Pope chooses bishops by consulting cousin. Here is the method Bergoglio uses to choose successors to the apostles

Non poteva non essere un Papa metà argentino e metà italiano a portare il familismo amorale più spudorato all’interno dello Stato della Città del Vaticano. Se anticamente la scelta dei vescovi, successori degli apostoli, avveniva tenendo conto dei loro carismi e dei loro talenti, oggi Jorge Mario Bergoglio ha una fidatissima fonte che, evidentemente, ha contatti con l’Altissimo: sua cugina.

Sì, Francesco ha ancora vivo, dentro di sé, un complesso del padre cattivo, quel padre è la Chiesa e i suoi membri i quali lo esiliarono in Germania a seguito della sua disastrosa opera come provinciale in Argentina. Nel 2013, quando si avvinava il conclave, un sacerdote della capitale argentina ebbe a dire: “Sì, c’è Bergoglio ma i principi della Chiesa sanno chi è, non commetteranno questo errore”. Inutile dire che quel prete si è ritrovato a mangiarsi le mani e non sapeva se esultare perchè si era liberato di un arcivescovo dispotico oppure piangere per le sorti della Chiesa di Dio.

Gli innamoramenti di Bergoglio 

In Vaticano è ormai noto, "il Papa ha innamoramenti totalizzanti e brevissimi", confessa un porporato. Sì, è successo con un sacerdote scrittore, il quale fu chiamato a Santa Marta perchè un amico di Bergoglio dai tempi dell'Argentina apparteneva alla medesima parrocchia di questo prete. "Guardi, Santità, questo sacerdote scrive proprio bene, scrive dei bei libri", riferì l'uomo al Papa. Da quel momento è iniziata la scalata verso il successo, sembrava che non vi fosse più nessuno oltre questo sacerdote.

Inutile dire che un modus agendi del genere è estraneo a tutti i fortini di potere, figuriamoci in Vaticano. Con questo atteggiamento il Papa non si rende conto, oppure si rende conto e lo fa apposta, che condanna a morte le persone. Sono bastati pochi anni per vedere quel prete diffamato, esiliato e distrutto. Dall'oggi al domani Bergoglio lo ha preso e lo ha fatto saltare.

"Maledetto quel giorno in cui gli parlarono di me", bofonchia qualche prelato. Sì, la tecnica che molti stanno assumendo, anche all'interno delle mura, è proprio quella del camaleonte. "Se il Papa non si accorge che esisti, sopravvivi, altrimenti è finita", dicono in Curia.

"Eppure, prima o poi arriva, quando meno te lo aspetti, Francesco spunta alla porta del tuo dicastero", lamentano

Nuovo ausiliare a Roma 

Il 26 maggio 2023, Francesco ha scelto don Michele Di Tolve quale nuovo ausiliare di Roma. Chi è questo prete, si chiedono nell'Urbe? Beh, presto detto. Di Tolve è l'uomo che ha governato il seminario arcivescovile di Milano dal 2014 al 2020. Qualcuno provi a chiedere ai presbiteri ordinati in quegli anni, chi è Di Tolve. O meglio, senza molte ricerche, qualcuno provi a guardare dal 2014 al 2020 quanti ingressi ci sono stati in seminario, quanti ragazzi sono stati ordinati.

Di Tolve è l'uomo che a Francesco piacerebbe a prescindere, ovvero colui che ha ridotto l'arcidiocesi ambrosiana ad un numero di sacerdoti che è inquietante. Del resto, Bergoglio quando riceve i seminari e vede numeri superiori alla decina, afferma: "Il vostro vescovo manca di discernimento". Ai seminaristi romani ha detto: "Siete troppi". Il Papa ha paura dei nuovi ingressi perchè si tratta di quei giovani di cui abbiamo parlato spesso, senza ideologie e senza fronzoli: ragazzi decisi, studiosi, amanti della liturgia e della dottrina. A Bergoglio tutto questo fa rinascere quel complesso che non ha ancora superato da Buenos Aires. Non dimentichiamo che si tratta dell'unico gesuita che non ha neppure conseguito il dottorato. 

Se questo non bastasse, Francesco ha avuto una consigliera d'eccezione. Lo ha detto più volte, il Papa, per ordinare i preti ci vuole l'assoluto e inderogabile nihil obstat di una donna. Se è la dama di compagnia, tanto meglio. Se la sua preparazione teologica è basata su X Factor, meglio ancora. Di Tolve, quindi, ha scavalcato tutte quelle procedure così stringenti per diventare vescovo. Nulla di tutto ciò è necessario. 

Figuriamoci, poi, l'Arcivescovo di Milano. Guai a noi. Di Tolve è arrivato direttamente a Santa Marta grazie alla cugina del Papa. Sì, la cugina. Beh, si sa, no? Non c'è cosa più divina che essere il vice parroco della cugina. 

In diverse occasioni l'ex rettore del Seminario di Vengono è andato, rigorosamente con giacca e pantaloni, a Santa Marta. Recentemente, addirittura, Francesco lo ha accolto in udienza con la sua nuova parrocchia. Un'udienza per lui e i parrocchiani. Grande assente? Mario Delpini.

È chiaro che se il Papa riceve una parrocchia, a quell'incontro dovrà essere presente il parroco ed anche il vescovo del luogo. No, nulla, Delpini è nella lista rossa da quando ha iniziato a lanciare frecciatine al Pontefice per via della nomina cardinalizia di un altro soggetto che ha creato più danni alla Chiesa che altro: Oscar Cantoni.

Senza alcuna paura Francesco racconta questi retroscena. Il 25 marzo 2023 ha detto“Saluto tutti voi e in particolare Mons. Michele Di Tolve, il vostro Parroco, che conosco da tanti anni e che ringrazio per le sue parole. L’ho conosciuto appena nominato cardinale: ero andato a visitare una mia cugina e lei mi ha parlato di un vice-parroco eccezionale che avevano lì, “guarda, lavora quel prete!” – “Ah sì? Fammelo conoscere, ma non dirgli che sono un cardinale” – “No, non lo dirò”. Mi sono tolto l’anello, siamo arrivati in oratorio e lui andava da una parte all’altra, si muoveva come un ballerino con tutti… Così l’ho conosciuto. E così è rimasto per tutta la vita: uno che sa muoversi, non aspetta che le pecore vengano a cercarlo. E come rettore del seminario ha fatto tanto bene, ai ragazzi che si preparano al sacerdozio, tanto bene. Adesso, come parroco, fa tanto bene e per questo vorrei davanti a tutti voi dare testimonianza e ringraziare per quello che sta facendo: grazie, grazie!”. 

Se Francesco dice che come rettore del seminario hai fatto tanto bene, significa che quel seminario lo hai ridotto all’osso. Ed infatti, così è stato. Ma il metro di giudizio del Papa è ormai chiaro: “se fai, sei bravo, sennò nisba”.

Se la cugina gli avesse detto, “guarda quel prete è sempre in ginocchio a pregare”, probabilmente lo avrebbero ricoverato per un’orticaria fulminante. È chiaro, quindi, che ormai abbiamo raggiunto un livello dal quale sarà davvero difficile rialzarsi. Qualche porporato afferma: “Manca poco e poi si cambierà aria”. Eppure, non sarà così semplice, Francesco ha colpito alcuni punti che davvero sarà difficile riportare “a regime”. Certo, a meno che il suo successore non voglia vivere il martirio.

La nomina di Di Tolve, però, non è l’unica. Questo prete viene preso da Milano e sbattuto a Roma, in una diocesi che è completamente distrutta dall’operato del Papa che ora l’ha resa monca di arti tediandola con una Costituzione che è piena zeppa di errori giuridici. Una diocesi che è vittima dei giochetti di potere di don Tarantelli ed altri chiamati dell’ultim’ora.  Diocesi che Di Tolve non conosce e si muove in modo completamente diverso dalla realtà da dove proviene. Scontato anche menzionare il fatto che proviene anche da una tradizione liturgica differente. “Ma è chiaro che a Francesco non importa nulla di tutto questo, se ti vuole far vescovo ti piazza dove vuole lui”. Era necessario un vescovo ausiliare per Roma? Assolutamente no. Fra poco ci saranno più ausiliari, che fra l’altro si scannano fra loro, che seminaristi. 

Oltre a Di Tolve, quindi, Francesco oggi ha piazzato un altro “bel colpo” alla sua diocesi di provenienza. Con buona pace del sacerdote che auspicava non venisse eletto, oggi a Buenos Aires il Papa ha mandato Jorge Ignacio García Cuerva, un suo grande amico. Uno di quei vescovi “di strada”, con la camicia tutta grondante di sudore, sfilacciata e le maniche tirate su fino ai gomiti. Perchè sì, l’episcopato per Bergoglio è questo: un riconoscimento della fedeltà al padrone. E guai a batter ciglio.

d.A.D.

Silere non possum