The Italian Church celebrates National Offering Day for the Support of Priests
Domenica 17 settembre 2023 in Italia si celebra la XXXV Giornata nazionale delle offerte per il sostentamento dei sacerdoti. Il loro ministero, silenzioso e nascosto al mondo, è un dono fondamentale per la Chiesa intera. In occasione di questa giornata il popolo di Dio è invitato a riflettere sull'importanza della figura sacerdotale e a contribuire perché il prete possa continuare a svolgere il suo ministero con efficacia.
Molto spesso siamo abituati a dare per scontato che "a quel campanello" ci sarà sempre qualcuno disposto ad ascoltarci, ad accoglierci, a consigliarci e ad offrirci il supporto della Chiesa tutta. Siamo abituati ad entrare in chiesa e vedere il sacerdote che celebra la Santa Messa, confessa, segue la catechesi, sta in oratorio, ecc...Troppo spesso dimentichiamo che questo è possibile solo grazie al sì di uomini che offrono la loro vita per la Chiesa. Troppo spesso dimentichiamo che queste attività sono possibili solo grazie ad uno strumento (non certo un fine) che oggi guida completamente la società: il denaro. Molte delle attività del sacerdote e delle nostre parrocchie sono possibili grazie al sostegno dei fedeli che contribuiscono, anche finanziariamente, al sostentamento della Chiesa. Quando entriamo in parrocchia o in oratorio, siamo sorpresi dalle molte attività che queste offrono anche per i giovani. Non sono scontate. Anche se spesso ci vengono offerte gratuitamente, queste richiedono l'impiego di molto denaro. Per questo siamo invitati a contribuire secondo le nostre possibilità. La giornata nazionale delle offerte per il sostentamento dei sacerdoti è l'occasione per sensibilizzare il popolo di Dio ad offrire il supporto ai sacerdoti che guidano le nostre realtà. Non vuol dire che dobbiamo contribuire solo ed esclusivamente in questo giorno, ma è un piccolo promemoria che ci dice: "Ricordati che nulla è scontato, nulla è dovuto". Da un lato, quindi, ci invita ad esprimere il nostro affetto e la nostra gratitudine verso i sacerdoti, dall'altro ci invita a contribuire effettivamente con le nostre offerte, secondo le nostre possibilità.
Come contribuire
È possibile effettuare una donazione ai nostri parroci e alle nostre parrocchie. A loro possiamo rivolgerci chiedendo le coordinate bancarie oppure consegnando fisicamente la nostra offerta.
Oppure, si può donare all'Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero. È bene ricordare che tali donazioni sono deducibili dal reddito complessivo delle persone fisiche fino ad un tetto massimo di 1.032,91 euro annui. La deducibilità è quindi, per chi vuole approfittarne, un’opportunità in più per contribuire e costituisce un ulteriore riconoscimento dell’importanza dell’opera dei sacerdoti.
Se inserita nella dichiarazione dei redditi (modello 730 o modello Redditi), l’offerta concorrerà a diminuire l'imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e le relative addizionali. Le ricevute – conto corrente postale, estratto conto della carta di credito, quietanza, contabile bancaria – sono valide per la deducibilità fiscale.
Si può effettuare un bonifico bancario a favore dell’Istituto Centrale Sostentamento Clero, con causale “Erogazioni liberali art. 46 L.222/85” al seguente IBAN: IT 33 A 03069 03206 100000011384.
I sacerdoti: un dono per la Chiesa
Ogni giorno il sacerdote offre la propria vita per il Signore ed è a servizio della comunità per poterla guidare, accompagnare e presentare a Dio. Il prete è una presenza, molto spesso silenziosa, che siamo abituati a dare per scontato. San Giovanni Maria Vianney, il curato di Ars, amava ripetere: “Se avessimo fede, vedremmo Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro il vetro, come il vino mescolato all’acqua”.
Nell'anno 2010, Papa Benedetto XVI istituì l'anno sacerdotale per aiutare "i sacerdoti, e con essi l’intero Popolo di Dio, a riscoprire e rinvigorire la coscienza dello straordinario ed indispensabile dono di Grazia che il ministero ordinato rappresenta per chi lo ha ricevuto, per la Chiesa intera e per il mondo, che senza la presenza reale di Cristo sarebbe perduto". Oggi, a distanza di 13 anni, molte cose sono cambiate e i sacerdoti sono spesso bersaglio di una narrazione completamente distorta e pregiudizievole. La loro vita offerta, però, è essenziale ed è un dono per tutta la Chiesa universale.
Oggi siamo abituati a vedere il sacerdote descritto come un "animatore", un "amministratore". Un uomo del fare. Nell'udienza generale del 24 giugno 2009, Benedetto XVI si rivolgeva ai fedeli con queste parole: "In un mondo in cui la visione comune della vita comprende sempre meno il sacro, al posto del quale, la “funzionalità” diviene l’unica decisiva categoria, la concezione cattolica del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere la sua naturale considerazione, talora anche all’interno della coscienza ecclesiale. Non di rado, sia negli ambienti teologici, come pure nella concreta prassi pastorale e di formazione del clero, si confrontano, e talora si oppongono, due differenti concezioni del sacerdozio. Rilevavo in proposito alcuni anni or sono che esistono “da una parte una concezione sociale-funzionale che definisce l’essenza del sacerdozio con il concetto di ‘servizio’: il servizio alla comunità, nell’espletamento di una funzione… Dall’altra parte, vi è la concezione sacramentale-ontologica, che naturalmente non nega il carattere di servizio del sacerdozio, lo vede però ancorato all’essere del ministro e ritiene che questo essere è determinato da un dono concesso dal Signore attraverso la mediazione della Chiesa, il cui nome è sacramento”. Anche lo slittamento terminologico dalla parola “sacerdozio” a quelle di “servizio, ministero, incarico”, è segno di tale differente concezione. Alla prima, poi, quella ontologico-sacramentale, è legato il primato dell’Eucaristia, nel binomio “sacerdozio-sacrificio”, mentre alla seconda corrisponderebbe il primato della parola e del servizio dell’annuncio.
A ben vedere, non si tratta di due concezioni contrapposte, e la tensione che pur esiste tra di esse va risolta dall’interno. Così il Decreto Presbyterorum ordinis del Concilio Vaticano II afferma: “È proprio per mezzo dell'annuncio apostolico del Vangelo che il popolo di Dio viene convocato e adunato, in modo che tutti… possano offrire se stessi come «ostia viva, santa, accettabile da Dio» (Rm 12,1), ed è proprio attraverso il ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto nell'unione al sacrificio di Cristo, unico mediatore. Questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene offerto nell'Eucaristia in modo incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore” (n. 2).
Ci chiediamo allora: “Che cosa significa propriamente, per i sacerdoti, evangelizzare? In che consiste il cosiddetto primato dell’annuncio”?. Gesù parla dell’annuncio del Regno di Dio come del vero scopo della sua venuta nel mondo e il suo annuncio non è solo un “discorso”. Include, nel medesimo tempo, il suo stesso agire: i segni e i miracoli che compie indicano che il Regno viene nel mondo come realtà presente, che coincide ultimamente con la sua stessa persona. In questo senso, è doveroso ricordare che, anche nel primato dell’annuncio, parola e segno sono indivisibili. La predicazione cristiana non proclama “parole”, ma la Parola, e l’annuncio coincide con la persona stessa di Cristo, ontologicamente aperta alla relazione con il Padre ed obbediente alla sua volontà. Quindi, un autentico servizio alla Parola richiede da parte del sacerdote che tenda ad una approfondita abnegazione di sé, sino a dire con l’Apostolo: “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. Il presbitero non può considerarsi “padrone” della parola, ma servo. Egli non è la parola, ma, come proclamava Giovanni il Battista, del quale celebriamo proprio oggi la Natività, è “voce” della Parola: “ Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri ” (Mc 1,3).
Ora, essere “voce” della Parola, non costituisce per il sacerdote un mero aspetto funzionale. Al contrario presuppone un sostanziale “perdersi” in Cristo, partecipando al suo mistero di morte e di risurrezione con tutto il proprio io: intelligenza, libertà, volontà e offerta dei propri corpi, come sacrificio vivente (cfr Rm 12,1-2). Solo la partecipazione al sacrificio di Cristo, alla sua chènosi, rende autentico l’annuncio! E questo è il cammino che deve percorrere con Cristo per giungere a dire al Padre insieme con Lui: si compia “non ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi” (Mc 14,36). L’annuncio, allora, comporta sempre anche il sacrificio di sé, condizione perché l’annuncio sia autentico ed efficace.
Alter Christus, il sacerdote è profondamente unito al Verbo del Padre, che incarnandosi ha preso la forma di servo, è divenuto servo (cfr Fil 2,5-11). Il sacerdote é servo di Cristo, nel senso che la sua esistenza, configurata a Cristo ontologicamente, assume un carattere essenzialmente relazionale: egli è in Cristo, per Cristo e con Cristo al servizio degli uomini. Proprio perché appartiene a Cristo, il presbitero è radicalmente al servizio degli uomini: è ministro della loro salvezza, della loro felicità, della loro autentica liberazione, maturando, in questa progressiva assunzione della volontà del Cristo, nella preghiera, nello “stare cuore a cuore” con Lui. È questa allora la condizione imprescindibile di ogni annuncio, che comporta la partecipazione all’offerta sacramentale dell’Eucaristia e la docile obbedienza alla Chiesa".
F.P.
Silere non possum