What happens in seminars? Is there really a lack of vocations? The pontificate of Francis is something dramatically incredible.

La formazione all’interno di noviziati e seminari è una questione sofferta. Oggi, più che mai, è chiaro che vi sono delle problematiche serie nell’approccio che determinati formatori hanno con chi si presenta per essere ordinato sacerdote. Per fortuna le cose stanno cambiando e vi sono diversi rettori dei seminari, anche giovani, che stanno cambiando registro. Il panorama, però, è popolato da sessantottini perversi.

Le storie sono molte, e sono cariche di sofferenza. Forse, più di tutti, Benedetto XVI è riuscito a descrivere l’approccio ideologico di alcuni rettori o vescovi. Lo ha fatto nel suo ultimo libro “Che cos’è il Cristianesimo?”, il quale ha voluto venisse pubblicato dopo la sua morte. Ratzinger scrive: “Forse vale la pena accennare al fatto che, in non pochi seminari, studenti sorpresi a leggere i miei libri venivano considerati non idonei al sacerdozio”.

Questo clima, che risulta veramente soffocante, è andato esacerbandosi negli ultimi anni, con il pontificato di Francesco. Diamo un’occhiata a diversi aspetti.

Ideologia liturgico-teologica

È innegabile, anche Francesco lo ha dovuto ammettere nelle ore successive alla morte di Benedetto XVI, che le vocazioni che il Signore ha suscitato in questi ultimi anni sono frutto di un pontificato che ha speso tutte le proprie forze per questo. I giovani che arrivano alle porte dei nostri seminari hanno già una vita di fede ed arrivano con un bagaglio spirituale non indifferente. Ciò che vogliono trovare è una struttura scevra da ideologie che li formi e gli dica se quella chiamata che hanno sentito è davvero Gesù Cristo che li vuole suoi sacerdoti. Vogliono mettersi in ascolto della sua Parola e non quella degli uomini.

È bene ricordare che non vi può essere una pretesa all’ordinazione. È sempre la Chiesa che discerne. Questo discernimento, però, non può avvenire sulla base di simpatie personali o ideologie. Oggi sono moltissimi i giovani che tornano a casa perché la realtà che li ha accolti li ha effettivamente logorati.

Se un ragazzo arriva in seminario e sul suo comodino appoggia la Filotea, l’Imitazione di Cristo, l’Anima di ogni apostolato o qualche libro di Ratzinger, appunto, presto o tardi si vedrà convocato dal rettore o da qualche educatore che gli dirà che quei libri sono desueti. Del resto, basta ascoltare i vescovi “dell’ultim’ora”, non manca omelia nella quale non viene pronunciato la marchetta: “Papa Francesco ha detto”. Se, invece, negli stessi testi, provi a cercare Gesù Cristo, il nulla cosmico. Oggi, quindi, è possibile solo leggere uno dei milioni di libri che parlano di Papa Francesco. Oppure, qualche teologo della liberazione. Ci sono chierici che hanno dovuto rivestire le copertine di alcuni libri per evitare discussioni.

In questa nube, quindi, il seminarista deve formarsi al sacerdozio. Se sta in cappella in ginocchio, viene visto come una persona rigida. Se ama l’organo, piuttosto che la chitarrina e il tamburo, è retrogrado. Ma ciò che ci fa comprendere come sia divenuto “disumano” il cammino di formazione è l’approccio. Se un parroco ha in parrocchia un ragazzo che si mostra ben disposto, ha iniziato la direzione spirituale, serve all’altare e si presta per i servizi in parrocchia, oggi si trova di fronte ad un problema enorme. Un problema morale. Ciò che si chiede è: “ma lo devo mandare in seminario? Come minimo me lo rovinano”.

Sì, perché quando il ragazzo arriva alla soglia della porta dell’ufficio del rettore si ritrova già sottoposto ad un esame radiografico. Se ti presenti con la camicia, se sei con la giacca, se parli di tradizione, ecc… Tutto diventa immediatamente motivo di giudizio. Qualcuno, infatti, è convinto di poter effettuare un discernimento con un semplice colloquio.

Del resto, questi formatori si sentono onnipotenti ed unici detentori della capacità di discernimento. Se poi hanno seguito due settimane di corso per formatori alla Gregoriana o alla Salesiana, allora non ci sono santi che tengono. Diventano psicologi, medici, avvocati, teologi, liturgisti e chi più ne ha più ne metta.

Se sei timido, loro ti inviano in comunità di tossici. Se sei attento alla liturgia, loro ti inviano in qualche comunità dove ballano sull’altare. Cioè loro devono stuprare il tuo intimo, il tuo carattere. Perché come sei sei, devi cambiare. Se sei a devi diventare b, e se sei b devi diventare a. Spiegazione? Devi assecondare il loro ego. Il seminarista, quindi, si ritrova come un attore nella serie “Quasi quasi cambio i miei”, dove un figlio ben educato viene inviato in una famiglia di scappati di casa ed uno scappato di casa viene inviato in una famiglia di persone ben educate.

Non si parla più di criteri oggettivi ma di simpatie. La maggior parte di questi soggetti vengono pescati e quando vengono messi sul trono sentono di dover mettere sul mercato delle loro fotocopie. “La pensi come me? Andiamo avanti” sennò, “non la pensi come me? Non sei idoneo”.

Questo porta a rischi enormi per quanto riguarda la formazione umana, non solo spirituale.

In una realtà come il seminario, tutto viene amplificato e quindi vi sono delle vere e proprie lotte intestine che solitamente sono fomentate dal rettore narcisista. Basti pensare a ciò che abbiamo vissuto in Vaticano con il Pre seminario San Pio X. Una semplice candela può diventare motivo di musi e lotte che vanno avanti per anni.

Questo perché? Perché i formatori non sono formati. Formati seriamente. E come si può pretendere di formare se non si è formati?

L’affettività

Se il candidato deve accontentare qualcuno, evidentemente non è più sé stesso. Se deve preoccuparsi del giudizio, la formazione non è più “un cammino con” ma un “esame eterno”. L’incapacità di formare ha portato il Dicastero, soprattutto con Beniamino Stella, ad allungare gli anni di formazione. Della serie: “Ciò che non riuscivo a fare in 4 anni, ora proviamo a farlo in 7-8”. Qualcuno, però, non si è reso conto che deve cambiare l’impianto e non il numero di anni. Tenere le persone dentro una struttura per così tanto tempo, nel limbo, non farà altro che sfinirle. Ed è proprio questo che spera qualcuno: sfinire i giovani.

Con l’avvento di Papa Francesco, il tutto ha subito una accelerazione spaventosa. Formare all’affettività, alla relazione è qualcosa che al Papa non importa. Ciò che a lui interessa è che “gli omosessuali non devono essere ordinati”. Lo ha ripetuto ricevendo i seminari ed anche ai vescovi. Bergoglio è convinto che omosessualità e pedofilia siano l’una la conseguenza dell’altra.

Quindi, il risultato è che chi era già represso e vedeva gay dappertutto, ha iniziato ad utilizzare questa etichetta per far fuori chi non gli andava a genio. Del resto, bisognerà pur abituarli questi ragazzi ad un metodo che utilizziamo da anni dentro e fuori dal Vaticano?

Non essendoci parametri oggettivi, quindi, è sufficiente che il tuo rettore ti dica: “Eh mi hanno detto che sei gay”, per buttarti fuori. Ed è chiaro che tu, giovane seminarista, non hai neppure la forza di rispondere a tono. Non ne hai la lucidità, in quel momento. Perché quando ti trovi in seminario, dopo che hai dedicato 4-5 anni agli studi di teologia e hai interrotto la maggior parte dei tuoi progetti o relazioni, quello è tutto ciò che hai. Cosa fai?

Se non vi fosse la sudditanza psicologica, infatti, la risposta dovrebbe essere: “Ti hanno detto chi? E a chi te l’ha detto, chi lo ha detto? Da cosa lo hanno evinto?”. Chi è riuscito, nella lunga storia, a formulare queste domande chiaramente si è visto un muro di fronte. Perché? Perché molto spesso quello non è il motivo reale per cui gli veniva detto di “prendersi una pausa”. Oppure, spiegandovi chi gli ha detto “quella cosa”, vi dovrebbe anche spiegare come quella persona lo ha saputo. E, date retta a noi, non sarebbe un bel biglietto da visita.

Ma, come sempre, la soluzione la si trova nelle parole stesse di chi formula queste considerazioni. Molto spesso si tratta di persone che non vivono serenamente la loro vita affettiva e, di conseguenza, hanno molto tempo da dedicare per concentrarsi sugli altri. Su quelli, poi, vedono tutto ciò che è in loro. La cosa importante è che il seminarista capisca che il problema non è lui, ma chi ha di fronte.

Sapendo che questo è un tema caldo, poi, viene spesso utilizzato all’interno dello stesso seminario per colpire qualcuno. Per qualunque motivo. Visto poi che alcuni rettori sono molto esperti nel grattare questioni pruriginose ma non si preoccupano della formazione umana affettiva dei seminaristi, la maggior parte delle volte in cui viene sbandierato questo “mega scoop” è perché qualcuno, per gelosia, si accanisce contro il proprio confratello. Gelosie, rifiuti o vendette, sono alla base di molte delle accuse che anche qui in Vaticano vengono mosse all’uno o all’altro.

E come nelle migliori lotte, poi, vi è il perdente e il vincitore. L’uno sì, l’altro no. E non è che viene cacciato chi calunnia, diffama o insinua, sia chiaro. Quelli vengono tenuti come i cagnolini alla destra del padrone.Qualcuno, purtroppo, non si rende conto che saranno gli stessi che venderanno anche lo stesso Papa a chi gli offrirà di più. La maggior parte, poi, basa il proprio agire sulle convinzioni di alcuni guru del tema, ovvero, li citiamo a titolo meramente esemplificativo: Amedeo Cencini, Andrea Arvalli, Roberto Marchesini, Enrico Parolari, Giuseppe Sovernigo, ecc… Ovvero, persone che basano le loro convinzioni su tutto tranne che su studi scientifici. Forse si basano su desideri personali, inesplorati. Chissà.

Uno dei terrori più comuni sono le “amicizie particolari”. Un mantra del Cencini. Ci sono seminari, i quali non hanno avuto vita facile, che addirittura vietavano ai seminaristi di accedere alle stanze altrui. Come si può pensare di formare sacerdoti capaci di stare in mezzo alla gente e, soprattutto, di stare al mondo? In questo modo si formeranno giovani emotivamente immaturi, che hanno paura dell’altro e i sintomi sono chiari: persone che non sono capaci di coltivare relazioni, prendersi cura dell’altro, affrontare e risolvere le problematiche che nella relazione possono insorgere, gelosie, manie di controllo, paure eccessive, atteggiamenti passivo-aggressivi, ecc…

Piuttosto che favorire la relazione ed essere felici che si stringano legami all’interno della struttura formativa, si demonizza il tutto e lo si etichetta come: “omosessualità”. Il che, peraltro, ci fa comprendere molto su come queste persone vivano la loro vita. Se non si favorisce l’amicizia e la fraternità nel seminario, come si può pensare che il presbiterio poi sia unito? Si tratta di soggetti che metterebbero le telecamere anche nelle stanze dei seminaristi. Qualcuno, infatti, ha riempito il seminario di telecamere, arrivare alle stanze poco ci manca. Si ha a che fare con dei veri control freaks. Alla domenica sera, quando rientri a compieta ti senti rivolgere l’interrogatorio su “dove sei stato, con chi sei stato, quanto ci sei stato, ecc”.

Ma che cosa si vuole ottenere con questo comportamento? L’unico risultato è che domani avremo dei preti che avranno l’ansia di rapportarsi con gli altri, la paura di qualunque cosa o incapaci anche solo di coltivare un rapporto sano e fruttuoso.

Lo psicologo

Molto spesso questi rettori si fanno assistere da soggetti che hanno ottenuto il titolo di psicologi (non investighiamo sul come e dove che è meglio) che si prestano anche a fare delle vere e proprie diagnosi di omosessualità.

Nonostante questo comportamento sia chiaramente vietato dal Codice Deontologico. Poi, quando li chiami a rispondere davanti all’Ordine degli Psicologi, piangono e vanno da Parolin per farsi aiutare. Si tratta di repressi che svolgono la professione di psicologo e in due colloqui, mostrandoti due schizzi, ti vogliono fare credere che siano riusciti a psicanalizzarti. In questo modo vanno ad infangare anche il lavoro importantissimo che svolgono gli psicologi e psicoterapeuti seri che, invece, offrono un aiuto importantissimo anche ai sacerdoti. La psicoterapia, però, innanzitutto non è uno spazio giudicante e, in secondo luogo, è uno spazio del paziente con il professionista. Nessuno può interferire. Neppure se si ottiene il consenso firmato.

Difatti, molti di questi rettori hanno fornito questo testo agli psicologi che ingaggiano.

Iscriviti a Pharmakon, la rubrica sulla formazione sacerdotale

Con queste due righe si sentono tutelati loro e il “professionista” (chiamarlo così è una offesa alla professione) e discutono di ciò che il seminarista ha detto in seduta. Lo abbiamo detto più volte, ma lo ripetiamo, ogni qualvolta vi si presenta una situazione del genere, scriveteci. Lo psicologo vi potrà conoscere dopo una serie di incontri, lunghi, a volte sono necessari anni. Inoltre, dovete andare voi non per mandato di qualcuno. Il paziente deve avere una libertà di spirito, psicologica appunto, non solo fisica. Se la minaccia è: "o ci vai o ti sbatto fuori", questa libertà viene meno.

Si tratta di gravi violazioni del codice deontologico e possono avere anche conseguenze penali. Qui, per chi si fosse dimenticato Amedeo Cencini.

Un calvario

Un altro dei mantra di molti vescovi e rettori, i quali non godono di spina dorsale, è diventato: “Eh, ora con questo Papa non si può fare nulla”. Sì, siamo sotto un regime e nessuno ha la voglia di far la fine di Dominique Marie Jean Rey. Qual è la sua colpa? Aver accolto seminaristi che avevano avuto esperienze negative altrove.

Questa è una delle patologie che affliggono anche il nostro amato pontefice, lo avevamo già scritto. Ovvero, siamo pieni di rettori dei seminari che pensano di essere gli unici interpreti della volontà del Padre Eterno. Quindi, se tu sei uscito da un seminario, a nessuno importa perché, cosa è successo, come ti senti, qual è la tua esperienza. L’unica cosa certa è che non entrerai in nessun altro seminario presente nel globo terracqueo. Ci sono addirittura rettori e vescovi che si sono messi a perseguitare seminaristi ovunque mettessero piede. Qualche presule limitrofo di Bergoglio, il quale evidentemente ha imparato da lui, ha addirittura iniziato una sorta di stalkeraggio social nei confronti di un ragazzo che aveva avuto la grande colpa di riferire che questo soggetto era leggermente disturbato.

Ovunque si trovasse questo giovane, arrivava una lettera di questo eccellentissimo presule che, non riferiva criteri oggettivi o fatti per cui non avrebbe dovuto essere ordinato, ma diceva che avendo fatto una esperienza lì e non essendosi conclusa bene, non potevano accoglierlo altrove. Infine, anche la minaccia: “Sennò scrivo in Congregazione”. Sì, perché ora il Dicastero per il Clero è diventato il semaforo per le ordinazioni, ovunque. Nonostante, ora non vi sia neppure un segretario dedicato ma di tutto si occupa lo sprintosissimo Andrés Gabriel Ferrada Moreira. Sempre meglio, diciamo.

Ma, tornando al vescovo argentino, possibile che a qualcuno non si accende una lampadina? Cosa porta un vescovo, così impegnato, a pedinare gli spostamenti di un ragazzetto a tal punto da rendergli la vita impossibile? Semplici burocrati. Spesso non incontrano neppure i candidati ma per loro sono solo “incombenti”. Poi vanno a piangere sulle spiagge davanti ai migranti. La domanda è: ci crediamo in Gesù Cristo? Perché se ci crediamo, e siamo convinti che questo soggetto non è da ordinare, siamo anche certi che il Signore illuminerà anche i suoi nuovi formatori. No?

Invece, qualcuno sa bene che si tratta solo di ideologia e, quindi, bisogna far di tutto per eliminare chi non la pensa “come me”. Come si può pensare che un candidato al sacerdozio non considerato idoneo in Belgio, non possa trovare una realtà a lui più affine in Argentina? Oppure qualcuno che esce perché non si sente chiamato alla vita secolare, perché non potrebbe accedere ad un ordine monastico?

No, Bergoglio (e molti con lui) sono convinti di essere gli unici interpreti del volere di Dio. Qualcuno dice: “Eh, molti hanno girato e poi sono stati ordinati. Poi son successi danni”. Eh, sì, è noto, infatti, che Gesù dopo aver chiamato Giuda abbia smesso di chiamare altri. Scottato una volta, fine della fiera. Ma non dimentichiamo che ci sono soggetti che hanno combinato danni e magari non hanno neanche fatto un giorno di seminario. Uno dei tanti? Gianni Baget Bozzo.

Pertanto, è chiaro che i rischi ci sono e di matti ne sono stati ordinati, ma non per questo bisogna rendere la vita impossibile anche ai sani. Ma forse Francesco non crede nella capacità di discernimento dei singoli vescovi, ecco il punto. Ormai li ha trasformati in burocrati, passa carte. Non sono liberi neppure di scegliersi il proprio clero. Anzi, se osi ordinare o incardinare qualcuno che non appartiene alla tua diocesi ti ammazzano.

Coloro che sono tenuti in considerazione, invece, sono quei vescovi che non sanno neppure tenere una mitria in testa ma parlano di “parrocchie gestite dai laici”. E l’intento è proprio questo: sfinire il clero, sfinire chi vorrebbe diventar prete, per far avanzare i laici. Quegli stessi laici che per anni hanno parlato tanto bene della Chiesa ai giornali. Quegli stessi laici che vengono, vogliono esser pagati e poi alzano i tacchi e se ne vanno. Quei laici che si fanno le fotocopie dei documenti e poi ti ricattano. Gli stessi che se li chiami fuori dall’orario d’ufficio ti sbuffano in faccia.

Usquequo, Domine, oblivisceris nos in finem?

F.P.

Silere non possum