Roma - Con la nomina di Mons. Benoni Ambarus ad Arcivescovo Metropolita di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico, Papa Leone XIV chiude un capitolo amaro e sofferto della diocesi di Roma: l’epurazione sistematica messa in atto negli anni recenti da Renato Tarantelli, vicegerente e uomo che ha giocato finché ha potuto con Jorge Mario Bergoglio. Ambarus era l’ultimo ausiliare rimasto di quella generazione ecclesiale romana che si è trovata a vivere sotto una cappa di piombo fatta di intimidazioni, esclusioni sistematiche e un clima di sospetto degno dei peggiori apparati di potere.
La biografia di Mons. Ambarus parla da sé: una vocazione nata in Romania, coltivata a Iași, maturata pienamente a Roma, dove ha servito con spirito evangelico in parrocchie difficili e in fronti pastorali complessi come la sanità, il carcere, la povertà. Il suo lungo impegno alla Caritas di Roma – prima come direttore, poi come vescovo delegato alla carità – è stato ciò che ha attirato l’attenzione di Bergoglio. Uomo affabile, certo, ma pur sempre una persona legata ad una Chiesa vista più come realtà sociale che luogo dell'anima. Un vescovo, creato dall'oggi al domani e senza alcuna indagine del Dicastero competente, che ha sempre definito "carnevale" le "talari filettate, le celebrazioni curate", ecc...
La scelta di Leone XIV operata con questa nomina è stata quella di asscondare, per l'ultima volta, le richieste del Vicegerente ma solo perchè è consapevole che questo vescovo non è certo in linea con la volontà di Leone di riportare la Chiesa a parlare di Gesù Cristo e meno degli uomini. Basti pensare che nei giorni scorsi, nel messaggio per la Giornata dei poveri voluta da Bergoglio, Prevost ha subito richiamato l'attenzione ad una più seria e preoccupante povertà: quella dello spirito.
L'epurazione operata da Tarantelli
Il nome di Ambarus non è passato inosservato nei consigli episcopali romani: il presule è stato, insieme a pochissimi altri, uno di coloro che ha avuto il coraggio di alzare la voce contro Tarantelli, soprattutto davanti all’imbarazzante gestione dell’Ospizio dei Cento Preti e ad altri episodi di arbitrio e opacità gestionale. Uno scontro che Silere non possum ha documentato puntualmente, anche quando altri preferivano il silenzio o la complicità.
La parabola di Renato Tarantelli è, per molti sacerdoti romani, la cartina di tornasole del disastro pastorale e istituzionale che ha colpito la diocesi del Papa. Fallita carriera da avvocato, ingresso tardivo in seminario, e fulminea ascesa tra le stanze del potere grazie a contatti personali più che a meriti effettivi: De Donatis, Antonietti, Salerno,… e naturalmente Papa Francesco.
È stato Tarantelli a seminare quel clima di contro sospetto che ha portato il Pontefice, insieme al dilettante giurista ideologico gesuita Ghirlanda, del disastro chiamato “In Ecclesiarum Communione”, la nuova costituzione del Vicariato di Roma voluta da Francesco nel 2022. Un testo giuridicamente lacunoso, teologicamente debole, e pastoralmente impraticabile. Più che un rinnovamento, si è trattato di una ristrutturazione del potere, nuove sedie da occupare (sempre di più)…Un sistema utile a silenziare ogni voce libera e a premiare i fedelissimi.
I sacerdoti della diocesi di Roma conoscono bene Tarantelli: persona fredda, incapace di dialogo fraterno, priva di reale esperienza pastorale. Ma dotato di una pericolosa convinzione: quella di sapere sempre cosa sia meglio per tutti, anche contro l’evidenza. E quando questa convinzione si unisce all’ambizione personale, il risultato è devastante.
Un futuro ancora incerto per il vicegerente
Con Ambarus che lascia Roma – dopo che tutti gli altri vescovi ausiliari del tempo di De Donatis sono stati rimossi o spostati – si chiude un ciclo. Ora resta la grande domanda: che ne sarà di Renato Tarantelli?
La volontà del clero romano è chiara: non può restare dov’è. Allo stesso tempo non può essere destinato a una diocesi, dove riprodurrebbe lo stesso sistema di potere, né può essere “promosso” in curia, dove metterebbe a rischio l’equilibrio già precario di molti uffici. Serve un luogo neutro, silenzioso, dove possa essere tenuto lontano da leve di governo.
La recente elezione di Papa Leone XIV ha riacceso la speranza. Il Pontefice ha già incontrato tutto l’organigramma del Vicariato e ha ricevuto direttamente Tarantelli: segno che ha piena consapevolezza della situazione e intende agire. “Il Papa legge e va letto tutto quanto è emerso in questi anni, nonostante ora siano venuti tutti qui a cercare di convincerlo che non è vero nulla”, spiega una fonte vicina al Pontefice.
E Libanori?
Molti si chiedono anche dove sia finito Daniele Libanori, gesuita, già vescovo ausiliare, epurato e poi sparito dai radar. Il suo compito era quello, creato ad hoc, di Assessore del Santo Padre per la Vita Consacrata. Dove sia oggi, nessuno lo sa. Ma è la conferma che la gestione fatta da Bergoglio era molto personalistica.
d.S.R.
Silere non possum