Città del Vaticano - Nei giorni scorsi Francesca Immacolata Chaouqui ha tentato, ancora una volta, di infilarsi nel cuore della narrazione vaticana. Con l’ennesima trovata, ha lasciato circolare la voce — del tutto infondata — che sarebbe stata ricevuta in udienza da Papa Leone XIV. È l’ennesimo capitolo di una lunga storia costruita sulla menzogna, sulla vanagloria e sull’arte di manipolare i media. Nulla di nuovo, purtroppo. Ma qualcosa, stavolta, è cambiato.
L’ossessione per la visibilità
Chi conosce la vicenda-Chaouqui sa bene che ci si muove nel territorio del narcisismo più sfrenato, travestito da zelo ecclesiale. Per lei, l’unica cosa che conta è che si parli di Francesca Chaouqui. In qualsiasi modo. Con qualsiasi pretesto. Che sia una condanna, un’indagine, una foto fuori luogo o una frase ambigua: tutto serve ad alimentare il personaggio. Lei vive nel proprio universo autoreferenziale, dove le bugie diventano narrazione, le omissioni strategia e l’inciucio strumento di potere.
Il paradosso è che questa donna, che si è sempre detta sostenitrice del pontificato di Francesco “per il bene della Chiesa”, ha in realtà contribuito a screditare e danneggiare proprio quell’autorità che diceva di voler difendere. Fin dall’inizio, voci prudenti avevano avvertito chi di dovere: “Tenetela fuori dal Vaticano, sarà un disastro.” Non furono ascoltati. Il disastro è arrivato.
Una lunga scia di scandali
Il curriculum giudiziario e mediatico della Chaouqui parla da sé. Ha commesso reati gravi ai danni dello Stato, del Papa, e di persone fiduciose che si sono trovate strumentalizzate nei suoi giochi di potere. Nonostante questo, per anni è stata lasciata agire liberamente. Ha venduto informazioni carpite qua e là, insinuato connessioni che non aveva, manipolato i mezzi di comunicazione, frequentato personaggi oscuri e, quel che è peggio, ha potuto farlo nel silenzio complice di chi avrebbe dovuto immediatamente screditarla.
Negli anni, ha fatto credere di avere accesso diretto al Papa, ha ammiccato in podcast a domande su telefonate papali senza mai rispondere, ha lasciato intendere legami inesistenti. “Alla domanda su quante volte parlo con il Papa, non rispondo.” L’ambiguità è stata la sua arma. E molti, troppi, hanno taciuto. Per paura, per opportunismo, per complicità.
Questa donna non è diversa da molti altri personaggi che ruotano attorno a questo micro Stato che è un vero e proprio feticcio per persone psicolabili che pensano di poter contare qualcosa se inseriscono un piede oltre Porta Sant’Anna.
Il cambio di passo di Leone XIV
Ma ora lo scenario è cambiato. Alla prima “soffiata” pubblicata sul giornale dell’ormai inseparabile Emiliano Fittipaldi — suo storico alleato nelle fake news — il Vaticano ha reagito con prontezza. Lo staff di Leone XIV ha chiesto immediatamente alla Sala Stampa della Santa Sede di smentire pubblicamente. E lo ha fatto con chiarezza: Francesca Chaouqui non è stata ricevuta dal Papa. E non lo sarà mai.
Papa Leone XIV non vuole vederla, né sentirla nominare. È perfettamente consapevole dei danni arrecati e della logica autoreferenziale che guida ogni sua azione. Non lavora per la Chiesa, ma per sé stessa. È una millantatrice professionista, e il tempo delle coperture è finito.
Un solo ritorno in Vaticano: da imputata
Il prossimo ingresso della Chaouqui in Vaticano non avverrà attraverso gli amichetti Commissari della Gendarmeria né con badge da pseudo consulente. L’unico luogo dove metterà piede sarà l’aula giudiziaria, come imputata nel procedimento che si aprirà attorno alla vicenda torbida del palazzo di Sloane Avenue. Il resto è finzione. La realtà è ben diversa.
L’epoca della tolleranza verso il dilettantismo manipolatore e autoreferenziale è giunta al capolinea. Nessuna istituzione può permettersi di restare ostaggio delle ossessioni di chi ha il fetish per il potere ed è vittima del proprio protagonismo.
Per Francesca Chaouqui, il sipario sta calando. E questa volta, non ci sarà nessuno ad applaudirla.
d.R.A.
Silere non possum