Leggi la prima e seconda parte
Città del Vaticano - La visita di Madre Ester Stucchi alla comunità monastica di San Giacomo di Veglia ha avuto inizio il 4 febbraio 2023. Fin dai primi colloqui con le religiose, la visitatrice ha comunicato che una lettera di denuncia era giunta al Santo Padre. Ha quindi illustrato in modo sommario le accuse contenute nel documento, rivolte soprattutto contro la madre badessa, suor Aline Pereira Ghammachi.
La notizia ha suscitato sconcerto tra le monache: delle venti presenti in comunità, solo quattro risultavano coinvolte nella stesura e nell’invio della lettera, mentre le altre sedici ne erano del tutto ignare. Come già evidenziato nel nostro precedente articolo, si tratta in gran parte di religiose fragili, segnate da problematiche di natura psicologica, e questo rende ancor più inquietante la strumentalizzazione che pare essere avvenuta ad opera di un personaggio con sete di vendetta che ha usato queste religiose per scagliarsi contro la Badessa che lo aveva cacciato dal monastero con i gruppi pseudomistici che guidava.
La pena medicinale: riparare il danno
In seguito alla visita e alla presa di coscienza del contenuto della denuncia, la madre badessa ha ritenuto necessario rivolgersi a un canonista per valutare eventuali misure disciplinari nei confronti delle consorelle, responsabili di aver gravemente leso la sua reputazione e quella della comunità stessa. È importante sottolineare che le religiose coinvolte avevano già espresso l’intenzione di lasciare il monastero, un esito quasi inevitabile nel clima deteriorato che si era venuto a creare. Inoltre, come prevede la disciplina ecclesiastica, è necessario pentirsi, fare penitenza e riparare il danno commesso.
Tuttavia, il canonista indicato alla badessa si è rivelato figura tutt’altro che adeguata: non solo privo delle competenze necessarie, ma noto per aver generato disordine in altre diocesi e istituzioni religiose. Il documento da lui redatto, oltre a contenere gravi errori ortografici, si presentava come un atto viziato sia nella forma che nella sostanza: citazioni errate di norme canoniche, confusione tra ruoli istituzionali (si usano norme riferite a “Presidente della Federazione” anziché alle Badesse), omissioni di elementi fondamentali per la validità giuridica del provvedimento.
Un professionista serio, in tale contesto, avrebbe dovuto spiegare alla madre badessa che qualsiasi provvedimento sanzionatorio avrebbe dovuto essere adottato solo al termine di un processo canonico regolare, condotto da una figura terza e imparziale, proprio per evitare il rischio di abusi di autorità. Ma, come osservano con amara ironia alcuni funzionari del Dicastero, “certi ragazzini repressi non potrebbero permettersi di vivere in città tanto costose se non spillassero soldi a gente inesperta”. Una frase dura, che però ben fotografa l’ambiente e i personaggi coinvolti. Il documento, nonostante le sue gravi carenze, è stato comunque sottoposto alla firma della madre badessa, che ha disposto per due suore un anno di esclaustrazione. Una decisione che, nel merito, poteva anche ritenersi fondata: era infatti necessario intervenire nei confronti di religiose che avevano sfruttato la buona fede del Santo Padre e del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, arrecando un danno grave alla loro stessa comunità. Le accuse da loro mosse, infatti, non solo si sono rivelate infondate, ma sono state ampiamente smentite dai fatti.
Tuttavia, il problema non stava tanto nel contenuto del provvedimento, quanto nelle modalità con cui è stato redatto e imposto. Chi si vanta pubblicamente delle proprie competenze e gira l’Italia presentandosi come esperto di diritto canonico, avrebbe dovuto saperlo bene e, ancor più, avrebbe dovuto consigliare in modo corretto chi si affidava alla sua guida. Non va poi dimenticato che lo stesso Codice di Diritto Canonico, al can. 1733 §1, indica chiaramente che: “È assai desiderabile che, ogniqualvolta qualcuno si ritenga onerato da un decreto, non vi sia contesa tra di lui e l’autore del decreto, ma tra di loro si provveda di comune accordo a ricercare un’equa soluzione, ricorrendo anche a persone autorevoli per la mediazione e lo studio, così che per via idonea si eviti o si componga la controversia”. Dal canto loro, le monache, trovandosi di fronte a un decreto viziato, avrebbero dovuto seguire quanto previsto dal can. 1734 §1, ossia presentare un ricorso inizialmente alla madre badessa e successivamente al superiore gerarchico.

Abusi di autorità e familismo amorale
Ma ciò non è avvenuto. Invece di seguire l’iter canonico, hanno scelto la via informale, rivolgendosi direttamente all’Abate Generale dell’Ordine, Mauro Giuseppe Lepori. Questi, prendendo in mano la questione, si è recato personalmente dal Segretario del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, chiedendo non solo l’annullamento del decreto – con il quale erano state archiviate anche le accuse di abuso d’autorità – ma anche di essere lui stesso nominato per compiere una Visita Straordinaria.
L’8 marzo 2023 il Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha quindi firmato una lettera indirizzandola a Dom Mauro Giuseppe Lepori, Abate Generale dell’Ordine Cistercense, invitandolo a effettuare una visita straordinaria al Monastero dei Santi Gervasio e Protasio. Secondo le Costituzioni dell’Ordine Cistercense, l’abate generale può “visitare, per gravi necessità o situazioni difficili, il monastero di una Congregazione, previo consenso del suo Consiglio e informando l’Abate Presidente della Congregazione, che generalmente viene coinvolto come compagno nella visita”.
Il 31 marzo 2023 Lepori scrive una lettera alla comunità, informandola di aver ricevuto questo incarico: “Come prescritto, ne ho discusso con il mio Consiglio, riunitosi a Roma a metà marzo. Il Consiglio ha accolto all’unanimità il mandato della Santa Sede e abbiamo deciso di coinvolgere come co-visitatrice l’Abbadessa Presidente della Congregazione di Castiglia, Madre Kandida Saratxaga di Lazkao”. Si tratta di una monaca che è stata nel Consiglio dell'Abate fino al 2022. In sostanza, una sua amica.
Tuttavia, Lepori fa riferimento al “Consiglio” spiegando che questo “ha accolto” il mandato della Santa Sede. Come avrebbe potuto non accoglierlo?
È Lepori, quindi, che ha agito contravvenendo le Costituzioni e sorpassando il Consiglio. “Lui ha chiesto alla Santa Sede di nominarlo, poi è venuto in Consiglio con la nomina già fatta. Come avremmo potuto dire di no alla Santa Sede?”, spiega un membro del Consiglio dell’Abate. Qui si intravede il modus agendi di Mauro Giuseppe Lepori, il quale agisce contro il diritto canonico ma se poi lo fanno i monaci o le monache, peraltro in buona fede e non con malizia come ha fatto lui, allora si scaglia contro di loro.
Inoltre, Lepori ha nominato la Badessa Saratxaga come co-visitatrice, senza mai menzionare Dom Stefano Zanolini, Abate Presidente della Congregazione di San Bernardo in Italia. Secondo le Costituzioni, è Zanolini che avrebbe dovuto essere consultato e coinvolto nella visita. Perché è stato escluso? Perché Zanolini aveva già effettuato una visita al monastero, avvallando il giudizio di Madre Ester Stucchi, la quale aveva dimostrato che le accuse mosse contro la Badessa Aline Pereira Ghammachi erano calunniose.
La decisione di Lepori sembra dunque riflettere una posizione personale contro la Badessa Ghammachi, da lui descritta come “troppo bella e troppo giovane per essere Badessa”. All’interno della Casa Generalizia sull’Aventino a Roma, i monaci raccontano di un rapporto confidenziale e di amicizia tra Suor Ghammachi e l’Abate Lepori, il quale aveva caratterizzato anni di collaborazione. Questo coinvolgimento personale, però, avrebbe richiesto a maggior ragione un passo indietro da parte dell’abate generale, favorendo l’intervento di una persona terza.
L'ennesima visita economica
Sebbene durante i colloqui con le monache Mauro Giuseppe Lepori abbia esercitato pressioni affinché perdonassero le quattro calunniatrici, dicendo loro altresì che i decreti emessi erano in contrasto con il diritto canonico, al termine della visita condotta insieme ai due co-visitatori non ha rilevato alcuna irregolarità né adottato provvedimenti concreti. Il resoconto di quella visita non è mai stato consegnato alle monache. L’unico atto formale è stato l’invio di una lettera, datata 23 maggio 2023 e indirizzata a S.E.R. Mons. Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto, con la quale l’Abate Generale e i co-visitatori chiedevano una “perizia economica nel quadro della visita straordinaria al monastero dei Santi Gervasio e Protasio in San Giacomo di Veglia”, sollecitando la nomina di un perito di fiducia da parte dell’ordinario diocesano.
Anche il coinvolgimento del vescovo diocesano e dell’abate parroco del Duomo di Oderzo, nominato co-visitatore, rientra in una strategia ben precisa di Mauro Giuseppe Lepori: isolare il Monastero e screditarne la reputazione, nonostante la profonda stima che esso gode nel territorio, anche presso autorevoli figure politiche, che ne riconoscono l’impegno e la dedizione dimostrati nel corso degli anni. È opportuno ricordare, infatti, che il vescovo diocesano non ha giurisdizione su un monastero sui iuris che appartiene ad un ordine con un superiore maggiore, come stabilito dal Can. 615 del Codice di Diritto Canonico.
Il vescovo Pizziolo ha risposto alla richiesta nominando il Sig. Alessandro Testa, economo della diocesi di Vittorio Veneto dal 2021, quale perito incaricato. Dopo un’attenta analisi della documentazione, condotta tra luglio e ottobre 2023, Testa ha concluso che non vi era alcuna anomalia nella gestione economica del monastero.

Il commissariamento: ma perchè?
Il 12 gennaio 2024 il Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica ha nominato Commissari Pontifici del Monastero Santi Gervasio e Protasio delle Monache Cistercensi di S. Giacomo di Veglia (provincia di Treviso e Diocesi di Vittorio Veneto) i Rev.di Padri Dom Mauro-Giuseppe Lepori, Dom Emanuele Marigliano e M. Luciana Pellegatta.
Quel decreto giunge senza alcuna spiegazione e motivazione e la nomina di Lepori è chiaramente contra legem. C'è un evidente conflitto d'interesse, essendo lui anche il Superiore Maggiore dell'Ordine Cistercense. Prassi che, però, è ormai consolidata nel Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica visto che Lepori si è fatto nominare nei casi che riguardano: il Monastero di Zirc (Ungheria), quello di Santa Susanna a Roma (Italia) e il Monastero di Bornem (Belgio).
Quel decreto, tuttavia, non venne mai ufficialmente comunicato alla Comunità: la Madre Badessa ne venne a conoscenza soltanto per vie traverse, in modo informale. Silere non possum è riuscito a entrarne in possesso e a visionarne il contenuto. Una fonte interna al Dicastero della Curia Romana riferisce: “La Madre Badessa si presentò qui chiedendo spiegazioni e, mentre le stavamo illustrando quanto era stato deciso, mostrò a suor Simona Brambilla alcune e-mail inviatele da Padre Mauro Giuseppe Lepori, dalle quali emergeva con chiarezza la sua intenzione di mantenere il controllo della vicenda e accentrarla su di sé. In una di queste comunicazioni, Lepori le scriveva di essere consapevole del fatto che lei era già venuta a conoscenza del decreto di commissariamento, ma insinuava che probabilmente non le fosse stato riferito correttamente perchè solo lui avrebbe potuto spiegarle bene le decisioni che avevamo adottato noi.” Nel Dicastero ci vengono mostrate tali e-mail, regolarmente depositate, dalle quali emerge inequivocabilmente un atteggiamento che richiama quanto descritto da padre Dysmas De Lassus nel suo libro Schiacciare l’anima, in merito agli abusi spirituali all’interno della vita religiosa.
Padre Lepori, inoltre, comunica la sua visita alla comunità soltanto due giorni prima del suo arrivo, peraltro in coincidenza con una visita medica programmata cui la superiora del Monastero avrebbe dovuto sottoporsi. Quando gli viene fatto notare che il preavviso è insufficiente e che la comunità non è pronta ad accoglierlo, Lepori reagisce con stizza e scrive: “Il vescovo mi ha detto che lei sapeva di questo commissariamento già da una settimana.” Peccato, però, che ogni comunicazione di tale rilevanza debba essere notificata in forma ufficiale e con validità legale.
Inoltre, in nessuno dei documenti a cui fa riferimento vi era indicata la data dell’arrivo del commissario. Anche in questo caso si ripete lo stesso schema coercitivo: “Se lei non mi accoglie, se lei non obbedisce, disobbedisce al Santo Padre”, “Io agisco per conto del Santo Padre, dovete obbedire” e “Se continui così peggiori la tua situazione e trascini la comunità in un vicolo cieco.”
Queste e-mail, comunicate immediatamente al Dicastero, hanno portato il Segretario ad intraprendere un’azione molto forte e irrituale. “Il Dicastero ha chiamato Lepori e gli abbiamo detto di non presentarsi a San Giacomo il 10 gennaio e di attendere nostre indicazioni. Subito dopo abbiamo firmato un decreto con il quale abbiamo ritirato il decreto di nomina precedente” riferiscono a Piazza Pio XII. L'atteggiamento abusante e risentito dell'Abate Mauro Giuseppe Lepori, peraltro, è confermato anche da un messaggio whatsapp inviato in questi giorni in una chat ad alcune monache dell'ordine nel quale il monaco svizzero utilizza dei termini e si lascia andare a delle considerazioni diffamatorie nei confronti di Madre Aline Pereira Ghammachi che fanno ben comprendere come non vi sia affatto libertà e disinteresse da parte di quest'uomo nella vicenda.
La triste vicenda, però, non finisce qua....
p.M.A.
Silere non possum