Città del Vaticano, 5 giugno 2025 – Questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, Papa Leone XIV ha ricevuto in udienza i Superiori e gli Officiali della Segreteria di Stato. L’incontro, che segna un momento particolarmente significativo nelle prime settimane del nuovo pontificato, si è svolto in un clima di ascolto, comunione e reciproca gratitudine. Si tratta di un "sollievo" che hanno manifestato anche quanti hanno partecipato alla riunione interdicasteriale con Papa Prevost. 

Il discorso pronunciato dal Santo Padre ha rappresentato un segnale di positivo e di apertura per un organismo che, negli ultimi dodici anni, ha vissuto una relazione talvolta tesa e sofferta con il Successore di Pietro. Dopo un periodo in cui il Papa sembrava condurre quasi una lotta solitaria contro la propria Segreteria, Leone XIV ha invece ribadito con chiarezza e semplicità: «Il Papa da solo non può andare avanti», sottolineando il valore insostituibile della collaborazione curiale e, in particolare, del servizio prestato dalla Segreteria di Stato.

«Mi consola sapere di non essere solo
– ha detto il Pontefice – e di poter condividere la responsabilità del mio universale ministero insieme a voi». Con queste parole, Leone XIV ha voluto marcare una discontinuità non tanto istituzionale quanto spirituale e pastorale, indicando un desiderio di ricucire e rilanciare il rapporto tra il Papa e i suoi più stretti collaboratori.

Nel suo intervento, il Papa ha tracciato un profilo della Segreteria di Stato come cuore pulsante della Curia romana, chiamata a essere ponte tra il Pontefice e i Dicasteri, tra la Santa Sede e il mondo. Ha ricordato la storicità dell’Istituzione, nata nel XV secolo, e la sua progressiva trasformazione in una realtà universale e incarnata, che oggi coinvolge non solo chierici ma anche molti fedeli laici.

«Questo sviluppo ha fatto sì che la Segreteria di Stato oggi rifletta in sé stessa il volto della Chiesa»
, ha osservato Leone XIV, sottolineando le due dimensioni fondamentali che ne devono guidare l’operato: l’incarnazione e la cattolicità. La prima, radicata nella concretezza della storia e delle culture; la seconda, tesa a custodire uno sguardo universale, capace di armonizzare la pluralità delle esperienze ecclesiali e diplomatiche.

Il Papa ha poi richiamato l’opera riformatrice di San Paolo VI, che – ispirato dal Concilio Vaticano II – ha impresso una svolta decisiva alla Curia, intuendone l’urgenza di rinnovamento. Leone XIV ha proseguito in questa linea, citando la Praedicate Evangelium, ma riconoscendo alla Segreteria di Stato il suo ruolo fondamentale di coordinamento, in quanto anello di congiunzione tra le varie articolazioni della Santa Sede e tra il Papa e il mondo.

Non sono mancati accenti di tenerezza e umanità, tipici del tratto di Prevost: «Vi ringrazio di cuore! So che questi compiti sono molto impegnativi e, talvolta, possono non essere ben compresi». A questi ringraziamenti ha fatto seguito un'esortazione, ancora una volta nel solco montiniano: «Questo luogo non sia inquinato da ambizioni o antagonismi», ha ammonito il Papa, chiedendo che la Segreteria sia invece una vera comunità di fede e di carità, una fraternità di “figli del Papa” capaci di servire con generosità il bene della Chiesa.

Infine, ha affidato tutti alla Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa, benedicendo ciascuno dei presenti e ringraziandoli per le preghiere quotidiane: «Questo lo spero!», ha aggiunto con un sorriso. Con queste parole, Leone XIV ha voluto non solo tendere la mano alla sua Segreteria, ma anche riconoscere la fatica e la dedizione silenziosa di chi serve la Chiesa ogni giorno, spesso lontano dai riflettori. Un gesto che sa di riconciliazione, ma soprattutto di realismo evangelico: il Papa non è un monarca isolato, ma un pastore che cammina con il suo gregge – e che ha bisogno, come ha detto con semplicità e forza, di non essere solo.

D.R.S.
Silere non possum