Pope Francis destroys the prelature of Opus Dei and erects the Community of Bose as a monastery sui iuris

“Con grandissima speranza, la Chiesa rivolge le sue materne premure e le sue attenzioni verso l’Opus Dei”, scriveva San Giovanni Paolo II istituendo la Prelatura della Santa Croce e Opus Dei. Sentimenti che non guidano i due provvedimenti, presi motu proprio da Papa Francesco, i quali hanno letteralmente defraudato l’Opus Dei della propria natura. 

Ad alcuni membri dell’Opus Dei, san Giovanni Paolo II ebbe a dire: “Così il mondo vive nella Chiesa attraverso, possiamo dire, un opus hominis, un opus humanum. Ma in questo opus humanum, dentro questo opus humanum, attraversando il mondo, grazie a Cristo noi troviamo un opus Dei, un opus divinum, un opus divinum Incarnationis, un opus divinum Redemptionis. Questo opus divinum abbraccia tutto quello che è creato, che è umano, che appartiene alla geografia della Chiesa. Tutto questo è creato all’inizio, dato in dono all’uomo e poi divinizzato attraverso l’Incarnazione: «Verbum caro…»; e poi redento nella sua Croce e nella sua Risurrezione. E questo opus divinum, questo mistero vive nel mondo creato, non solamente in questo nostro mondo: ma lo stesso cosmo incommensurabile viene abbracciato da questo opus divinum. L’uomo, la persona umana è consapevole di questo, può essere consapevole di questo se ha la grazia della fede”. 

Parole che oggi non trovano posto nelle molte ideologie che abitano la testa di Papa Francesco. Ad aiutare il Papa in questa opera di distruzione di questa realtà è stato Gianfranco Ghirlanda, l’uomo che quando fu a capo dell’Università Gregoriana creò numerosi problemi anche di ordine economico. Il gesuita ha sempre avuto un feticcio contro l’Opus Dei e non ha mai accettato quanto Giovanni Paolo II fece per garantire opportuna indipendenza a questa opera. Già dalla cattedra dell’università, Ghirlanda predicava teorie che vedevano i laici al potere e l’Opus Dei sottoposta all’autorità dei vescovi diocesani. Evidentemente ai gesuiti non piace che anche altri facciano i “loro comodi”, proprio come fanno loro. Basti pensare ai numerosi casi di abuso di potere, di coscienza e sessuali che avvengono nelle diverse province della Compagnia di Gesù. I casi sono numerosissimi ma a parlarne sono ben pochi. Il caso Rupnik, ad esempio, se non fosse stato per Silere non possum, sarebbe ancora al sicuro nelle stanze blindate di Borgo Santo Spirito.

Guai, quindi, a garantire autonomia ad una realtà cattolica come l'Opus Dei. Gianfranco Ghirlanda, dopo anni ed anni in cui ha fatto credere al mondo di essere esperto di diritto canonico, con questo pontificato ha dato dimostrazione della sua incompetenza. Nel Paese in cui se scrivi un libro sulla marmellata, sei il più grande chef del mondo, anche per Ghirlanda c'era posto. Avesse prodotto marmellate, però, sarebbe stato un bene per tutta la Chiesa. Invece, lo abbiamo messo a lavorare agli statuti delle comunità, alle costituzioni apostoliche, ecc... I risultati sono evidenti, sotto gli occhi di tutti, Ghirlanda non conosce il codice di diritto canonico e, quindi, vuole farne uno nuovo a suon di motu proprio e rescritti.

Opus Dei

Con il Motu Proprio Ad charisma tuendum, il 14 luglio 2022,Francesco ha provveduto a mettere la Prelatura sotto l'egida del Dicastero per il Clero, togliendola dalla competenza del Dicastero per i Vescovi.

Già in questa scelta qualcuno avrebbe dovuto aprire gli occhi e capire che una Prelatura, così come prevista dal CJC 83, non poteva stare sotto il Dicastero per il Clero. Ma nell'assuefazione totale che regna all'interno delle sacre stanze, qualcuno ha urlato: "Ognun per sé, Dio per tutti".

Nel medesimo documento è stato disposto: "Pertanto il Prelato non sarà insignito, né insignibile dell’ordine episcopale". Chiaro? Non esiste una norma del genere in tutto il diritto della Chiesa. Se un sacerdote è a capo di una realtà, non vi è alcuna norma che gli vieta di diventare vescovo. Neppure ai religiosi, i quali in realtà avevano fondatori che erano stati molto chiari sull'episcopato. Se avessimo seguito i desiderata di sant'Ignazio, non saremmo certo qua. Invece, chi si troverà a guidare la Prelatura (?), si può dimenticare lo zucchetto. Niet! Che senso ha questa norma se non un odio preconcetto e viscerale da parte dello scrivano Ghirlanda? Nessuno.

Il cardinale gesuita, però, è talmente ignorante da scrivere: "Considerando che le insegne pontificali sono riservate agli insigniti dell’ordine episcopale, al Prelato dell’Opus Dei si concede, in ragione dell’ufficio, l’uso del titolo di Protonotario Apostolico soprannumerario con il titolo di Reverendo Monsignore e pertanto potrà usare le insegne corrispondenti a questo titolo". Peccato che tale affermazione sia falsa. Le insegne pontificali sono riservate anche a coloro che hanno "vera giurisdizione" (Cf. Pontificalia Insignia). Basterebbe studiare, prima di scrivere.

Per concludere il giochetto - di questo infatti si tratta - il 9 agosto 2023 il Papa emana un altro Motu Proprio con il quale decide di modificare, per l'ennesima volta, il Codice di Diritto Canonico. I canoni sono proprio quelli della Prelatura Personale.

Giovanni Paolo II diceva: "Voi siete qui, in rappresentanza delle componenti in cui la Prelatura è organicamente strutturata, cioè dei sacerdoti e dei fedeli laici, uomini e donne, con a capo il proprio Prelato. Questa natura gerarchica dell'Opus Dei, stabilita nella Costituzione Apostolica con la quale ho eretto la Prelatura, offre lo spunto per considerazioni pastorali ricche di applicazioni pratiche. Innanzitutto desidero sottolineare che l'appartenenza dei fedeli laici sia alla propria Chiesa particolare sia alla Prelatura, alla quale sono incorporati, fa sì che la missione peculiare della Prelatura confluisca nell'impegno evangelizzatore di ogni Chiesa particolare, come previde il Concilio Vaticano II nell'auspicare la figura delle Prelature personali".

Difatti, la distruzione di questa "Opera di Dio" mette a nudo, ancora una volta, come questo pontificato sia in completa rottura con i predecessori e, soprattutto, con il Concilio Vaticano II. Non dimentichiamo che Francesco è il primo Papa che non ha vissuto il Concilio ma i suoi effetti. Fu proprio san Giovanni Paolo II a ricordare che il Concilio auspicò le Prelature personali. Nella Costituzione Apostolica “Ut sit”, scrisse: "Dal momento in cui il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo ebbe introdotto nell’ordinamento della Chiesa per mezzo del Decreto Presbyterorum Ordinis, n. 10 - che fu reso esecutivo mediante il Motu proprio Ecclesiae sanctae, I, n. 4 - la figura delle Prelature personali dirette alla realizzazione di peculiari opere pastorali, apparve chiaro che tale figura era perfettamente adeguata all’Opus Dei. Per cui, nell’anno 1969, il Nostro Predecessore Paolo VI, di felicissima memoria, accogliendo benignamente la richiesta del Servo di Dio Josemaría Escrivá de Balaguer, lo autorizzò a convocare uno speciale Congresso generale, che sotto la sua guida si occupasse di iniziare lo studio per una trasformazione dell’Opus Dei in accordo con la sua natura e con le norme del Concilio Vaticano II".

Non solo san Giovanni Paolo II, quindi, ma lo stesso San Paolo VI. Calpestando il lavoro dei suoi predecessori santi, quindi, Francesco oggi dispone che le prelature personali siano «assimilate alle associazioni pubbliche clericali di diritto pontificio con facoltà di incardinare chierici», che i suoi statuti possono essere «approvati o emanati dalla Sede Apostolica» e che il Prelato agisca «in quanto Moderatore, dotato delle facoltà di Ordinario».

Infine, poi, il riferimento ai laici che sta tanto a cuore a Gianfranco Ghirlanda, ovvero viene aggiunto al canone 296 il riferimento al canone 107, ovvero i laici devono obbedire al parroco e all'ordinario del luogo dove dimorano. In questo modo, quindi, il cardinale si assicura la sottomissione completa dei membri dell'Opus Dei ai capricci degli ordinari che, ormai, sono tutti di nomina "francescana".

E qualche porporato, fra i denti, afferma: "Ben gli sta". Il riferimento, infatti, è all'intera Opus Dei che negli ultimi anni ha preferito tacere in merito alla potestà dei laici, proprio nella speranza che, se proprio fosse stata adottata questa possibilità, almeno sarebbero stati laici dell'Opera. Così non funziona, però. I laici non hanno e non possono avere potestà di governo. Non importa a chi appartengano e quale formazione abbiano.

Inoltre, sorprende ancora come nessuno all'interno abbia il coraggio di dire: "Scusate ma quando siamo stati istituiti le premesse erano altre". Nulla, il silenzio più assoluto.

Monastero di Bose

Mentre per le realtà cattoliche ci sono pugni e calci, in quelle "confuse" e piene di scandali, invece, è l'ora del croccantino. La comunità di Bose, realtà fondata da Enzo Bianchi, viene premiata per aver ucciso e sepolto il fondatore. Della questione Silere non possumse ne è occupato ampiamente rendendo pubblico anche il riservatissimo decreto che allontanava dalla comunità il fondatore e altri monaci.

Anche in quell'occasione, Silere non possum trattò esaustivamente la questione e rivelò che non vi erano accuse fondate nei confronti del fondatore, che non venne rispettato il diritto e vi fu un intervento illecito della Santa Sede che era interessata solo a manipolare una realtà per poterla governare. Ed infatti, a distanza di qualche anno abbiamo la conferma di ciò che avevamo già prospettato.

Ciò che a Roma interessa, oggi, sono solo i soldi. Per questo motivo i monasteri vengono rasi al suolo. Se, però, vi è la possibilità di mettere mano su un gruzzoletto succulento, allora, non si bada ad erigerne di nuovi. Questo può avvenire solo dopo aver cacciato, infamandolo, il fondatore Enzo Bianchi che non voleva affatto alcun riconoscimento da parte della Santa Sede. Pur non condividendo neppure una sola idea della comunità, è necessario sottolineare che il ragionamento è coerente. Volevano essere una realtà ecumenica, volevano essere accoglienti e predicare la pace, l'amore e la gioia. Benissimo. Lo potevano fare senza essere "imbrigliati" nelle regole ecclesiastiche. Esiste la libertà dei figli di Dio. Non dimentichiamo che in passato ad Enzo Bianchi era stato proposto di essere ordinato prete e quant'altro. Proprio perché a Qualcuno non importa ciò in cui credi ma basta che lui ti possa controllare e rimuovere quando gli pare. I Borgia, qui, ci fanno un baffo.

A seguito delle numerose vicende che hanno visto coinvolti commissari ed editti della Segreteria di Stato, ora è il momento della ricompensa. Non importa se Guido Dotti aveva presentato uno statuto falso e la Regione Piemonte ha richiesto la restituzione dei 10mila euro che erano stati ottenuti dal “monaco” con l’inganno. Non importa se la vicenda Enzo Bianchi era chiaramente una lotta di potere intestina volta a far fuori il fondatore ingombrante. Non importa se non sono tutti cattolici. Non importa nulla. Gianfranco Ghirlanda, per l’occasione, è stato assistente di un altro mentore della psicologia umana: l’omofobo Amedeo Cencini. 

Ed è così che il 22 dicembre 2022 padre Cencini firma il decreto con cui approva il nuovo Statuto della Comunità. Comunità che è sempre stata chiamata monastica ma in realtà per la Chiesa Cattolica non era affatto un monastero. Le parole del cardinale Pietro Parolin nella lettera che pubblicammo in esclusiva, non hanno trovato accoglimento nel nuovo Statuto. Il quale è rimasto pressoché identico con pochissime modifiche. All’interno sono state inserite, qua e là, le norme del codice di diritto canonico.

Il 29 luglio 2023, alla comunità di Bose è stato comunicato che diventa Monastero sui iuris. Pertanto, una realtà ecumenica, fatta di uomini e di donne, diviene a tutti gli effetti riconosciuta dalla Chiesa, non più come associazione di fedeli laici ma di religiosi. Soltanto un soggetto come José Rodríguez Carballo poteva concedere una approvazione del genere. In effetti la gestione del denaro che fece nei Frati Minori è la medesima che fa Guido Dotti a Bose. Nulla di più nulla di meno.

Ma la questione non è canonicamente ammissibile. Come si può pensare di avere in una medesima comunità soggetti che non sono cattolici? In quale modo possono sottostare al diritto della Chiesa? Anche in questo caso il Concilio Vaticano II viene completamente calpestato. Il decreto Unitatis redintegratio, non parla di “volemose bene”, “ma si, stiamo insieme, chissenefrega della teologia”. Il testo dice chiaramente: “Promuovere il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani è uno dei principali intenti del sacro Concilio ecumenico Vaticano II. Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità di Gesù Cristo. Tutti invero asseriscono di essere discepoli del Signore, ma hanno opinioni diverse e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso fosse diviso”. 

Una e una sola è la Chiesa di Cristo. Punto! Se ci sono delle persone che vogliono vivere insieme, nonostante le diverse fedi, lo possono fare ma non possono essere canonicamente approvate. La Chiesa non può e non deve avere giurisdizione su persone che hanno una diversa fede. Si ripropone, qui, il problema che vi fu quando si voleva cacciare Bianchi. Perché in una realtà ecumenica l’unica voce è quella della Chiesa Cattolica? Gli ortodossi, i protestanti? Obbediscono tutti al Papa? E dov’è la diversità? Forse queste persone sono un po’ confuse quanto il Papa. 

C’è da dire che a Bose sembra che seguano proprio tutto, soprattutto i soldi, ma di monastico c’è ben poco. Basti pensare che ancora non hanno fatto pace con il loro passato, una dimostrazione l’abbiamo avuta personalmente quando siamo stati in visita alla fraternità di Assisi ed un soggetto, con diversi problemi psicologici, ci ha urlato contro come se fosse un novello Torquemada: “Noi non abbiamo Padri, Gesù è l’unico padre”. Mancava solo il Deus Vult e saremmo stati a posto. Eppure, gli incontri promossi dal team omofobo: Amedeo Cencini, Enrico Parolari e la tuttologa Anna Deodato, sono stati fatti. Qualcuno non vorrà mica dire che non hanno funzionato? 

I rischi ora sono molti e qualcuno li sta già sognando. Basti pensare alla comunità di Chevetogne, a quella di Taizè, ecc… Tutti potrebbero avanzare pretese e richiedere questo riconoscimento. Mentre chiudiamo i monasteri cattolici, quindi, il Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica provvede ad approvare le richieste delle famose “comunità ecumeniche” dove la Santa Messa viene celebrata, se va bene, solo la domenica. Il codice, invece, prevede che la comunità religiosa deve abitare in una casa legittimamente costituita, sotto l’autorità di un Superiore designato a norma del diritto. Le singole case devono avere almeno un oratorio, in cui si celebri e si conservi l’Eucaristia, in modo che sia veramente il centro della comunità” (Cf. can. 608 CJC). Ma tanto, presto, anche questo canone, sarà spazzato via dal motu proprio del momento.

F.P.

Silere non possum