L'emergenza carceri è una realtà che non possiamo più tacere. In Italia, a Vigevano (PV), nei giorni scorsi, si è tolto la vita l'ennesimo detenuto. È il 75esimo dall’inizio dell’anno. Si trattava di un uomo di circa 40 anni di origini magrebine, con un residuo di pena di pochi mesi, il quale si è tolto la vita impiccandosi nella sua cella. L'istituto, nonostante nuove attività lavorative interne organizzate per i reclusi lamenta un pesante sovraffollamento: su 218 posti disponibili c’è una presenza di 142 persone ristrette in più. Il numero degli agenti di polizia penitenziaria è fortemente sotto organico: ne mancherebbero 75, secondo il segretario generale della Uilpa di settore, il quale ha denunciato anche la condizione di estremo disagio della categoria che ha portato al suicidio di 7 addetti alla sicurezza nei 192 istituti di pena italiani. 

Nonostante le norme, purtroppo le carceri continuano ad essere luoghi che non aiutano alla riabilitazione dei condannati. Si tratta di luoghi punitivi e repressivi, più che riabilitativi. A maggio i cappellani delle carceri di Lombardia avevano preso posizione contro l'applicazione di alcune disposizioni contenute nella Circolare 3693/6143 del 18/07/2022, a firma del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, la quale prevedeva "la possibilità di uscire dalle celle solo per tre ragioni: la fruizione della socialità in appositi locali comuni, la permanenza all’aria aperta e la partecipazione ad attività trattamentali" per quanto riguardava "le persone detenute che occupano le sezioni ordinarie del circuito della media sicurezza". E chiedevano: “alle competenti sedi politico-istituzionali di valutare con urgenza possibili disposizioni volte a modificare la situazione attuale e, in particolare finalizzate a ripristinare l’apertura diurna delle celle nel circuito della media sicurezza e a destinare adeguati fondi per dare attuazione all’auspicato potenziamento delle attività trattamentali". 

Si tratta di una preoccupazione che ci interpella, come Chiesa. Ogni giorno, in Italia e nel mondo, sono moltissimi i cappellani che supportano i detenuti e li assistono nei diversi istituti penitenziari. L'esperienza del carcere segna profondamente anche la vita ministeriale di coloro che svolgono questo servizio. Da un lato c'è la sofferenza per le oggettive situazioni che vivono i detenuti e che viviamo anche noi che siamo chiamati ad accompagnarli, dall'altro c'è tutto quanto noi abbiamo da imparare da queste persone e da questa triste realtà che è il carcere. Anche Papa Francesco si è domandato, diverse volte, "perché loro e non io?" Sarà lui ad aprire, il 26 dicembre 2024, la Porta Santa del Giubileo nel penitenziario romano di Rebibbia. Per quanto riguarda la Regione Lombardia, dove il dibattito è finito anche in Consiglio Regionale, la Conferenza Episcopale Lombarda incontrerà i direttori delle carceri presso il Santuario di Caravaggio il 28 novembre 2024. 

In Regione Lombardia sono stati recentemente approvati due provvedimenti proprio sul tema.
Un documento, in particolare, è frutto di un lavoro di sintesi tra due testi: quello presentato dalla maggioranza a prima firma Alessia Villa (FdI) e quello delle minoranze, primo firmatario Luca Paladini (Patto Civico). L’opportunità di un pronunciamento sul tema era emersa nella Commissione speciale “Tutela dei diritti delle persone private della libertà personale e condizioni di vita e di lavoro negli istituti penitenziari” presieduta da Villa a seguito dei gravi fatti avvenuti nei mesi scorsi in particolare nel carcere minorile Beccaria di Milano e a seguito dei numerosi suicidi che hanno visto protagonisti giovani detenuti in alcuni istituti di pena lombardi.

Il Consiglio Regionale l'8 ottobre 2024 ha approvato all'unanimità due ordini del giorno (959-960) che impegnano la Giunta Regionale ad "intraprendere ulteriori azioni e misure finalizzate a potenziare percorsi di accompagnamento, reinserimento sociale e lavorativo delle persone private della libertà personale, in particolar modo nei confronti di minori e giovani adulti, con particolare attenzione agli interventi di inclusione lavorativa al fine di evitare il fenomeno della recidiva" e "a rappresentare al Governo e al Parlamento l’urgenza di atti diretti a proseguire nelle politiche destinate ad ampliare la capacità delle comunità terapeutiche di accogliere i detenuti che, a legislazione vigente, possono espiare la condanna, o parte di essa, in strutture alternative al carcere, senza gravare ulteriormente sui bilanci degli Enti locali" e "a garantire stanziamenti adeguati ad assicurare interventi diretti:  a proporre azioni di supporto psicologico rivolte al personale di Polizia penitenziaria e al personale sanitario e sociosanitario operanti nelle strutture detentive della Lombardia; ad assicurare una maggiore e continuativa presenza di psicologi, educatori, psichiatri e infermieri psichiatrici all’interno delle strutture penitenziarie, al fine di fornire un supporto costante alle persone ristrette che presentano fragilità legate alla salute mentale, potenziando anche tutte le articolazioni atte a tutelare la salute mentale delle persone ristrette nelle strutture detentive". Inoltre, ha impegnato il Presidente della Giunta regionale e gli Assessori competenti "a intraprendere ulteriori azioni e misure finalizzate a potenziare percorsi di accompagnamento, reinserimento sociale e lavorativo delle persone private della libertà personale, in particolar modo nei confronti di minori e giovani adulti, con particolare attenzione agli interventi di inclusione lavorativa al fine di evitare il fenomeno della recidiva". 

“Non solo certezza della pena, servirebbe, per quanto possibile, anche una certezza del reinserimento e recupero del condannato - ha dichiarato Alessia Villa - ancora di più se parliamo di ragazzi che, una volta scontata la pena, hanno ancora una parte importante della loro vita da trascorrere in mezzo alle nostre comunità. Nel nostro documento abbiamo dedicato particolare attenzione ai “giovani adulti” che per effetto delle nuove norme scontano la pena negli istituti di detenzione minorile fino al compimento del 25esimo anno: come dimostrato dai progetti già sostenuti da Regione Lombardia, questi ultimi hanno ancora la possibilità di essere riorientati anche se alle spalle hanno percorsi di devianza determinati spesso dai contesti di appartenenza. Tutto questo lo si può fare solo e soltanto offrendo attività diversificate, in primis quelle lavorative e formative, senza però dimenticare anche quelle ricreative, culturali e sportive. Dobbiamo dare orizzonti di speranza a chi molto spesso non vede più un futuro”