Pope Francis approved the document Fiducia Supplicans of the Dicastery for the Doctrine of the Faith on blessings.
Questa
mattina il Sommo Pontefice ha ricevuto i vertici della sezione
dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede. In questa
occasione ha approvato il documento
Fiducia
Supplicans
il
quale spiega che:
«Le
benedizioni possono essere considerate tra i sacramentali più
diffusi e in continua evoluzione. Esse, infatti, conducono a cogliere
la presenza di Dio in tutte le vicende della vita e ricordano che,
anche nell’utilizzo delle cose create, l’essere umano è invitato
a cercare Dio, ad amarlo e a servirlo fedelmente. Per questo motivo,
le
benedizioni
hanno per destinatari persone
,
oggetti di culto e di devozione, immagini sacre, luoghi di vita, di
lavoro e di sofferenza, frutti della terra e della fatica umana, e
tutte le realtà create che rimandano al Creatore, le quali, con la
loro bellezza, lo lodano e lo benedicono».
Poi
spiega:
«Ma il
senso popolare delle benedizioni include anche il valore della
benedizione discendente
.
Se «non è conveniente che una Diocesi, una Conferenza Episcopale o
qualsiasi altra struttura ecclesiale attivino costantemente e
ufficialmente procedure o riti la prudenza e la saggezza pastorale
possono suggerire che, evitando forme gravi di scandalo o confusione
fra ai fedeli, il ministro ordinato si unisca alla preghiera di
quelle persone che, pur in una unione che in nessun modo può essere
paragonata al matrimonio, desiderano affidarsi al Signore e alla sua
misericordia, invocare il suo aiuto, essere guidate a una maggiore
comprensione del suo disegno di amore e verità».
E
ancora:
«A
nessuno si può impedire questo rendimento di grazie e ciascuno,
anche se vive in situazioni non ordinate al disegno del Creatore,
possiede elementi positivi per i quali lodare il Signore».
Viene
chiarito che, «
proprio
per evitare qualsiasi forma di confusione o di scandalo, quando la
preghiera di benedizione, benché espressa al di fuori dei riti
previsti dai libri liturgici, sia chiesta da una coppia in una
situazione irregolare, questa benedizione mai verrà svolta
contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a
essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un
matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una
coppia dello stesso sesso».
Roma
loquitur. Confusio augetur
Come
già abbiamo chiarito più volte, questi documenti sono
particolarmente perniciosi perché si lancia il messaggio: “ognuno
faccia ciò che vuole” e si continua a minare “la norma”, il
diritto, il rito.
Questo
documento ha la stessa natura di
Amoris
laetitia
ed
infatti viene pubblicato con il mentore di quell’enciclica.
“Il
matrimonio resta matrimonio”
,
viene detto. Allo stesso tempo, però, si apre uno spiraglio anche a
chi è “irregolare”. Affermava saggiamente il cardinale
Pell:
«Roma
loquitur. Confusio augetur».
Questo
è lo stile di Papa Francesco, il quale negli ultimi anni sta sempre
più apportando confusione.
Ogni
presbitero si ritrova sempre più disorientato in una Chiesa che non
ha neppure il coraggio di affermare la Verità.
Silere
non possum
Dichiarazione Fiducia
supplicans
sul
senso pastorale delle benedizioni
Presentazione
La
presente Dichiarazione prende in considerazione diversi quesiti
giunti a questo Dicastero sia negli anni scorsi che in tempi più
recenti. Per la sua stesura, come è prassi, sono stati consultati
degli esperti, si è avviato un congruo processo di elaborazione e se
ne è discussa la bozza al Congresso della Sezione Dottrinale del
Dicastero. Durante questo tempo di elaborazione del documento, non è
mancato il confronto con il Santo Padre. La Dichiarazione è stata,
infine, sottoposta all’esame del Santo Padre, che l’ha approvata
con la sua firma.
Nel
corso dello studio dell’argomento oggetto del presente documento, è
stata resa nota la risposta del Santo Padre ai
Dubia di
alcuni Cardinali, che ha fornito importanti chiarimenti per la
riflessione che qui ora si offre, e che rappresenta un elemento
decisivo per il lavoro del Dicastero. Dato che «la Curia romana è
in primo luogo uno strumento di servizio per il successore di Pietro»
(Cost. Ap.
Praedicate Evangelium, II, 1), il nostro
lavoro deve favorire, insieme alla comprensione della dottrina
perenne della Chiesa, la ricezione dell’insegnamento del Santo
Padre.
Come
nella già citata risposta del Santo Padre ai
Dubia di
due Cardinali, la presente Dichiarazione resta ferma sulla dottrina
tradizionale della Chiesa circa il matrimonio, non ammettendo nessun
tipo di rito liturgico o benedizioni simili a un rito liturgico che
possano creare confusione. Il valore di questo documento, tuttavia, è
quello di offrire un contributo specifico e innovativo
al
significato pastorale delle benedizioni
, che permette di
ampliarne e arricchirne la comprensione classica strettamente legata
a una prospettiva liturgica. Tale riflessione teologica, basata sulla
visione pastorale di Papa Francesco, implica un vero sviluppo
rispetto a quanto è stato detto sulle benedizioni nel Magistero e
nei testi ufficiali della Chiesa. Questo rende ragione del fatto che
il testo abbia assunto la tipologia di “Dichiarazione”.
Ed
è proprio in tale contesto che si può comprendere la possibilità
di benedire le coppie in situazioni irregolari e le coppie dello
stesso sesso, senza convalidare ufficialmente il loro
status o
modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul
matrimonio.
La
presente Dichiarazione vuole essere anche un omaggio al Popolo fedele
di Dio, che adora il Signore con tanti gesti di profonda fiducia
nella sua misericordia e che con questo atteggiamento viene
costantemente a chiedere alla madre Chiesa una benedizione.
Víctor
Manuel Card. FERNÁNDEZ
Prefetto
Introduzione
1.
La fiducia supplicante del Popolo fedele di Dio riceve il dono della
benedizione che sgorga dal cuore di Cristo attraverso la sua Chiesa.
Come ricorda puntualmente Papa Francesco, «La grande benedizione di
Dio è Gesù Cristo, è il gran dono di Dio, il suo Figlio. È una
benedizione per tutta l’umanità, è una benedizione che ci ha
salvato tutti. Lui è la Parola eterna con la quale il Padre ci ha
benedetto “mentre eravamo ancora peccatori” (
Rm 5, 8)
dice san Paolo: Parola fatta carne e offerta per noi sulla croce».[1]
2.
Sostenuto da una così grande e consolante verità, questo Dicastero
ha preso in considerazione diverse domande, sia formali che
informali, circa la possibilità di benedire coppie dello stesso
sesso e circa la possibilità di offrire nuovi chiarimenti, alla luce
dell’atteggiamento paterno e pastorale di Papa Francesco,
sul
Responsum ad dubium[2] formulato dall’allora
Congregazione per la Dottrina della Fede e pubblicato il 22 febbraio
2021.
3.
Il suddetto
Responsum ha suscitato non poche e
diverse reazioni: alcuni hanno accolto con plauso la chiarezza di
questo documento e la sua coerenza con il costante insegnamento della
Chiesa; altri non hanno condiviso la risposta negativa al quesito o
non l’hanno ritenuta sufficientemente chiara nella sua formulazione
e nelle motivazioni addotte nell’annessa
Nota esplicativa.
Per venire incontro, con carità fraterna, a questi ultimi, appare
opportuno riprendere il tema ed offrire una visione che componga in
coerenza gli aspetti dottrinali con quelli pastorali, perché «ogni
insegnamento della dottrina deve situarsi nell’atteggiamento
evangelizzatore che risvegli l’adesione del cuore con la vicinanza,
l’amore e la testimonianza».[3]
I.
La benedizione nel sacramento del matrimonio
4.
La recente risposta del Santo Padre Francesco al secondo dei cinque
quesiti posti da due Cardinali[4] offre la possibilità di
approfondire ulteriormente la questione, soprattutto nei suoi
risvolti di ordine pastorale. Si tratta di evitare che «si riconosca
come matrimonio qualcosa che non lo è».[5] Perciò sono
inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò
che è costitutivo del matrimonio, quale «unione esclusiva, stabile
e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a
generare figli»,[6] e ciò che lo contraddice. Questa
convinzione è fondata sulla perenne dottrina cattolica del
matrimonio. Soltanto in questo contesto i rapporti sessuali trovano
il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano. La dottrina
della Chiesa su questo punto resta ferma.
5.
Questa è anche la comprensione del matrimonio offerta dal Vangelo.
Per questo motivo, a proposito delle benedizioni, la Chiesa ha il
diritto e il dovere di evitare qualsiasi tipo di rito che possa
contraddire questa convinzione o portare a qualche confusione. Tale è
anche il senso del
Responsum dell’allora
Congregazione per la Dottrina della Fede laddove afferma che la
Chiesa non ha il potere di impartire la benedizione ad unioni fra
persone dello stesso sesso.
6.
È da sottolineare che, proprio nel caso del rito del sacramento del
matrimonio, non si tratta di una qualsiasi benedizione, ma del gesto
riservato al ministro ordinato. In questo caso, la benedizione del
ministro ordinato è direttamente connessa all’unione specifica di
un uomo e di una donna che con il loro consenso stabiliscono
un’alleanza esclusiva e indissolubile. Questo ci permette di
evidenziare meglio il rischio di confondere una benedizione, data a
qualsiasi altra unione, con il rito proprio del sacramento del
matrimonio.
II.
Il senso delle diverse benedizioni
7.
La risposta del Santo Padre menzionata sopra, d’altra parte, ci
invita a fare lo sforzo di ampliare ed arricchire il senso delle
benedizioni.
8.
Le benedizioni possono essere considerate tra i sacramentali più
diffusi e in continua evoluzione. Esse, infatti, conducono a cogliere
la presenza di Dio in tutte le vicende della vita e ricordano che,
anche nell’utilizzo delle cose create, l’essere umano è invitato
a cercare Dio, ad amarlo e a servirlo fedelmente.[7] Per questo
motivo, le benedizioni hanno per destinatari persone, oggetti di
culto e di devozione, immagini sacre, luoghi di vita, di lavoro e di
sofferenza, frutti della terra e della fatica umana, e tutte le
realtà create che rimandano al Creatore, le quali, con la loro
bellezza, lo lodano e lo benedicono.
Il
senso liturgico dei riti di benedizione
9.
Da un punto di vista strettamente liturgico, la benedizione richiede
che quello che si benedice sia conforme alla volontà di Dio espressa
negli insegnamenti della Chiesa.
10.
Le benedizioni si celebrano infatti in forza della fede e sono
ordinate alla lode di Dio e al profitto spirituale del suo popolo.
Come spiega il Rituale Romano, «perché questa finalità risulti più
evidente, per antica tradizione le formule di benedizione hanno
soprattutto lo scopo di rendere gloria a Dio per i suoi doni,
chiedere i suoi favori e sconfiggere il potere del maligno nel
mondo».[8] Perciò, coloro che invocano la benedizione di Dio
per mezzo della Chiesa sono invitati a intensificare «le loro
disposizioni, lasciandosi guidare da quella fede alla quale tutto è
possibile» e a confidare in «quell’amore che spinge a osservare i
comandamenti di Dio».[9] Ecco perché, se da un lato «sempre e
dappertutto si offre l’occasione di lodare, invocare e ringraziare
Dio per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo», dall’altro la
preoccupazione è che «non si tratti di cose, luoghi o contingenze
che siano in contrasto con la legge o lo spirito del
Vangelo».[10] Questa è una comprensione liturgica delle
benedizioni, in quanto esse diventano riti ufficialmente proposti
dalla Chiesa.
11.
Fondandosi su queste considerazioni, la
Nota esplicativa del
citato
Responsum dell’allora Congregazione per la
Dottrina della Fede ricorda che quando, con un apposito rito
liturgico, si invoca una benedizione su alcune relazioni umane,
occorre che ciò che viene benedetto sia in grado di corrispondere ai
disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da
Cristo Signore. Per tale motivo, dato che la Chiesa ha da sempre
considerato moralmente leciti soltanto quei rapporti sessuali che
sono vissuti all’interno del matrimonio, essa non ha il potere di
conferire la sua benedizione liturgica quando questa, in qualche
modo, possa offrire una forma di legittimazione morale a un’unione
che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale
extra-matrimoniale. La sostanza di questo pronunciamento è stata
ribadita dal Santo Padre nelle sue
Respuestas ai Dubia di
due Cardinali.
12.
Si deve altresì evitare il rischio di ridurre il senso delle
benedizioni soltanto a questo punto di vista, perché ci porterebbe a
pretendere, per una semplice benedizione, le stesse condizioni morali
che si chiedono per la ricezione dei sacramenti. Tale rischio esige
che si ampli ulteriormente questa prospettiva. Infatti, vi è il
pericolo che un gesto pastorale, così amato e diffuso, sia
sottoposto a troppi prerequisiti di carattere morale, i quali, con la
pretesa di un controllo, potrebbero porre in ombra la forza
incondizionata dell’amore di Dio su cui si fonda il gesto della
benedizione.
13.
Proprio a questo proposito, Papa Francesco ci ha esortato a non
«perdere la carità pastorale, che deve attraversare tutte le nostre
decisioni e atteggiamenti» e ad evitare di «essere giudici che solo
negano, respingono, escludono».[11] Rispondiamo allora alla sua
proposta sviluppando una comprensione più ampia delle benedizioni.
Le
benedizioni nella Sacra Scrittura
14.
Per riflettere sulle benedizioni, raccogliendo diversi punti di
vista, abbiamo bisogno di lasciarci illuminare anzitutto dalla voce
della Sacra Scrittura.
15.
«Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia
risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore
rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (
Nm 6,
24-26). Questa “benedizione sacerdotale” che ritroviamo
nell’Antico Testamento, precisamente nel libro dei Numeri, ha un
carattere “discendente” poiché rappresenta l’invocazione della
benedizione che da Dio scende sull’uomo: essa costituisce uno dei
testi più antichi di benedizione divina. C’è poi un secondo tipo
di benedizione che ritroviamo nelle pagine bibliche, quella che
“sale” dalla terra al cielo, verso Dio. Benedire equivale così a
lodare, celebrare, ringraziare Dio per la sua misericordia e fedeltà,
per le meraviglie che ha creato e per tutto ciò che è avvenuto per
sua volontà: «Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me
benedica il suo santo nome» (
Sal 103, 1).
16.
A Dio che benedice, anche noi rispondiamo benedicendo. Melchisedec,
re di Salem, benedice Abramo (cfr.
Gen 14, 19);
Rebecca è benedetta dai familiari, poco prima di diventare sposa di
Isacco (cfr.
Gen 24, 60), il quale, a sua volta,
benedice il figlio Giacobbe (cfr.
Gen 27, 27).
Giacobbe benedice il faraone (cfr.
Gen 47, 10), i
nipoti Efraim e Manasse (cfr.
Gen 48, 20) e tutti i
suoi dodici figli (cfr.
Gen 49, 28). Mosè e Aronne
benedicono la comunità (cfr.
Es 39, 43; Lev 9,
22). I capifamiglia benedicono i figli in occasione di matrimoni,
prima di intraprendere un viaggio, nell’imminenza della morte.
Queste benedizioni appaiono così un dono sovrabbondante ed
incondizionato.
17.
La benedizione presente nel Nuovo Testamento conserva sostanzialmente
lo stesso significato anticotestamentario. Ritroviamo il dono divino
che “discende”, il ringraziamento dell’uomo che “ascende” e
la benedizione impartita dall’uomo che “si estende” verso i
propri simili. Zaccaria, dopo aver riottenuto l’uso della parola,
benedice il Signore per le sue opere mirabili (cfr.
Lc 1,
64). L’anziano Simeone, mentre tiene tra le braccia il neonato
Gesù, benedice Dio per avergli concesso la grazia di contemplare il
Messia salvatore e quindi benedice gli stessi genitori Maria e
Giuseppe (cfr.
Lc 2, 34). Gesù benedice il Padre,
nel celebre inno di lode e di giubilo a lui rivolto: «Ti rendo lode,
o Padre, Signore del cielo e della terra» (
Mt 11, 25).
18.
In continuità con l’Antico Testamento, anche in Gesù la
benedizione non è soltanto ascendente, in riferimento al Padre, ma
anche discendente, riversata sugli altri come gesto di grazia,
protezione e bontà. Gesù stesso ha attuato e promosso questa
pratica. Ad esempio, benedice i bambini: «E, prendendoli tra le
braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro» (
Mc 10,
16). E la vicenda terrena di Gesù si concluderà proprio con
un’ultima benedizione riservata agli Undici, poco prima di salire
al Padre: «E, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si
staccò da loro e veniva portato su, in cielo» (
Lc 24,
50-51). L’ultima immagine di Gesù sulla terra sono le sue mani
alzate, nell’atto di benedire.
19.
Nel suo mistero di amore, attraverso Cristo, Dio comunica alla sua
Chiesa il potere di benedire. Concessa da Dio all’essere umano ed
elargita da questi al prossimo, la benedizione si trasforma in
inclusione, solidarietà e pacificazione. È un messaggio positivo di
conforto, custodia e incoraggiamento. La benedizione esprime
l’abbraccio misericordioso di Dio e la maternità della Chiesa che
invita il fedele ad avere gli stessi sentimenti di Dio verso i propri
fratelli e sorelle.
Una
comprensione teologico-pastorale delle benedizioni
20.
Chi chiede una benedizione si mostra bisognoso della presenza
salvifica di Dio nella sua storia e chi chiede una benedizione alla
Chiesa riconosce quest’ultima come sacramento della salvezza che
Dio offre. Cercare la benedizione nella Chiesa è ammettere che la
vita ecclesiale sgorga dal grembo della misericordia di Dio e ci
aiuta ad andare avanti, a vivere meglio, a rispondere alla volontà
del Signore.
21.
Per aiutarci a comprendere il valore di un approccio maggiormente
pastorale alle benedizioni, Papa Francesco ci ha sollecitato a
contemplare, con atteggiamento di fede e paterna misericordia, il
fatto che «quando si chiede una benedizione, si sta esprimendo una
richiesta di aiuto a Dio, una supplica per poter vivere meglio, una
fiducia in un Padre che può aiutarci a vivere meglio».[12] Questa
richiesta deve essere, in ogni modo
, valorizzata,
accompagnata e ricevuta con gratitudine. Le persone che vengono
spontaneamente a chiedere una benedizione mostrano con questa
richiesta la loro sincera apertura alla trascendenza, la fiducia del
loro cuore che non confida solo nelle proprie forze, il loro bisogno
di Dio e il desiderio di uscire dalle anguste misure di questo mondo
chiuso nei suoi limiti.
22.
Come ci insegna santa Teresa di Gesù Bambino, al di là di questa
fiducia «non c’è un’altra via da percorrere per essere condotti
all’Amore che tutto dona. Con la fiducia, la sorgente della grazia
trabocca nella nostra vita […]. L’atteggiamento più adeguato è
riporre la fiducia del cuore fuori di noi stessi: nell’infinita
misericordia di un Dio che ama senza limiti […]. Il peccato del
mondo è immenso, ma non è infinito. Invece, l’amore
misericordioso del Redentore, questo sì, è infinito».[13]
23.
Quando queste espressioni di fede vengono considerate al di fuori di
un quadro liturgico, ci si trova in un ambito di maggiore spontaneità
e libertà, ma «la facoltatività dei pii esercizi non deve quindi
significare scarsa considerazione né disprezzo di essi. La via da
seguire è quella di valorizzare correttamente e sapientemente le non
poche ricchezze della pietà popolare, le potenzialità che
possiede».[14] Le benedizioni diventano così una risorsa
pastorale da valorizzare piuttosto che un rischio o un problema.
24.
Considerate dal punto di vista della pastorale popolare, le
benedizioni vanno valutate come atti di devozione che «trovano il
loro spazio al di fuori della celebrazione dell’Eucaristia e degli
altri sacramenti […]. Il linguaggio, il ritmo, l’andamento, gli
accenti teologici della pietà popolare si differenziano dai
corrispondenti delle azioni liturgiche». Per la stessa ragione «si
eviti di apportare modalità di “celebrazione liturgica” ai pii
esercizi, che debbono conservare il loro stile, la loro semplicità,
il proprio linguaggio».[15]
25.
La Chiesa, inoltre, deve rifuggire dall’appoggiare la sua prassi
pastorale alla fissità di alcuni schemi dottrinali o disciplinari,
soprattutto quando danno «luogo ad un elitarismo narcisista e
autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si
classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla
grazia si consumano le energie nel controllare».[16] Perciò,
quando le persone invocano una benedizione non dovrebbe essere posta
un’esaustiva analisi morale come precondizione per poterla
conferire. Non si deve richiedere loro una previa perfezione morale.
26.
In questa prospettiva, le
Respuestas del Santo Padre
aiutano ad approfondire meglio, dal punto di vista pastorale, il
pronunciamento formulato dall’allora Congregazione per la Dottrina
della Fede nel 2021, poiché invitano di fatto ad un discernimento in
relazione alla possibilità di «forme di benedizione, richieste da
una o più persone, che non trasmettano una concezione errata del
matrimonio»[17] e che pure tengano conto del fatto che in
situazioni moralmente inaccettabili dal punto di vista oggettivo, «la
carità pastorale ci impone di non trattare semplicemente come
“peccatori” altre persone la cui colpa o responsabilità possono
essere attenuate da vari fattori che influiscono sulla imputabilità
soggettiva».[18]
27.
Nella catechesi citata all’inizio di questa Dichiarazione, Papa
Francesco ha proposto una descrizione di questo tipo di benedizioni
che si offrono a tutti, senza chiedere nulla. Vale la pena leggere
con cuore aperto queste parole che ci aiutano a cogliere il senso
pastorale delle benedizioni offerte senza condizioni: «È Dio che
benedice. Nelle prime pagine della Bibbia è un continuo ripetersi di
benedizioni. Dio benedice, ma anche gli uomini benedicono, e presto
si scopre che la benedizione possiede una forza speciale, che
accompagna per tutta la vita chi la riceve, e dispone il cuore
dell’uomo a lasciarsi cambiare da Dio […]. Così noi per Dio
siamo più importanti di tutti i peccati che noi possiamo fare,
perché Lui è padre, è madre, è amore puro, Lui ci ha benedetto
per sempre. E non smetterà mai di benedirci. Un’esperienza forte è
quella di leggere questi testi biblici di benedizione in un carcere,
o in una comunità di recupero. Far sentire a quelle persone che
rimangono benedette nonostante i loro gravi errori, che il Padre
celeste continua a volere il loro bene e a sperare che si aprano
finalmente al bene. Se perfino i loro parenti più stretti, li hanno
abbandonati, perché ormai li giudicano irrecuperabili, per Dio sono
sempre figli».[19]
28.
Ci sono diverse occasioni nelle quali le persone si avvicinano
spontaneamente a chiedere una benedizione, sia nei pellegrinaggi, nei
santuari, ed anche per strada quando incontrano un sacerdote. A
titolo esemplificativo, possiamo rinviare al libro liturgico
De
Benedictionibus
che prevede una serie di riti di benedizione
per le persone: anziani, malati, partecipanti alla catechesi o a un
incontro di preghiera, pellegrini, coloro che intraprendono un
cammino, gruppi e associazioni di volontari, ecc. Tali benedizioni
sono rivolte a tutti, nessuno ne può essere escluso. Nelle premesse
del
Rito di benedizione degli anziani, ad esempio, si
afferma che lo scopo della benedizione «è quello di esprimere agli
anziani una fraterna testimonianza di rispetto e di gratitudine, e di
ringraziare insieme con loro il Signore per i benefici da lui
ricevuti e per le buone azioni da essi compiute con il suo
aiuto».[20] In questo caso l’oggetto della benedizione è la
persona dell’anziano, per la quale e con la quale si rende grazie a
Dio per il bene da lui compiuto e per i benefici ricevuti. A nessuno
si può impedire questo rendimento di grazie e ciascuno, anche se
vive in situazioni non ordinate al disegno del Creatore, possiede
elementi positivi per i quali lodare il Signore.
29.
Dal punto di vista della dimensione ascendente, quando si prende
coscienza dei doni del Signore e del suo amore incondizionato, anche
in situazioni di peccato, particolarmente quando una preghiera trova
ascolto, il cuore del credente innalza a Dio la sua lode e lo
benedice. Questa forma di benedizione non è preclusa ad alcuno.
Tutti – singolarmente o in unione con altri – possono innalzare a
Dio la loro lode e la loro gratitudine.
30.
Ma il senso popolare delle benedizioni include anche il valore della
benedizione discendente. Se «non è conveniente che una Diocesi, una
Conferenza Episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale attivino
costantemente e ufficialmente procedure o riti per ogni genere di
questioni»,[21] la prudenza e la saggezza pastorale possono
suggerire che, evitando forme gravi di scandalo o confusione fra ai
fedeli, il ministro ordinato si unisca alla preghiera di quelle
persone che, pur in una unione che in nessun modo può essere
paragonata al matrimonio, desiderano affidarsi al Signore e alla sua
misericordia, invocare il suo aiuto, essere guidate a una maggiore
comprensione del suo disegno di amore e verità.
III.
Le benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello
stesso sesso
31.
Nell’orizzonte qui delineato si colloca la possibilità di
benedizioni di coppie in situazioni irregolari e di coppie dello
stesso sesso, la cui forma non deve trovare alcuna fissazione rituale
da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una
confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio.
In questi casi, si impartisce una benedizione che non solo ha valore
ascendente ma che è anche l’invocazione di una benedizione
discendente da parte di Dio stesso su coloro che, riconoscendosi
indigenti e bisognosi del suo aiuto, non rivendicano la
legittimazione di un proprio
status, ma mendicano che
tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente
nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla
presenza dello Spirito Santo. Queste forme di benedizione esprimono
una supplica a Dio perché conceda quegli aiuti che provengono dagli
impulsi del suo Spirito – che la teologia classica chiama “grazie
attuali” – affinché le umane relazioni possano maturare e
crescere nella fedeltà al messaggio del Vangelo, liberarsi dalle
loro imperfezioni e fragilità ed esprimersi nella dimensione sempre
più grande dell’amore divino.
32.
La grazia di Dio, infatti, opera nella vita di coloro che non si
pretendono giusti ma si riconoscono umilmente peccatori come tutti.
Essa è in grado di orientare ogni cosa secondo i misteriosi ed
imprevedibili disegni di Dio. Perciò, con instancabile sapienza e
maternità, la Chiesa accoglie tutti coloro che si avvicinano a Dio
con cuore umile, accompagnandoli con quegli aiuti spirituali che
consentono a tutti di comprendere e realizzare pienamente la volontà
di Dio nella loro esistenza.[22]
33.
È questa una benedizione che, benché non inserita in un rito
liturgico,[23] unisce la preghiera di intercessione
all’invocazione dell’aiuto di Dio di coloro che si rivolgono
umilmente a lui. Dio non allontana mai nessuno che si avvicini a lui!
In fondo, la benedizione offre alle persone un mezzo per accrescere
la loro fiducia in Dio. La richiesta di una benedizione esprime ed
alimenta l’apertura alla trascendenza, la pietà, la vicinanza a
Dio in mille circostanze concrete della vita, e questo non è cosa da
poco nel mondo in cui viviamo. È un seme dello Spirito Santo che va
curato, non ostacolato.
34.
La stessa liturgia della Chiesa ci invita a quest’atteggiamento
fiducioso, anche in mezzo ai nostri peccati, mancanze di merito,
debolezze e confusioni, come testimonia questa bellissima orazione
colletta presa dal Messale Romano: «Dio onnipotente ed eterno, che
esaudisci le preghiere del tuo popolo oltre ogni desiderio e ogni
merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la
coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare»
(XXVII
Domenica del Tempo Ordinario). Quante volte,
infatti, attraverso una semplice benedizione del pastore, che in
questo gesto non pretende di sancire né di legittimare nulla, le
persone possono sperimentare la vicinanza del Padre “ogni oltre
desiderio e ogni merito”.
35.
Perciò, la sensibilità pastorale dei ministri ordinati dovrebbe
essere educata anche ad eseguire spontaneamente benedizioni che non
si trovano nel Benedizionale.
36.
In tal senso, è essenziale cogliere la preoccupazione del Papa,
affinché queste benedizioni non ritualizzate non cessino di essere
un semplice gesto che fornisce un mezzo efficace per accrescere la
fiducia in Dio da parte delle persone che la chiedono, evitando che
diventino un atto liturgico o semi-liturgico, simile a un sacramento.
Ciò costituirebbe un grave impoverimento, perché sottoporrebbe un
gesto di grande valore nella pietà popolare ad un controllo
eccessivo, che priverebbe i ministri della libertà e della
spontaneità nell’accompagnamento pastorale della vita delle
persone.
37.
A tal proposito, vengono alla mente le seguenti parole, in parte già
citate, del Santo Padre: «Le decisioni che, in determinate
circostanze, possono far parte della prudenza pastorale non devono
necessariamente diventare una norma. Cioè, non è conveniente che
una Diocesi, una Conferenza Episcopale o qualsiasi altra struttura
ecclesiale attivino costantemente e ufficialmente procedure o riti
per ogni genere di questioni […]. Il Diritto Canonico non deve e
non può coprire tutto, né le Conferenze Episcopali devono
pretendere di farlo con i loro vari documenti e protocolli, perché
la vita della Chiesa passa attraverso molti canali, oltre a quelli
normativi».[24] Così Papa Francesco ha ricordato che tutto
«ciò che fa parte di un discernimento pratico in una situazione
particolare non può essere elevato alla categoria di norma», perché
ciò «darebbe luogo a una casistica insopportabile».[25]
38.
Per questa ragione non si deve né promuovere né prevedere un
rituale per le benedizioni di coppie in una situazione irregolare, ma
non si deve neppure impedire o proibire la vicinanza della Chiesa ad
ogni situazione in cui si chieda l’aiuto di Dio attraverso una
semplice benedizione. Nella breve preghiera che può precedere questa
benedizione spontanea, il ministro ordinato potrebbe chiedere per
costoro la pace, la salute, uno spirito di pazienza, dialogo ed aiuto
vicendevole, ma anche la luce e la forza di Dio per poter compiere
pienamente la sua volontà.
39.
Ad ogni modo, proprio per evitare qualsiasi forma di confusione o di
scandalo, quando la preghiera di benedizione, benché espressa al di
fuori dei riti previsti dai libri liturgici, sia chiesta da una
coppia in una situazione irregolare, questa benedizione mai verrà
svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in
relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di
un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da
una coppia dello stesso sesso.
40.
Tale benedizione può invece trovare la sua collocazione in altri
contesti, quali la visita a un santuario, l’incontro con un
sacerdote, la preghiera recitata in un gruppo o durante un
pellegrinaggio. Infatti, attraverso queste benedizioni che vengono
impartite non attraverso le forme rituali proprie della liturgia,
bensì come espressione del cuore materno della Chiesa, analoghe a
quelle che promanano in fondo dalle viscere della pietà popolare,
non si intende legittimare nulla ma soltanto aprire la propria vita a
Dio, chiedere il suo aiuto per vivere meglio, ed anche invocare lo
Spirito Santo perché i valori del Vangelo possano essere vissuti con
maggiore fedeltà.
41.
Quanto detto nella presente Dichiarazione a proposito delle
benedizioni di coppie dello stesso sesso, è sufficiente ad orientare
il prudente e paterno discernimento dei ministri ordinati a tal
proposito. Oltre alle indicazioni di cui sopra, non si debbono dunque
aspettare altre risposte su eventuali modalità per normare dettagli
o aspetti pratici riguardo a benedizioni di questo tipo.[26]
IV.
La Chiesa è il sacramento dell’amore infinito di Dio
42.
La Chiesa continua a innalzare quelle preghiere e suppliche che
Cristo stesso, con forti grida e lacrime, offrì nei giorni della sua
vita terrena (cfr.
Eb 5, 7) e che proprio per questo
godono di una efficacia particolare. In questo modo, «non solo con
la carità, con l’esempio e con le opere di penitenza, ma anche con
l’orazione la comunità ecclesiale esercita la sua funzione materna
di portare le anime a Cristo».[27]
43.
La Chiesa è così il sacramento dell’amore infinito di Dio.
Perciò, anche quando il rapporto con Dio è offuscato dal peccato,
si può sempre chiedere una benedizione, tendendo la mano a lui, come
fece Pietro nella tempesta quando gridò a Gesù: «Signore,
salvami!» (
Mt 14, 30). Desiderare e ricevere una
benedizione può essere il bene possibile in alcune situazioni. Papa
Francesco ci ricorda che «un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti
umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente
corretta di chi attraversa le sue giornate senza affrontare
importanti difficoltà».[28] In questo modo, «ciò che
risplende è
la bellezza dell’amore salvifico di Dio
manifestato in Gesù Cristo morto e risorto
».[29]
44.
Qualsiasi benedizione sarà l’occasione per un rinnovato annuncio
del
kerygma, un invito ad avvicinarsi sempre di più
all’amore di Cristo. Papa Benedetto XVI insegnava: «Come Maria, la
Chiesa è mediatrice della benedizione di Dio per il mondo: la riceve
accogliendo Gesù e la trasmette portando Gesù. È Lui la
misericordia e la pace che il mondo da sé non può darsi e di cui ha
bisogno sempre, come e più del pane».[30]
45.
Tenuto conto di quanto sopra affermato, seguendo l’insegnamento
autorevole del Santo Padre Francesco, questo Dicastero intende infine
ricordare che «questa è la radice della mitezza cristiana, la
capacità di sentirsi benedetti e la capacità di benedire […].
Questo mondo ha bisogno di benedizione e noi possiamo dare la
benedizione e ricevere la benedizione. Il Padre ci ama, e a noi resta
solo la gioia di benedirlo e la gioia di ringraziarlo, e di imparare
da Lui a benedire».[31] Così ogni fratello ed ogni sorella
potranno sentirsi nella Chiesa sempre pellegrini, sempre mendicanti,
sempre amati e, malgrado tutto, sempre benedetti.
Víctor
Manuel Card. FERNÁNDEZ
Prefetto
Mons.
Armando MATTEO
Segretario
per la Sezione Dottrinale
Ex
Audientia Die 18 dicembre 2023
Francesco
____________________
[1] Francesco, Catechesi
sulla preghiera: la benedizione
(2 dicembre
2020),
L’Osservatore Romano, 2 dicembre 2020, p. 8.
[2] Cfr.
Congregatio pro Doctrina Fidei, «
Responsum» ad «dubium» de
benedictione unionem personarum eiusdem sexus
et Nota
esplicativa
, AAS 113 (2021), 431-434.
[3] Francesco,
Esort. Ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n.
42,
AAS 105 (2013), 1037-1038.
[4] Cfr.
Francesco,
Respuestas a los Dubia propuestos
por dos Cardenales
(11 luglio 2023).
[5] Ibidem, ad
dubium 2, c.
[6] Ibidem, ad
dubium 2, a.
[7] Cfr.
Rituale Romanum
ex decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii
Vaticani II instauratum auctoritate Ioannis Pauli PP. II
promulgatum
, De Benedictionibus, Editio
typica
, Praenotanda, Typis Polyglottis Vaticanis,
Civitate Vaticana 1985, n. 12.
[8] Ibidem, n.
11: «Quo autem clarius hoc pateat, antiqua ex traditione, formulae
benedictionum eo spectant ut imprimis Deum pro eius donis glorificent
eiusque impetrent beneficia atque maligni potestatem in mundo
compescant».
[9] Ibidem, n.
15: «Quare illi qui benedictionem Dei per Ecclesiam expostulant,
dispositiones suas ea fide confirment, cui omnia sunt possibilia; spe
innitantur, quae non confundit; caritate praesertim vivificentur,
quae mandata Dei servanda urget».
[10] Ibidem, n.
13: «Semper ergo et ubique occasio praebetur Deum per Christum in
Spiritu Sancto laudandi, invocandi eique gratias reddendi, dummodo
agatur de rebus, locis, vel adiunctis quae normae vel spiritui
Evangelii non contradicant».
[11] Francesco, Respuestas
a los
Dubia propuestos por dos Cardenales, ad
dubium 2, d.
[12] Ibidem, ad
dubium 2, e.
[13] Francesco,
Esort. Ap.
C’est la confiance (15 ottobre 2023),
nn. 2, 20, 29.
[14] Congregazione
per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,
Direttorio
su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti
, Libreria
Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2002, n. 12.
[15] Ibidem, n.
13.
[16] Francesco,
Esort. Ap.
Evangelii gaudium (24 novembre 2013), n.
94,
AAS 105 (2013), 1060.
[17] Francesco, Respuestas
a los
Dubia propuestos por dos Cardenales, ad
dubium 2, e.
[18] Ibidem, ad
dubium 2, f.
[19] Francesco, Catechesi
sulla preghiera: la benedizione
(2 dicembre
2020),
L’Osservatore Romano, 2 dicembre 2020, p. 8.
[20] De
Benedictionibus
, n. 258: «Haec benedictio ad hoc tendit ut ipsi
senes a fratribus testimonium accipiant reverentiae grataeque mentis,
dum simul cum ipsis Domino gratias reddimus pro beneficiis ab eo
acceptis et pro bonis operibus eo adiuvante peractis».
[21] Francesco, Respuestas
a los
Dubia propuestos por dos Cardenales, ad
dubium 2, g.
[22] Cfr.
Francesco, Esort. Ap. post-sinodale
Amoris laetitia (19
marzo 2016), n. 250,
AAS 108 (2016), 412-413.
[23] Cfr.
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti,
Direttorio su pietà popolare e liturgia, n.
13: «La differenza oggettiva tra i pii esercizi e le pratiche di
devozione rispetto alla Liturgia deve trovare visibilità
nell’espressione cultuale […] gli atti di pietà e di
devozione trovano il loro spazio al di fuori della celebrazione
dell’Eucaristia e degli altri sacramenti».
[24] Francesco, Respuestas
a los
Dubia propuestos por dos Cardenales, ad
dubium 2, g.
[25] Francesco,
Esort. Ap. post-sinodale
Amoris laetitia (19 marzo
2016), n. 304,
AAS 108 (2016), 436.
[26] Cfr. ibidem.
[27] Officium
Divinum
ex decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani
II instauratum auctoritate Pauli PP. VI promulgatum
, Liturgia
Horarum iuxta Ritum Romanum, Institutio Generalis de Liturgia
Horarum
, Editio typica altera, Libreria Editrice Vaticana, Città
del Vaticano 1985, n. 17: «Itaque non tantum caritate, exemplo et
paenitentiae operibus, sed etiam oratione ecclesialis communitas
verum erga animas ad Christum adducendas maternum munus exercet».
[28] Francesco,
Esort. Ap.
Evangelii Gaudium (24 novembre 2013), n.
44,
AAS 105 (2013), 1038-1039.
[29] Ibidem,
n. 36,
AAS 105 (2013), 1035.
[30] Benedetto
XVI,
Omelia della Santa Messa nella Solennità di Maria
SS.ma Madre di Dio. XLV Giornata mondiale della Pace,
Basilica
Vaticana (1° gennaio 201
2), Insegnamenti VIII, 1 (2012), 3.
[31] Francesco, Catechesi
sulla preghiera: la benedizione
(2 dicembre
2020),
L’Osservatore Romano, 2 dicembre 2020, p. 8.