Everyone is waiting for an interview with Pope Francis on the Rupnik case.

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«In Argentina, ai privilegiati noi diciamo: “Questo è un figlio di papà”. In questo problema non ci saranno figli di papà», aveva risposto ai giornalisti durante la Conferenza Stampa sul volo di ritorno dalla Terra Santa.

Eppure, da quel giorno acqua sotto i ponti ne è passata molta e di “figli di papà (o Papa)”, in Vaticano se ne sono visti sfilare molti. Sulla vicenda di Marko Ivan Rupnik abbiamo già evidenziato quanto l’operato del Pontefice sia stato fondamentale. Se in questi anni abbiamo imparato a conoscere Francesco, possiamo affermare con assoluta certezza che vi sono due sole vie d’uscita nell’ottica di Francesco. La prima è quella solita, utilizzata più spesso da Bergoglio: “è stato il Prefetto della Congregazione (Dicastero), io non sapevo nulla”. Si tratterebbe della scelta che salverebbe molte facce, in quanto il capro espiatorio è offerto su un piatto d’argento. Ormai settantottenne, Luis Francisco Ladaria Ferrer sta facendo gli ultimi bagagli per lasciare il Dicastero al suo successore. 

La seconda, è molto simile: “mi hanno informato male, ho revocato la scomunica ma è stata colpa dei miei collaboratori”Diversamente, il Papa non farà alcun intervento su questo argomento. Possiamo dimenticarci che Francesco riconosca il suo errore e condanni pubblicamente Padre Marko Ivan Rupnik.

La palla passa in mano ai tantissimi operatori dell’informazione che ogni giorno fanno arrivare ad “amici degli amici” richieste per poter intervistare il Papa in esclusivi incontri a lume di riflettore. Non ci sarebbe occasione migliore che una intervista a Santa Marta per risolvere questo dilemma.

Le promesse di De Donatis 

Nel comunicato firmato dal Cardinale Vicario di Sua Santità c'è scritto: "Questo comporterà verosimilmente, tra l’altro, anche una serie di provvedimenti rispetto agli uffici canonici diocesani". Il Cardinale fa riferimento all'incarico che Rupnik ricopre dal 13 marzo 2018 come rettore di S. Filippo Neri all’Esquilino e quello di Membro della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra ed i Beni Culturali che ricopre dal 01 settembre 2020.

La diocesi di Roma non ha ancora reso pubblico alcun provvedimento nei confronti di Marko Rupnik e sull'annuario restano in essere ancora tutti gli incarichi al gesuita. De Donatis cosa sta aspettando? 

Nel frattempo il Santuario di Loreto ha semplicemente sostituito il gesuita con un suo confratello che vive con lui: Padre Ivan Bresciani. Come abbiamo spiegato, il sistema di portare avanti il Centro Aletti non è certo la soluzione a questo problema.

Il Cardinale Vicario ha poi scritto: «La Diocesi di Roma è altresì consapevole di dover riflettere ed eventualmente prendere provvedimenti rispetto ad un’attività che già da molti anni è stata avviata da P. Rupnik e dai suoi Collaboratori anche nel nostro ambito diocesano: si tratta del noto “Centro Aletti”». Centro all'interno del quale, sostengono alcune consacrate, Rupnik avrebbe messo in atto abusi sessuali.

Fra le molte cose che il Cardinale Vicario dovrà fare, quindi, c'è sicuramente la revisione del testo "Cammini per la formazione permanente dei sacerdoti 2022-2023" che ha numerosi incontri con membri del Centro Aletti.

Una vicenda che deve farci riflettere

La riflessione non dovrebbe arrestarsi agli eventi ma dovrebbe andare molto più nel profondo. Come riferisce il Reverendo Padre José Gonzáles Faus, anch'egli gesuita, quando a capo della Compagnia di Gesù vi era Padre Pedro Arrupe, i novizi sono stati formati con durezza per quanto riguarda il voto di castità. San Bruno diceva: «Se l'arco viene costantemente teso diventa più debole e meno adatto al suo compito». 

Non dimentichiamo che anche Bergoglio è stato formato in quel periodo. Difatti, sono numerose le occasioni che lo dimostrano, Papa Francesco batte sempre la lingua su quel punto. Ne abbiamo parlato in occasione dell'incontro con i seminaristi e il clero a Roma, quando il Papa rispose parlando della pornografia ad una domanda che nulla aveva a che vedere con l'argomento. 

Noi siamo convinti che, proprio quando vi è eccessiva durezza, lì nasce il problema. Anche per quanto riguarda l'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento, pochi sono riusciti a capire la differenza di gravità fra questo delitto, che riguarda due persone consenzienti, e quello dell'abuso che riguarda due persone NON CONSENZIENTI.

Se il sacerdote commette una strage sparando a 30 persone, insieme ad un suo confratello, paradossalmente può tornare in canonica serenamente, assolvendo e facendosi assolvere dal complice. Se però commette un peccato contro il de sexto, allora guai. Questo vizio di guardare nelle mutande altrui chissà quando lo perderemo.

Tutto questo sistema ci ha portato a non riconoscere la gravità di alcuni atti. Oggi non abbiamo chiaro cosa sia il consenso. Un problema che, peraltro, riguarda anche la società. Torna quindi l'annoso problema della formazione sia dei laici che dei chierici. Formazione che non può essere fatta con superficialità, come per assolvere ad un dovere. Bisogna insegnare ad amare, combattendo egoismi o fobie varie. Non si può continuare a proporre un modello castrante che nulla ha a che vedere con il comando di Cristo che invita: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati". 

Non abbiamo bisogno di "uomini", come spesso ama dire qualcuno, ma abbiamo bisogno di "esseri umani", ovvero persone dal "cuore di carne", capaci di amare. 

Solo in questo modo creeremo persone felici di servire Cristo e la Chiesa, solo in questo modo offriremo persone mature al Popolo di Dio che ha fame della Sua Parola.

L.M.

Silere non possum