema dell’ipocrisia clericale più sfacciata. Subito dopo la sua elezione, Francesco rifiutò la croce pettorale preparata da Mons. Guido Marini, allora Maestro delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, scegliendo di continuare a indossare la propria, quella con l’immagine del buon pastore. Ma non si trattava certo di una croce “povera”: era in argento, acquistata anni prima per la sua ordinazione episcopale. Si tratta di una pratica che riguarda tutti i vescovi, nulla di eclatante. Solo nelle menti malate di qualche cospirazionista può esserci l'idea che un vescovo abbia nel proprio guardaroba una collezione di argenti e ori da appendersi al collo. 

Quella scelta non fu un atto di povertà, come si volle far credere, ma una azione studiata, simbolica, calibrata per costruire fin da subito un’immagine ben precisa. La croce pettorale che gli era stata offerta, come avviene per ogni nuovo Papa, era già pronta nella sagrestia vaticana: non sarebbe costata un centesimo. Ma Francesco aveva già deciso: l’operazione d’immagine doveva partire da lì. E fu un successo mediatico. Inoltre, la croce scelta da lui, progettata da Antonio Vedele, è oggettivamente brutta, eppure molti vescovi si sono affrettati ad acquistarne delle repliche nella speranza di guadagnarsi il favore del Pontefice. Quanta ipocrisia abbiamo visto in questi anni? Lo facevamo notare anche ieri, sottolineando il ritorno delle croci d’oro nella cappella al pianterreno della Domus Sanctae Marthae e dei paramenti liturgici. Eppure, mentre alcuni cardinali continuano a prodursi in dichiarazioni stucchevoli e retoriche sul pontificato – come accaduto stamattina durante la Congregazione Generale nell’aula del Sinodo – forse sarebbe il caso che iniziassimo a interrogarci su questi segni tanto eloquenti quanto contraddittori, che rivelano un’incoerenza sistemica. Non solo del Papa, ma anche di chi gli si è accodato per pura convenienza. 

Durante questo pontificato, abbiamo visto presuli che non si toglievano mai la talare – neppure per andare a dormire – comparire in clergyman per le udienze ufficiali nel Palazzo Apostolico. Mauro Piacenza, Francesco Moraglia: giusto per fare due nomi. Una scena imbarazzante, specie per chi ha ricevuto da loro una formazione rigida, severa, segnata da continui rimproveri contro “i pantaloni e la camicia”. Per rendere l'idea basti considerare che alcuni dei loro "pupilli", addirittura, iniziarono a indossare il clergyman solo a carnevale.

Altri, come Donato Ogliari – oggi chiamato addirittura a predicare al Sacro Collegio – sono stati sorpresi più volte sotto il colonnato di San Pietro mentre sostituivano in fretta la croce pettorale d’oro con una in argento prima di presentarsi dal Papa. Cosa ha prodotto questa ipocrisia? Dove sta andando la Chiesa? La verità è che la maggior parte di questi oggetti liturgici non viene nemmeno acquistata dai singoli vescovi o cardinali: sono doni del popolo di Dio, offerti con sacrificio e devozione e questa gente li vuole vedere al collo dei propri pastori. E per inciso, la differenza economica tra oro e argento è minima. Semmai qualcuno ha speso soldi inutili nel comprare delle ulteriori croci pettorali in argento per sfoggiarle davanti al Papa. Ma ci siamo mai fermati a riflettere sul vero valore dei segni? La liturgia, ad esempio: la bellezza non è lusso, è linguaggio teologico, è gloria resa a Dio. Provate a dire a una sposa che, in nome della povertà evangelica, il marito le ha comprato un anello dozzinale. Se uscite vivi dalla stanza, poi ci raccontate com’è andata. Quello che dovrebbe starci davvero a cuore è rendere gloria a Dio. Perchè l'ipocrisia emerge proprio quando finiamo per possedere telefoni da 4000 euro, ma poi ci scagliamo contro chi ha i paramenti decorosi.

Ecco perché tutte queste polemiche su croci, anelli, paramenti, pizzi e merletti sono sterili: buone solo per riempire i blog di chi non ha più niente da dire, oppure per essere agitate ogni giorno da quei vescovi che non parlano di Gesù Cristo, ma passano il tempo a preoccuparsi dei merletti altrui, accusando i preti giovani di esserne ossessionati. Quando in realtà sono loro a pensarci tutto il giorno. I preti giovani sono più liberi di questi sessantottini ideologici: indossano i paramenti liturgici per dare gloria a Dio, non per ambizione personale. Ma questi vescovi hanno una sola, vera ossessione: come si vestono i seminaristi e i preti. Non se sono felici, sereni, risolti. No. Solo l’abito. Solo l’apparenza. E sono proprio loro ad avere da ridire su tutto e su tutti.

Chi sono i papi sepolti a Santa Maria Maggiore?

La Basilica di Santa Maria Maggiore ha già accolto le spoglie di diversi pontefici nel corso dei secoli:

- Onorio III (1216–1227): fu canonico della basilica.
- Niccolò IV (1288–1292): fece importanti lavori e morì nel palazzo attiguo.
- Pio V (1566–1572)
- Sisto V (1585–1590): costruì una cappella per i suoi familiari.
- Clemente VIII (1592–1605)
- Paolo V (1605–1621): fece costruire la Cappella Borghese.
- Clemente IX (1667–1669): canonico e poi vicario della basilica.

L’ultimo Papa sepolto a Santa Maria Maggiore fu proprio Clemente IX. L’ultimo a farsi seppellire fuori dalle Grotte Vaticane, invece, è stato Leone XIII.

Sabato, dopo le esequie, Francesco sarà tumulato a Santa Maria Maggiore. Se pensavamo di essercela finalmente tolta dalla vista, quella croce pettorale – oggettivamente bruttissima – tornerà invece a farsi notare, stavolta all’interno di una basilica papale dove risulta chiaramente fuori luogo. Non solo per il suo stile, che mal si accorda con la maestosità dell’insieme, ma anche perché d’ora in poi ce la ritroveremo sotto gli occhi ogni volta che passeremo di lì.


p.A.T.
Silere non possum