Questa mattina, come annunciato, Papa Francesco si è affacciato dalla finestra del quinto piano del Policlinico Agostino Gemelli, salutando brevemente i fedeli. Accompagnato da Massimiliano Strappetti il Papa è apparso con una fasciatura su entrambe le braccia, in carrozzina e particolarmente gonfio in viso. «Grazie a tutti. Vedo questa signora con i fiori gialli, è brava», ha detto. Quando l'Assistente Sanitario Personale del Santo Padre gli ha chiesto se volesse dire altro, il Pontefice ha fatto segno con le mani per dire basta. È stato poi invitato a dare la benedizione ma lo ha fatto tracciando solo con le mani, e con difficoltà, un segno di croce sul popolo radunato sotto alla finestra. Un gesto semplice e veloce ma significativo, che ha segnato la conclusione del suo ricovero. Oggi, il Pontefice farà ritorno a Casa Santa Marta.

Nel testo preparato per l'Angelus il Papa scrive: «In questo lungo tempo di ricovero, ho avuto modo di sperimentare la pazienza del Signore, che vedo anche riflessa nella premura instancabile dei medici e degli operatori sanitari, così come nelle attenzioni e nelle speranze dei familiari degli ammalati. Questa pazienza fiduciosa, ancorata all’amore di Dio che non viene meno, è davvero necessaria alla nostra vita, soprattutto per affrontare le situazioni più difficili e dolorose» e ancora «Con tanta pazienza e perseveranza state continuando a pregare per me: vi ringrazio tanto! Anch’io prego per voi. E insieme imploriamo che si ponga fine alle guerre e si faccia pace, specialmente nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Myanmar, Sudan, Repubblica Democratica del Congo».

Il ritorno in Vaticano

Questa nuova fase del suo pontificato è iniziata 37 giorni fa, con il ricovero nell’ospedale romano. Un momento che non è stato solo un evento sanitario, ma un passaggio simbolico che lo ha portato a sperimentare in prima persona la fragilità e la sofferenza. Come insegnava San Giovanni Paolo II nella Salvifici Doloris (1984), la sofferenza, vissuta con fede, diventa testimonianza della dignità della vita umana e assume un valore redentivo. Francesco, con il suo stato di salute precario, incarna oggi questa realtà. Uomo di relazione per natura, il Papa ha sempre amato circondarsi di persone e costruire legami. Oggi, però, questo non gli sarà più possibile: per motivi di salute dovrà ridurre i contatti e vivere in maggiore isolamento, almeno per due mesi. Forse, dopo la pandemia, tutti noi possiamo comprendere un po’ meglio cosa significhi questa privazione. Anche questo sacrificio, tuttavia, diventa una testimonianza.

Un’altra prova, lo abbiamo ascoltato, è la difficoltà nel parlare, che richiederà un percorso di riabilitazione non semplice. Per un Pontefice che ha sempre privilegiato la comunicazione diretta e spontanea, spesso discostandosi dai discorsi ufficiali, questa limitazione rappresenta un ulteriore motivo di sofferenza. Nonostante ciò, e al di là delle speculazioni di alcuni giornalisti – in particolare quelli che più hanno beneficiato del suo pontificato – Francesco non ha alcuna intenzione di dimettersi. La sua decisione dimostra che la leadership non si fonda sulla forza fisica, ma sulla fedeltà alla propria vocazione. San Giovanni Paolo II scriveva nella Salvifici Doloris: «Nel mistero pasquale Cristo ha dato inizio all'unione con l'uomo nella comunità della Chiesa. [...] In questo corpo Cristo vuole essere unito con tutti gli uomini, ed in modo particolare egli è unito con coloro che soffrono.» Oggi, Papa Francesco vive concretamente questa unione nella sofferenza. Nei prossimi mesi sarà costretto a una vita più riservata, lontano dal via vai di Santa Marta, quell’ambiente che lui stesso ha sempre favorito, definendolo quasi una “terapia psichiatrica” per il suo equilibrio. Un paradosso, considerando che fu proprio lui a rifiutare il Palazzo Apostolico per non isolarsi. Tuttavia, questa scelta lo ha anche esposto a influenze esterne e tentativi di manipolazione. Oltre ai germi spirituali, però, ci sono anche i germi patogeni, a Santa Marta. Oggi – come ha sottolineato il professor Alfieri – il Papa necessita di un ambiente più sterile e protetto, e il Palazzo Apostolico sicuramente lo è più della Domus.  

Contrariamente a quanto riportato oggi da Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera, il Papa non vive semplicemente nella stanza 201, ma dispone dell’intero piano, il quale è stato adeguatamente attrezzato per le sue esigenze anche mediche ed è pronto, quindi, ad accoglierlo.  Per le celebrazioni pasquali, la sua presenza è altamente improbabile. Se la salute glielo permetterà, potrebbe apparire in video per la benedizione Urbi et Orbi, ma è impensabile, al momento, che possa pronunciare un lungo discorso viste le difficoltà respiratorie.

La nuova fase del pontificato di Francesco è iniziata con la prova della malattia, ma il Papa non intende fermarsi. Il suo cammino prosegue, segnato dalla sofferenza, ma anche dalla determinazione a portare avanti la missione affidatagli.


s.A.A.
Silere non possum