Città del Vaticano - «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati» (Mt 5,6). Con questa Beatitudine, scelta come chiave di lettura del suo discorso, Leone XIV ha voluto collocare la riflessione sul senso profondo della giustizia non soltanto nell’alveo delle istituzioni, ma soprattutto nel cuore dell’uomo, dove si radica la sete di verità e di bene comune.

Questa mattina, in Piazza San Pietro, il Santo Padre Leone XIV ha ricevuto in Udienza i partecipanti al Giubileo degli Operatori di Giustizia. Giudici, avvocati, funzionari e studiosi del diritto provenienti da diversi Paesi si sono ritrovati attorno al Papa per riflettere su una virtù che non si esaurisce nella “nuda applicazione della legge”, ma che diventa criterio di vita, misura del bene comune, garanzia di dignità per i più deboli.

Nel suo discorso, il Pontefice ha ricordato che la giustizia è anzitutto una virtù cardinale, «una costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto». Non dunque un semplice apparato procedurale o una funzione burocratica, ma un atteggiamento interiore che plasma le relazioni tra le persone e fonda la convivenza civile. Leone XIV ha insistito sul fatto che la giustizia evangelica non sostituisce quella umana, ma la interroga e la amplia, spingendola verso la riconciliazione, il perdono e la misericordia. Ha citato episodi evangelici nei quali emerge la capacità di Dio di giudicare con equità e insieme con compassione: dal giudice che esaudisce la vedova insistente, al padre che riaccoglie il figlio prodigo, fino all’operaio dell’ultima ora che riceve la stessa ricompensa di chi ha lavorato tutto il giorno.

La giustizia, ha detto il Pontefice, non si riduce mai all’uguaglianza formale davanti alla legge. La vera uguaglianza, infatti, consiste nel permettere a ciascuno di realizzare le proprie aspirazioni e di vedere i propri diritti riconosciuti e protetti. Qui il Papa ha sottolineato il rischio delle nuove disuguaglianze, che si manifestano proprio nel mancato accesso alla giustizia da parte dei più poveri e vulnerabili. Rifacendosi a Sant’Agostino, Leone XIV ha ammonito: «Lo Stato, in cui non si ha la giustizia, non è uno Stato». È questa un’affermazione che acquista particolare rilievo davanti al quadro internazionale, dove interi popoli continuano ad avere fame e sete di giustizia perché costretti a vivere in condizioni di violenza, oppressione e ingiustizia strutturale. Inevitabile non pensare a Gaza, e a quanto sta facendo Israele contro questo popolo innocente. 

L’appello conclusivo è stato rivolto direttamente agli operatori del diritto: «Amate la giustizia», ha detto, «e fate in modo che essa diventi sempre più il volto visibile della dignità umana». La grandezza della giustizia non diminuisce quando è esercitata nelle piccole cose quotidiane, ma diventa universale se custodisce la vita di ciascun uomo, ovunque si trovi.

Con il suo intervento, Leone XIV ha consegnato al Giubileo un compito impegnativo: non fermarsi alla celebrazione esteriore, ma stimolare una vera conversione di coscienza in quanti sono chiamati ad amministrare il diritto, perché esso resti sempre al servizio della persona e del bene comune. Di fronte a lui sedevano i rappresentanti degli organi giudiziari vaticani e italiani, insieme a giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti. A tutti il Pontefice ha rivolto un monito chiaro: la giustizia non può mai diventare strumento di interessi personali o di vendetta, ma deve rispecchiare il cuore stesso di Dio.

d.M.C.
Silere non possum