Il 13 marzo 2013, il Cardinale Jorge Mario Bergoglio veniva eletto al soglio petrino. Quando il protodiacono Jean-Louis Tauran annunciò l’"Habemus Papam", l’emozione fu mista a sorpresa: non tutti compresero immediatamente la portata di quella scelta. Quando il nuovo Papa si affacciò alla Loggia delle Benedizioni qualcuno iniziò “a capire l’antifona”, si dice dalle nostre parti.

Le espressioni dei cardinali nelle logge laterali erano per lo più sorridenti, ma non mancarono volti tesi e assorti. Fin dai primi istanti, alcuni segnali furono eloquenti per chi voleva coglierli: il rifiuto della mozzetta e della stola, la presenza accanto al Papa del Cardinale Cláudio Hummes, e quei dettagli apparentemente minori che, tuttavia, trasmettevano un chiaro messaggio. Particolarmente significativo fu il volto contratto di Monsignor Guido Marini, che teneva tra le braccia la stola pontificia. L'assenza della mozzetta rossa e il gesto di indossare la stola solo per impartire la benedizione apostolica non furono semplici scelte estetiche, ma atti simbolici di rottura rispetto al passato.

Fin dal primo momento, Francesco lasciò intendere la sua volontà di segnare un distacco rispetto a ciò che lo aveva preceduto. Anche nelle nostre parrocchie abbiamo migliaia di parroci che si domandano sempre: “Oddio, sono appena arrivato, forse è meglio che i cambiamenti li faccia con calma”. Ecco, questa ratio non è stata quella di Francesco e dovrebbe averci insegnato qualcosa. Non si trattava, infatti, di una mera semplificazione liturgica, bensì di un chiaro segnale del suo approccio “pastorale” e del modo in cui intendeva esercitare il ministero petrino. Ogni gesto portava con sé un significato profondo, rivelando la visione del gesuita Bergoglio e il cammino che intendeva intraprendere come “Vescovo di Roma”.

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